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La trama (con parole mie): siamo nel quinto secolo dopo Cristo, e l'Impero romano è allo sbando, schiacciato ai confini dalle orde barbariche pronte a dare inizio alla loro invasione.Artù e i suoi cavalieri, discendenti di nobili guerrieri sarmati da generazioni costretti a servire l'esercito romano, sono al termine del loro periodo di leva durato quindici anni ed interamente trascorso come difensori della Britannia e delle terre a Sud del Vallo di Adriano: quando, però, il vescovo Germanius chiede loro di compiere un'ultima missione ed il senso del dovere di Artù smuove anche i suoi più riluttanti compagni, comincia a farsi strada nei cuori dei cavalieri l'idea che Roma non sia quella che hanno sempre sognato e difeso con il sangue ed il sudore, e che forse, con il ritiro di quest'ultima dalla Britannia e la minaccia dei Sassoni con la quale fare i conti, occorrerà mettere da parte la rivalità con le popolazioni locali guidate da Merlino e dare inizio ad un nuovo regno ed una nuova civiltà.
Il Cinema epico - così come la letteratura - è da sempre uno dei più "fortunati" della settima arte, considerate le sue possibilità di arrivare a stimolare sentimenti travolgenti in qualunque tipo di pubblico, dallo spettatore occasionale con ben poche pretese all'appassionato abituato ai colpi magici dell'autorialità: questo perchè, principalmente, gasarsi piace sempre a tutti, e molto, e l'idea di rimanere incollati allo schermo immaginando di lottare - ovviamente dalla parte giusta - per concetti come la libertà, la vita e, in una certa misura, la sopravvivenza finisce per coinvolgere anche chi non vorrebbe.Di solito, pellicole come questo King Arthur fanno la fortuna delle grosse fette di pubblico - che di norma finiscono per uscire a mezzo metro da terra dalla sala - e causano notevoli snobismi tra i cinefili più colti, che in realtà non perdono occasione per buttarsi nella visione tenendo il tutto - esaltazione compresa - nascosto come un segreto peccaminoso: perchè nonostante la meraviglia di Capolavori come I sette samurai - in questo caso più che omaggiato da Fuqua, curiosamente chiamato a dirigere un lavoro di tale respiro dopo il discreto e tutto urbano Training day - o l'influenza di successi come Braveheart o Il gladiatore, l'epica di grana grossa riesce sempre in qualche modo a spuntarla, anche quando la qualità risulta decisamente bassa.E' questo il caso di King Arthur, che perde clamorosamente il confronto con cult del passato come Excalibur o con titoli più recenti come I 13 assassini - anch'esso influenzato dal già citato I sette samurai - finendo nella stessa categoria di cose come Troy, L'ultimo samurai ed affini: eppure, sarà per il cast sicuramente interessante - da Clive Owen ad una Keira Knightley in versione Domino dei tempi andati passando per Stellan Skarsgaard e Mads Mikkelsen -, sarà per la resa tutto sommato buona dei combattimenti - lo scontro sul lago ghiacciato mi pare si rifaccia addirittura all'Alexandr Nevskij di Ejzenstejn - o per il comparto tecnico di tutto rispetto - ottima la fotografia firmata da Slawomir Idziak -, devo dire di essermi goduto la visione senza colpo ferire, riuscendo tranquillamente a far coesistere il giudizio "duro e puro" con la voglia di assistere ad un pò di sana avventura marchiata Secoli bui - periodo storico per me sempre molto affascinante - senza chiedere troppo al buon Fuqua, che lontano dalle strade di L. A. e dai traffici di South Central pare un pò spaesato, e finisce per pescare a piene mani dai punti di riferimento del genere.
Alcune idee risultano comunque interessanti - l'idea di rappresentare Artù ed i suoi cavalieri come dei riluttanti ufficiali al servizio di una Roma ormai sull'orlo del baratro, corrotta ed ottimamente rappresentata da una Chiesa melliflua e vile, funziona alla grande soprattutto agli occhi di un anticlericale come il sottoscritto -, i membri della Tavola rotonda caratterizzati - pur se non perfettamente - ognuno da un proprio carattere, look e preferenza in battaglia aiuta a far scattare l'immedesimazione e ad indurre il pubblico a scegliere da subito il proprio beniamino - nel mio caso, il Tristano di Mads Mikkelsen, dal look vagamente orientaleggiante e lontano parente del mitico One Eye di Valhalla rising -, lo scontro con i Sassoni ha il giusto livello di coinvolgimento - anche se, più che i barbari, a stimolare il mio istinto per le bottigliate sono stati i romani, con la loro Santa Chiesa e la tendenza alla schiavitù - ed il personaggio di Ginevra è finalmente rappresentato con le palle giuste per risultare interessante agli occhi del sottoscritto, stanco di vedere la futura moglie di Artù sempre portata sullo schermo come una damigella da vestiti griffati.
Poi, certo, occorrerà che vi tappiate il naso rispetto a cose non propriamente riuscite - Merlino ed i suoi paiono usciti dritti dritti dalla Pandora di Avatar - e consideriate di avere di fronte una pellicola completamente d'intrattenimento, ma tutto sommato, non penso sarà troppo difficile: immaginatevi giusto di essere a cavallo e brandire una spada come foste tornati bambini, e tutto sarà presto dimenticato.
Soprattutto i limiti.
MrFord
"I can hear you, can you hear me?
I can feel you, can't you feel me?
Fertility Mother Goddess
celebration, sow the seeds of the born
the fruit of her body laden
through the corn doll
you will pray for them all."
Iron Maiden - "Isle of Avalon" -
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