Posted 29 novembre 2012 in Kosovo, Mafija with 0 Comments
di Matteo Zola
Ramush Haradinaj, ex premier ed ex membro dell’Esercito di liberazione del Kosovo (Uck), è stato assolto per la seconda volta dal Tribunale penale internazionale dell’Aia per crimini commessi durante la guerra di indipendenza del Kosovo (1998-1999). Di cos’era accusato e perché questa sentenza, alla pari della recente assoluzione del generale croato Ante Gotovina, lascia l’amaro in bocca.
I fatti
Nell’aprile 2008, Haradinaj era stato assolto, dal Tribunale dell’Aja, da ben trentasette capi d’accusa tra cui quello di aver assassinato e torturato 58 persone, per lo più serbe, prigionieri nei campi di Decani durante il conflitto del 1998. Dopo l’assoluzione in primo grado la procura ha chiesto che Haradinaj venisse riprocessato. Perché? Secondo l’accusa diversi testimoni a carico di Haradinaj sono stati minacciati, alcuni sono misteriosamente rimasti coinvolti in incidenti d’auto mortali o più semplicemente uccisi a colpi d’arma da fuoco. Dopo ventisette mesi il Tribunale ha accettato il ricorso dell’accusa facendo riferimento a Scefqet Kabashi, un ex membro dell’Uçk che ha tenuto la bocca chiusa in seguito alle minacce ricevute e nonostante il programma di protezione testimoni offerto dal Tribunale: “La protezione non serve a nulla oltre le mura di questa Corte”, ha risposto Kabashi rifiutando il programma, ritenendo preferibile essere processato per reticenza o oltraggio alla Corte, piuttosto che parlare e rischiare la vita. Il processo è quindi arrivato in Corte d’Appello ma Haradinaj è stato nuovamente assolto.
La storia
Haradinaj era uno dei leader dell’Uck, il partito armato di liberazione del Kosovo che tra il 1998 e il 1999 combattè contro la serbia di Milosevic. Gli albanesi del Kosovo subirono, nell’era Milosevic, notevoli persecuzioni e riduzioni di diritti. La reazione fu dapprima pacifica e capeggiata da Ibrahim Rugova ma a seguito degli accordi di Dayton, che assegnavano il Kosovo alla Serbia di Milosevic, molti giovani kosovari si convinsero che la via non-violenta era inutile. Nel 1997 Rugova fu rieletto presidente del Kosovo ma con l’approssimarsi della guerra fu posto in condizioni di un virtuale arresto domiciliare da parte dell’Uck guidato da Hasim Tachi.
L’Uck fu subito considerato dal Congresso americano una organizzazione terroristica. La linea mutò quando da Washington decisero di cavalcare l’onda insurrezionale al fine di porsi in posizione di potere nei Balcani, dove già la Bosnia era de facto divenuto un protettorato Nato. Gli americani, a guerra finita, trasformeranno il Kosovo in una loro colonia, costruendovi la più grande base militare europea, ideale testa di ponte per il controllo dei Balcani. In questa partita molto fu concesso all’Uck: il controllo della “via balcanica” al traffico di eroina gonfiò le casse dell’Uck. Quei soldi finirono anche in un conto privato di Haradinaj recentemente scoperto grazie all’arresto, nel 2011, di Jahja Lluka, braccio destro di Haradinaj, che gestiva un fondo di circa 10 milioni di euro presso Kasabanka. Secondo il procuratore dell’Aja, Carla Del Ponte, quel denaro sarebbe il frutto di fondi neri, illeciti proventi di guerra, ottenuti da Haradinaj con traffici di droga.
L’Uck criminale?
A conferma del fatto che l’Uck si dedicò al controllo del narcotraffico ci fu anche un rapporto, redatto da Dick Marty, relatore speciale sugli affari legali e i diritti umani del Consiglio d’Europa, secondo cui Hasim Tachi era alla guida di un gruppo criminale di stampo mafioso che gestiva il traffico di stupefacenti, armi, e organi umani in Kosovo. Sotto accusa è il cosiddetto “Gruppo di Drenica” che comprende, oltre a Tachi e Haradinaj, alti dirigenti dell’Uck poi divenuti, con l’indipendenza, leader del mondo politico ed economico del Paese. Marty accuserà Tachi di essere “il più pericoloso padrino d’Europa” e il gruppo dirigente dell’Uck una “organizzazione criminale mafiosa” dedita addirittura al traffico d’organi.
Le ombre della guerra e dei crimini dell’Uck hanno portato alcuni a ritenere che l’indipendenza kosovara fosse il riconoscimento della legittimità dell’élite criminale che vedeva in Tachi e Haradinaj i suoi capofila. Tra i due, tra l’altro, non sarebbe corso buon sangue al punto che la condanna di Haradinaj avrebbe fatto comodo al clan politico di Tachi, attuale primo ministro. Il Kosovo di oggi non smette di essere l’Eldorado europeo del narcotraffico, grazie alla sostanziale impunità che deriva dallo status di protettorato dell’Unmik. La mafia kosovara, se non direttamente collegata al potere politico, è certo favorita se la leadership di Pristina è in mano a criminali.
La sentenza
Ma il condizionale è d’obbligo, poiché la sentenza che assolve Haradinaj per insufficienza di prove (e non per non aver commesso il fatto) smonta tutte queste accuse in un sol colpo. Restano le ombre sulla nascita di un Paese fortemente voluto dagli interessi geopolitici ed energetici americani, e su una classe dirigente lambita dalle peggiori accuse. La più infamante, quella che voleva Haradinaj omicida e torturatore di civili serbi, è ora per sempre decaduta. D’ora in poi, a fronte della verità giudiziaria, affermare che Haradinaj sia un criminale di guerra sarà dire il falso.
L’impunità dei capi militari delle guerre che insanguinarono la Jugoslavia lascia però l’amaro in bocca. Mentre a Pristina si festeggia con fuochi d’artificio, i morti restano senza giustizia. Perché l’assoluzione dei macellai lascia le vittime senza responsabili: chi le ha uccise? Nessuno, è la risposta che d’ora in poi dovremo darci. Pagheranno forse solo Mladic e Seselj, lasciando ricadere le colpe storiche di un conflitto cui molti hanno messo mano (americani, tedeschi, francesi e russi) su un unico popolo, quello serbo, per nulla innocente ma, secondo noi, non il solo colpevole.
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Tags: "Gruppo di Drenica", criminali di guerra, Decani, guerre jugoslave, Haradinaj, Hasim Tachi, Kasabanka, Kosovo, narcotraffico, Uck, Uck traffico d'organi, zola matteo Categories: Kosovo, Mafija