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Dopo venti anni dal suo debutto come documentarista e dopo l'ultimo Kūki ningyo (Air Doll), Koreeda Hirokasu ritorna a veleggiare intorno a lidi a lui forse più' consoni. Siamo di nuovo dalle parti di Daremo shiranai (Nobody Knows) o ancora di più forse, vicini alla poetica sul e del tempo di Aruitemo aruitemo (Still Walking), vista anche la partecipazione di alcuni attori che avevamo incontrato nel suo penultimo film come Abe Hiroshi e Kiki Kirin, che qui comunque svolgono delle parti secondarie. Sono infatti i bambini gli assoluti protagonisti della storia, a cominciare dai due prodigiosi fratelli Maeda, assolutamente perfetti, mattatori della scena che riescono a trasmettere al film le loro caratteristiche e la loro energia. Merito anche di Koreeda che qui si eleva come autore per sottrazione, lasciando cioè parlare i bambini stessi, le loro movenze, le loro ragioni e anche la loro innocenza. Si parte da questa situazione: una famiglia divisa, padre e un figlio a Hakata e madre con i suoi genitori e l'altro figlio a Kagoshima, proprio quando il vulcano Sakurajima è in eruzione. Le vite delle due famiglie sono descritte nella loro quotidianità, la scuola, gli amici e la volontà, soprattutto da parte di uno dei bambini di riunire la famiglia. Questo si intreccia con i desideri che ogni bambino ha per il proprio futuro, chi vuole diventare un giocatore di baseball, chi attrice (dopo che la madre ha fallito la sua, di carriera) chi semplicemente vuole sposare la maestra e così via. E' questo il vero tema del film, i sogni ed il mondo dei bambini, che sanno però che probabilmente questi desideri non si potranno realizzare. Un gruppetto da Kumamoto ed un altro da Fukuoka decidono di incontrarsi, all'insaputa dei genitori,a metà strada, spazio che corrisponde anche al luogo dove le due nuove linee di Shinkansen si incontrano. Si dice che esprimendo il proprio desiderio nel momento in cui due treni si incontrano questi si avvereranno, o almeno è quello che sperano i ragazzi. Il viaggio è una serie tragicomica di avventure, punteggiata come sempre in Koreeda dal senso del passaggio del tempo da parte dei più anziani, del cambiamento di un'epoca, dell'incessante vecchiaia ineluttabile. Il film, oltre al tocco a cui il regista giapponese ci ha oramai abituati, grandissimo uso del controluce, alcune scene girate in puro stile documentario, ha anche il pregio di smorzare la tentazione di diventare stucchevolmente lirico grazie alla risata ed alla prova, veramente sorprendente, dei due bambini protagonisti. Kiseki non offre, per fortuna, facili happy end, anzi, in una domanda ricorrente nel film, il padre (Odagiri Joe) prima, ed i figli poi, si chiedono, più o meno seriamente, se sia più importante la famiglia o il mondo, lasciando quest'ultimo termine abbastanza vago e sospeso. Senza svelare troppo, basti dire che a "vincere" alla fine sarà proprio il "mondo", con la sua varietà e ricchezza. [Matteo Boscarol]
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