Canzoni come Tree by the River o la finale Your Fake Name Is Good Enough for Me sono disperate, sono la colonna sonora di un'esperienza di sradicamento irreparabile, ma al tempo stesso sono malinconia e dolcezza dispensate a piene mani. E la musica popolare, dopotutto, non è chiamata a fare altro: mettere a disposizione esperienze comuni, riconoscibili, e far sì che la naturale angoscia del quotidiano si stemperi nell'ascolto.
Kiss Each Other Clean ricorda da vicino un grande album dei '70, Late for the Sky di Jackson Browne, che se qualcuno ricorda era presente con la title track nella scena di Taxi Driver in cui Travis Bickle, chiuso in casa e totalmente alienato dal mondo, mirava con la pistola al televisore e poi lo abbatteva con un calcio. Ebbene, esistono ben poche cose che facciano "70" come Late for the Sky, compresa la scena televisiva che Scorsese sceglie per la follia del suo protagonista: un'immagine sciatta, slabbrata, biancastra, in cui alcune coppie abbracciate ballano lentamente. Kiss Each Other Clean ricorda proprio quel mondo melenso e ridicolo, ma lo redime con la sua pulizia e la sua serenità: come se Sam Bean avesse voluto chiudere i conti con un passato da sempre ingombrante. C'è disperazione, sì, e come potrebbe mancare, ma è lì solo per essere sfogata. Poi magari potremmo cominciare a dimenticarci per sempre di quegli anni lontani ormai quattro decenni.