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Koi no tsumi (恋の津s見, Guilty of Romance). Regia e sceneggiatura: Sono Sion. Fotografia: Tamikawa Sohei. Scenografia:Yamada Yoshio. Montaggio: ItōJun’ichi. Musica: Morinaga Yasuhiro. Interpreti: Mizuno Miki, Togashi Makoto,Kagurazawa Megumi, Tsuda Kanji, Kojima Kazuya, Iwamatsu Ryō. Produzione: Django Film – Nikkatsu; durata: 143’ /112’; Cannes Film Festival maggio 2011 .Link: Sito ufficiale - Excessif - Wildgrounds - Cineclandestino - FilmospherePunteggio ★★★
Presentato in una proiezionespeciale all’ultima «Quinzane des Réalisateurs» del Festival di Cannes, Koi no tsumi esiste in due versioniufficiali, una più lunga (143 minuti), quella della Croisette, e una più breve, 112 minuti, destinata alladistribuzione commerciale, che lo stesso Sono, non saprei quanto in buona fede,ha dichiarato di preferire. Il film, che si avvia col rinvenimento di uncadavere mutilato, le cui membra sono state usate per ricomporre, con l’ausiliodi un manichino, due diversi corpi, incrocia le vicende di due donne: Izumi, dapoco sposata con un celebre scrittore e costretta alla vita di una tipica sposagiapponese, e Mitsuko, una docente universitaria che di notte si prostituisce.Alle due donne si aggiunge la detective Kazuko, semplice figura di raccordo fral’inchiesta del presente e i crimini del passato, nella versione breve, epersonaggio dotato invece di maggior spessore, nella versione lunga. Il fascinodi Koi no tsumi, più che nellapsicologia dei personaggi (segnata da contraddizioni che sembrano causatesoprattutto da incertezze della sceneggiatura che non da ragioni caratteriali) e nell’assunto della narrazione (che sirisolve in una prevedibile discesa agli inferi, determinata dalla liberazionedelle nostre pulsioni più celate, inprimis quelle sessuali), sta nel lavoro di regia e messinscena di SonoSion, che conferma con questo film ilsuo straordinario talento visivo pari aquello del Miike Takashi degli anni più felici (anche se la sua evidentecomponente surrealista spingerebbe soprattutto a rapportarlo a Terayama Shūji).Sul piano della strutturanarrativa, il film si divide in cinque capitoli, indicati da altrettanticartelli (Izumi Kikuchi. Il castello.Ozawa Mitsuko. Il club delle ammaliatrici. La fine), ognuno dei quali èattraversato da un gioco di continui flashback, che dalle indagini al presente,ci conducono ai fatti passati che hanno portato all’omicidio di una donna. Talestruttura è, inoltre, complicata da alcune sequenze immaginarie, e tende aintensificarsi nel finale, quando un serrato uso del montaggio alternato,scompone e frammenta le diverse unità sequenziali, in un teso confronto fra dueo più serie di azioni. La prima parte di Koi no tsumi, quella che personalmenteho preferito e che trovo fra i momenti migliori del cinema giapponesecontemporaneo, si concentra sui rapporti fra Izumi e il marito, e verte sultotale assoggettamento della donna nei confronti dell’uomo. Sion esprime talesituazione attraverso l’iterata rappresentazione di piccoli gesti quotidiani(l’acqua calda versata nella teiera, le pantofole del marito sistemate con curamaniacale, la posizione assunta dalla coppia sul suo divano) in grado dicogliere la natura di questa relazione molto più di quel che potrebbero faremille parole (che peraltro moglie e marito raramente si scambiano). Siamo dalleparti di certi film di Naruse degli anni Cinquanta ma pronti, quando il sensodi insoddisfazione della donna cresce senza poter più esser contenuto, atransitare verso i lidi buñeliani di Belladi giorno. Dopo aver trovato lavoro in un supermercato, Izumi incontra laproprietaria di uno studio di foto e video pornografici, che la convince aposare come ‘modella’. La protagonista finisce così col liberare tutto ilproprio eros, un po’ troppo repentinamente, potremmo osservare, senza che ilrapporto col marito subisca particolari scossoni. Ed è qui che troviamo lascena più efficace del film: quella in cui la donna, completamente nuda, posadavanti a uno specchio e mima i gesti con cui al supermercato offre ai clientidelle salsicce in promozione. Solo che qui l’oggetto dell’offerta non sono lesalsicce ma la stessa Izumi. Si avvia così quel motivo della mercificazione delsesso e del corpo femminile che sarà uno dei temi dominanti il film. Le parti successive di Koi no tsumi disegnano una drammaticacaduta agli inferi, causata da una serie di incontri che trascinano Izumi ognivolta più in basso, verso l’ultima delle perdizioni. Fattore scatenante diquesta caduta è l’incontro con Matsuko, le cui perversioni non sono altro chele conseguenze (come in tanti mediocri thriller, all’italiana e no) di uncomplicato rapporto con il padre e di unEdipo non risolto. Ma conta poco lo sviluppo dell’intrigo e la sua un po’confusa risoluzione. Ad imporsi sono ancora una volta le scelte visive ed’atmosfera del regista, le soluzioni di stile e le modalità dirappresentazione: i richiami al surrealismo (come nella scena dell’omicidio incui la pioggia scroscia anche in interni), i giochi (pop e postmoderni) coicolori (su tutti quelli delle macchie rosa che sembrano quasi voler essere unasorta di omaggio-parodia al genere pink), l’uso della macchina a mano e deipiani fortemente ravvicinati (che si intensificano vieppiù negli snodi dimaggiore intensità drammatica, come nella scena in cui il marito concede aIzumi il ‘privilegio’ di toccargli il pene), il ricorso ai jump cut (quando Izumi si vende per strada come un prodotto in‘offerta speciale’ e ‘superscontato’), gli effetti sonori (come quellepercussioni che esprimono l’apprensione di Izumi quando arriva al Club delleammaliatrici), sino ai frame stop,agli avanzamenti a passo uno e al conclusivo sguardo in macchina della scena incui Izumi immagina di liberarsi sessualmente col proprio consorte. Ed è proprioquesto modo di lavorare così intensamente la propria materia narrativa, anchequando quest’ultima non è così convincente, che fa di Sono uno dei granditalenti visivi del cinema giapponese contemporaneo.[Dario Tomasi]
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