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Kiseki (I Wish)

Creato il 20 ottobre 2011 da Makoto @makotoster
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Kiseki (I Wish)Kiseki (奇跡, I Wish). Regia, soggetto, sceneggiatura: Koreeda Hirokazu; interpreti: Odagiri Joe, Abe Hiroshi, Kiki Kirin, Harada Yoshio, Nagasawa Masami, Natsukawa Yui, Otsuka Nene, Maeda Kōki, Maeda Oshirō; durata: 128'; uscita: 11 giugno 2011Link: Sito ufficiale - Mark Schilling (Japan Times) - Nicholas Vroman (a page of madness)PIA: Commenti: 4/5   All'uscita delle sale:76/100
Recensione di Matteo BoscarolPunteggio ★★★★  
Le inquadrature di apertura di Kiseki, ultimo film di Koreeda Hirokazu, sono dedicate ad unvulcano. Si tratta del Sakurajima, la cui eruzione viene evocata, “desiderata”fortemente da uno dei giovani protagonisti del film durante lo svolgersi dellavicenda, come evento risolutivo di una situazione sgradita. Un inizio che non può non far pensare, aposteriori, alla catastrofe dello scorso marzo e che getta un’ombra diinquietudine (ma anche di speranza, lo si vedrà) sull’opera.Kiseki, vincitore del premio dellaGiuria per la miglior sceneggiatura all’ultimo Festival di San Sebastian, è,per cominciare, una storia di treni e bambini. Koreeda torna ai temi che gli sono più cari – gliaffreschi familiari, il rapporto tra adulti e bambini, il tempo che passa, lamemoria - e racconta la storia di due fratelli, Koichi (interpretato da MaedaKoki di 12 anni) e Ryunosuke (Maeda Ohshiro, 10 anni), costretti a vivereseparati a causa del divorzio dei genitori. Koichi vive con la madre, e ifamiliari di lei, a Kagoshima, mentre il fratello è rimasto con il padre aFukuoka. Un giorno Koichi viene a sapere che di lì a poco verrà completato ilcollegamento ferroviario tra le due città con i velocissimi treni shinkansen e si convince che, nelmomento in cui i treni provenienti dalle due direzioni opposte si incroceranno,accadrà il “miracolo” che farà avverare il suo sogno di riunire nuovamente lafamiglia. Si organizzano così nelle due città, capeggiati dai due fratelli, duegruppi di “portatori di desideri”, vale a dire giovani amici che come Koichi eRyunosuke hanno un desiderio che vorrebbero vedere avverato. Il giornoprestabilito i bambini partono e riescono ad arrivare, dopo qualche traversia eanche fortunosi incontri, al luogo del “miracolo”. Difficile dire se il desideriogridato al vento da ciascuno di loro si avvererà: senza dubbio per Koichiquello sarà il momento di intuire la consapevolezza insita nella crescita eaffrontare la malinconica presa di distanza dai sogni per entrare nel mondodella realtà.Il film, il cui titolo in giapponese significa“miracolo” e che è stato tradotto in “Iwish” per evitare letture erroneamente religiose, riguarda innanzitutto,appunto, la forza magica, evocativa del desiderare, piuttosto che non ilrisultato in sé. I bambini desiderano fortemente, chi di far rivivere ilproprio cane morto, chi una carriera da ballerina, chi, come i due fratellini,la ricongiunzione della famiglia. La forza del desiderio dei bambini si tingequasi di sacro nel film di Koreeda e viene infatti rispettata e sostenuta daicomponenti di quell’altro “mondo” che è in grado di riconoscerla: quello deglianziani (il nonno dei due si farà parte attiva per assicurare che i bambiniriescano a partire). Kiseki è larappresentazione di mondi che si confrontano, ma che agiscono, si muovonoe  provano emozioni in modo differente: icosiddetti adulti - la madre e il padre dei due fratelli per esempio - vengonorappresentati allo sbando, feriti da desideri ormai frustrati e incapaci direagire in modo costruttivo. La madre di Koichi e Ryunosuke, in una bellasequenza, viene ripresa appoggiata ad un muro, con un’espressione sconsolata ele luci sfocate e baluginanti della città di notte d’attorno, a sottolineare ilsuo disagio (ancora il regista, come in altri suoi precedenti film, ad esempio Maboroshi, utilizza l’ambientecircostante per definire lo stato d’animo dei suoi personaggi). I bambini sono,al contrario, lucidi e determinati. Si assumono responsabilità. Questo rapportoadulti/bambini è ben rappresentato da una sequenza nella quale il piccoloRyunosuke è deciso a parlare con il padre: lo aspetta al  rientro a casa e quando infine questi arrivail bambino si siede su un tavolino, mentre il genitore gli è davanti,accovacciato in terra, quindi più in basso di lui. L’inquadratura sulla qualeil regista insiste mostra la figura di un bambino che “incombe” su quelladell’adulto. Il film è senza dubbio un bellissimo affresco difamiglia, che in diversi passaggi mi ha ricordato Aruitemo aruitemo, (tra l’altro molti degli attori sono gli stessi,come la nonna interpretata da Kiki Kirin, e poi Abe Hiroshi, Harada Yoshio)come nei momenti di dialoghi intimi e serrati nella quotidianità delle faccendedomestiche, in cucina per esempio, tra madre e figlia.Koreeda ancora una volta dimostra estremasensibilità nel riprendere il mondo dei piccoli: il pensiero in primo luogo vaal precedente Daremo shiranai, storia diquattro fratelli abbandonati a se stessi, ma anche  ai bambini in Aruitemo aruitemo, o in Maboroshi.Lo fa con uno stile che in certi momenti è quasi documentaristico, per suastessa ammissione senza forzare la recitazione con un copione rigido, mariprendendo l’interazione spontanea. Il risultato è un’opera che si nutre dellaforza visiva dell’energia infantile, della vitalità unita alla sorpresa difronte alle cose del mondo.I due fratelli Maeda, che nella vita sono un duo manzai, sono molto bravinell’interpretare il ruolo di rispettivi leader della propria “armatabrancaleone”. Verso il finale del film, i bambini, nel loroviaggio verso il luogo del miracolo, si ritrovano ad essere ospitati da unacoppia di anziani. L’atmosfera che si crea nella serata insieme, le memoriedella coppia, dei propri figli e nipoti, lontani, rimanda fortemente allanostalgia di tanti ritratti di famiglia di Ozu. Anche i treni sono un elemento insistente nellafilmografia di Koreeda: in Maboroshiil marito della protagonista muore travolto da un treno e spesso, nello stessofilm, le riprese includono treni che passano, dando all’immagine sullo schermoquell’instabilità che presagisce un che di nefasto. In Kiseki i treni tornano a segnare momenti di magia e surrealtà (inuna scena Koichi rimane a bocca aperta nel momento in cui, quasi a confermadelle proprie convinzioni, gli sembra di veder “sparire” una donna a seguitodell’incrociarsi di due treni), che sono poi quegli stessi momenti che la vita– e il cinema – a volte regalano. Il vulcano disegnato da Koichi alla fine erutta solosulla carta, e, subito dopo, il bambino si rende conto che il proprio desiderionon sarebbe potuto divenire realtà. La sua famiglia forse non è fatta perricongiungersi. E’ il momento della crescita, pervaso di nostalgia allo statopuro. La catastrofe evocata si trasforma allora, mi sembra, da evento devastantea segno di speranza: la si può superare per entrare in una nuova fasedell’esistenza.[Claudia Bertolè]

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