di Andrea Soriano
Poichè mi trovo in Uganda da circa un paio di mesi, impegnato in un programma di tirocinio, ho voluto raccogliere, tramite la lettura di alcuni giornali locali, quelle che sono state le principali reazioni generate dal video. In realtà, bisogna tener presente che il video non ha avuto lo stesso volume di diffusione registrato in Europa e negli Stati Uniti, e questo perché, come è facilmente intuibile, in Uganda internet ha una diffusione limitata e così anche i giornali. Tuttavia, il mio lavoro a Kampala mi ha permesso di raccogliere significative testimonianze che senz’altro riescono a dare un quadro della reazione del “popolo ugandese”, o almeno di una parte di questo.
Leggendo i giornali, quello che subito mi è saltato agli occhi, è stata la dura reazione di critica e di chiusura che questi hanno riportato. Un atteggiamento che ha coinvolto, a vario titolo, “comuni” cittadini intervenuti spontaneamente sui giornali, professori universitari della Makerere University – una delle più prestigiose università dell’intera Africa Orientale – e lo stesso governo ugandese.
Per quanto riguarda i primi, le critiche hanno riguardato vari aspetti. C’è chi, come il Signor John K. Abimanyi, che accusa l’organizzazione non-governativa Invisible Children, creatrice del video, di essersi occupata della faccenda di Kony un po’ toppo tardi, ovvero 25 anni dopo l’inizio “delle uccisioni, dei rapimenti, delle mutilazioni, degli stupri e delle violazioni” che hanno insanguinato il Nord dell’Uganda, e dopo sei anni dalla fuga di Kony dal Paese. Secondo Abimanyi, il video in Uganda “ha toccato una corda sbagliata” perché ha “dirottato una battaglia africana”, facendo comparire l’Occidente impegnato in prima linea nella lotta contro Kony e l’Uganda come “seduta pigramente mentre Kony uccideva, rapiva e stuprava”. Ma la critica non si ferma qui. L’autore continua dicendo che una simile campagna ha generato nella mente di molti ugandesi l’idea che essa sia intrisa di una “mentalità neo-colonialista” secondo la quale “i bianchi lavoratori caritatevoli sono arrivati come salvatori da tempo attesi che finalmente hanno fermato Kony” (Daily Monitor 12-03-2012).
Appena due giorni dopo (14-03-2012), il Daily Monitor ritorna all’attacco con un nuovo articolo in cui a parlare è il Signor Alfdaniels Mabingo. In realtà, a parte la critica riguardante l’errore degli autori del video di aver collocato l’Uganda in Africa Centrale, quando invece dovrebbe essere noto a tutti che essa è in Africa Orientale, le restanti considerazioni sono simili a quelle appena viste. Anche in questo caso, infatti, il Signor Mabingo riporta l’idea che il progetto di Invisible Children crei una “immagine imperialistica” in base alla quale l’Occidente sarebbe chiamato a “salvare i popoli dell’Africa dal loro arretrato e primitivo modo di vivere”. E ancora, che il video crea “l’impressione che il popolo ugandese non abbia la capacità, i requisiti, l’autodeterminazione, la responsabilità e la serietà per trovare una soluzione alle sfide che colpiscono le loro comunità. Che il destino del popolo ugandese è nelle mani di quello occidentale”. La sua conclusione, quindi, è che la soluzione al problema Kony deve essere trovata dall’Uganda e dal suo popolo.
Anche il New Vision, un altro giornale ugandese, si è occupato del caso “Kony 2012”, anch’esso con un simile tono di dura critica. Scrive, infatti, il dott. Opiyo Oloya: “anch’io sono ansioso di vedere Joseph Kony, accusato di uccisioni di massa, catturato e processato per aver perpetrato orrendi crimini contro l’umanità, incluso l’assoggettamento di migliaia di bambini agli orrori della guerra, in Nord Uganda, Sud-Sudan, Repubblica Democratica del Congo e Repubblica Centrafricana”. Ma poi continua accusando Invisible Children di “aver usato i social-media per diffondere (mass-market) astutamente informazioni antiquate alla maggior parte dei giovani occidentali, ansiosi di fare del mondo un posto migliore”. Per questo motivo egli sostiene che il video “Kony 2012” è “fallace, inaccurato ed ingannevole” per tre motivi. Perché raccoglie insieme e “ricicla filmati vecchi di dieci anni, girati nel Nord Uganda nel 2003”; in secondo luogo perché riporta il caso dei bambini soldato in una situazione diversa da quella del 2003, visto che oggi molti di essi “sono tornati a casa approfittando dell’amnistia offerta dal governo ugandese nel luglio del 2006”; ed infine perché i registi dicono di aver creato scuole, delle quali, lui dice, di non aver mai avuto notizia. Dati questi motivi, il dott. Oloya conclude dicendo, in maniera netta, che, l’operazione di “rendere famoso Kony tramite internet non cambierà la sorte finale del noto killer (la sua cattura), ma (di certo) renderà più famosa e ricca Invisible Children” (New Vision, 14-03-2012).
Per quanto riguarda l’altro genere di attore coinvolto in questa serrata critica al video “Kony 2012”, ovvero quello accademico, vale la pena qui, riportare la posizione espressa da Mahmood Mamdani, professore e direttore del Makerere Institute of Social Research e Herbert Lehman, Professor of Government alla Columbia University di New York. Secondo il Professor Mamdani il Lord Resistance Army (LRA) non ha nessun potere militare al giorno d’oggi, ma sarebbe costituito soltanto da una “irregolare manciata di poche centinaia (di persone) scarsamente equipaggiate, armate e addestrate[…] bambini rapiti che sono stati trasformati in tormentatori”.
Detto ciò, secondo il Professore non ci sarebbe alcun motivo, oggi, di considerare Kony e il suo LRA come una minaccia per il Paese. Allora, perché fare una campagna che invece sembra dire il contrario? Perché mettere sotto i riflettori del mondo intero il “caso Kony”? Secondo il Professor Mamdani l’unico motivo che spiega tutto ciò è la strumentalizzazione della pericolosità di Kony e del suo esercito raccogliticcio per mantenere una costante mobilitazione militare, prima nel nord del Paese e poi in tutto il resto. Dunque, dal suo punto di vista l’LRA “è solo una scusa”. La critica del Professore si muove anche sulla “chiamata alle armi” che il video esprime chiaramente. Anche in questo caso, come forse sarebbe bene riflettere, quello che il video vuole che venga distrutto ed eliminato, con le parole del Professore, non è “una forza aliena ma figli e figlie della terra, per cui la soluzione non può essere quella di eliminarli fisicamente, ma quella di cercare dei modi per integrarli nella società ugandese”. Alla fine, come segno di un pensiero esteso e condiviso da più livelli della popolazione ugandese, anche il Professor Mamdani ricorda che Kony è un “problema ugandese che per il quale deve essere trovata una soluzione politica ugandese” (Daily Monitor 13-03-2012).
Dello stesso avviso è anche il Professor Adam Branch, Senior research fellow at the Makerere Institute of Social Research, nonchè Assistant Professor of Political Science alla San Diego State University. Il professor Branch, senza neanche aver guardato il video, per sua stessa ammissione, ne critica fortemente il suo valore e la sua utilità, arrivando alle stesse conclusioni del Prof. Mamdani, quella secondo cui, questa campagna è una scusa per la mobilitazione militare nella regione ed una corrispondente espansione della presenza militare americana nell’Africa centrale. Una scusa che gli “utili idioti” di Invisible Children hanno reso “più facile”.
Se quanto detto non è sufficiente a comprendere lo spirito di critica verso il video, forse quanto riporterò potrà rendere le cose più chiare.
È del 15 marzo (Daily Monitor) la notizia in prima pagina: “Youths disrupt screening of Kony 2012 film”. Ma cos’è accaduto di preciso? È accaduto che il Signor Victor Ocen, direttore dell’African Youth Initiative Network (AYINET), ha organizzato qualche giorno prima la proiezione del film nella città di Lira (situata nel Nord Uganda), allo scopo di “informare le persone sul lato cattivo delle guerre”, poichè sentiva il dovere morale di far vedere il video alle vittime di quegli abusi, vittime che non avrebbero avuto altro modo per conoscerne l’esistenza. Lo scopo era quello di “coinvolgere le vittime facendo vedere loro il video”. Conclusione: la proiezione è stata interrotta quando un gruppo di giovani ha iniziato a lanciare pietre agli organizzatori perché, a loro dire, “il film faceva rivivere le cattive memorie della guerra” e perché “gli organizzatori stavano cercando di guadagnare dalla loro miseria”. Dopo circa 30 minuti è intervenuta la polizia, che in realtà si era già mobilitata prima degli scontri perché, a detta del loro capo, Robert Semata, il video era stato proiettato senza la loro autorizzazione.
Anche questo, a parer di chi scrive, la dice lunga su quanto il video sia “scomodo”, in un Paese in cui, senza autorizzazioni, si fanno cose ben più gravi rispetto alla proiezione di un video di trenta minuti.
In una escalation di chiusura e critica nei confronti del video “Kony 2012”, non poteva mancare la posizione ufficiale del governo ugandese, espressa dall’Onorevole Mary Karooro Okurut, Minister of Information and National Guidance. Una posizione espressa con parole di fuoco. Il documento ufficiale, di quattro colonne spalmate su due pagine, inizia con un blando (e forse ironico) ringraziamento per gli “sforzi di Invisible Children Inc. nell’esporre le atrocità commesse da Joseph Kony”, per poi passare, poche righe più sotto, all’attacco, asserendo che (il governo) “nota con preoccupazione il grave travisamento creato dal documentario”, definito come un “erroneo tentativo di riscrivere la storia dell’Uganda” a partire dall’erronea collocazione del Paese nell’Africa centrale. Il governo invita Invisible Children a correggere quelli che ritiene siano gli errori del video, elencandoli espressamente:
- non è vero che Kony non era supportato da nessuno nel Paese, (quando) c’è la prova disponibile che mostra esplicitamente che Kony era supportato da alcuni Paesi, individui ed organizzazioni che operavano da capitali occidentali;
- […] non è vero che il 99% del pianeta non aveva mai saputo di Kony;
- è sbagliato rappresentare nel video, il Prosecutor della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo, che afferma che “Kony ha commesso crimini per 20 anni senza che nessuno se ne curasse”, quando invece il governo ha fatto tutto quello che ero in suo potere […];
- Invisible Children suggerisce che parlare di Kony metterà fine alla sua minaccia […];
- il governo (ugandese) accoglie partners, ma condanna in tutti i modi il fatto di trasformare l’Uganda in un mero terreno di gioco per l’irresponsabile attività di un’organizzazione non governativa […].
Ma allora, solo critiche?
In realtà qualche voce fuori dal coro, a sostegno del video c’è stata. Così, ad esempio, il presidente del distretto di Gulu, Martin Ojara, ha affermato: “è sventurato pensare che poiché la situazione in Nord Uganda è migliorata, le persone non dovrebbero più parlarne […] finché Joseph Kony non è condotto alla giustizia molte ferite rimarranno aperte”. Per questo motivo, continua, “qualsiasi aiuto che potrebbe portare alla cattura o all’arresto di Kony, è benvenuto, anche se ora (lui) è in Congo”(Daily Monitor 12-03-2012).
Dello stesso avviso è anche la rappresentante delle donne del distretto di Gulu, la Signora Betty Ocan, che nello stesso articolo afferma: “Kony è ancora là fuori e continua a scatenare devastazione. Se è capace di fare questo, cosa lo ferma dal ritornare? […] c’è bisogno di una soluzione permanente che guarisca le ferite della regione”. Anche Kalungi Kabuye, giornalista del New Vision, nell’edizione del 16 marzo, si pone chiaramente a favore del video e della campagna volta a riportare attenzione su Kony, dato che, ricordando le parole del prosecutor della Corte Penale Internazionale, Louis Moreno Ocampo, dal 2005 Kony è il primo nella lista tra i criminali internazionali che la Corte ha intenzione di portare a processo. E questo perché? Perché la sua pericolosità non è svanita o diminuita, ma semplicemente si è spostata dal Nord Uganda alla Repubblica Democratica del Congo e alla Repubblica Centrafricana. Come dice Kalungi: “Kony sta continuando ad uccidere e a rapire bambini”.
Kampala 19-03-2012
Andrea Soriano è Dottore in Scienze Internazionali (Università di Siena)
Fonti giornalistiche:
- J. K. Abimanyi, Is Kony 2012 film a hoax?, Daily Monitor, 12-03-2012.
- M. Mamdani, What Jason didn’t tell Gavin and his army of Invisible Children, Daily Monitor, 13-03-2012.
- Dr Opiyo Oloya, Mass-marketing Kony will not change the killer’s fate, New Vision, 14-03-2012.
- Alfdaniels Mabingo, Is Kony 2012 film the right model and approach to deliver peace?, Daily Monitor, 14-03-2012.
- J. Eriku & E. Opio, Youths disrupt screening of Kony 2012 film, Daily Monitor, 15-03-2012.
- J. Kato, Joseph Kony, the biggest post-independence enigma, New Vision, 15-03-2012.
- K. Kabuye, Kony 2012: the little video that shook the world, New Vision, 16-03-2012.
- Minister of Information and National Guidance, The government of Uganda position on the Kony 2012 documentary, Sunday Vision, 18-03-2012.
Fonti internet:
- M. Webb, Ugandans react with anger to Kony video, Al Jazeera, 14-03-2012,
- A. Tundo, Stop Kony 2012, quello che il video non dice, E-il Mensile on line, 14-03-2012
- A. Branch, Dangerous ignorance: The hysteria of Kony 2012, Al Jazeera, 12-03-2012