Dopo la bocciatura di dicembre, Tadic punta infatti ad ottenere il via libera dei 27 alla candidatura della Serbia all'adesione all'Ue al Consiglio europeo di marzo, ultimo appuntamento utile prima delle elezioni previste per l'inizio di maggio. In cambio, però, Bruxelles pone a Belgrado tre difficili condizioni da rispettare nell'ambito delle trattative con Pristina. A partire dalla soluzione della crisi nel nord del Kosovo, dove la popolazione serba, sostenuta dalle frange nazionaliste, non è disposta a riconoscere le autorità di Pristina, per favorire le aspirazioni europee della madrepatria. Per risolvere la questione, il piano di Tadic chiede una “soluzione speciale” per l'area a nord del fiume Ibar, evitando di affrontare direttamente la questione dello status del Kosovo.
Gli altri tre punti del suo piano puntano poi ad ottenere garanzie speciali per i monasteri serbo ortodossi in Kosovo, per le enclavi serbe sparse a sud dell'Ibar e la restituzione delle proprietà sottratte ai serbo-kosovari dopo la proclamazione dell'indipendenza. Per Tadic questo potrebbe rappresentare un'adeguata contro partita, al rispetto alle richieste di Bruxelles: oltre al rientro della crisi a Nord, l'applicazione degli accordi raggiunti da marzo ad oggi con la controparte ed il raggiungimento di un'intesa, affinché le autorità di Pristina possano partecipare ai forum internazionali come rappresentanti di uno Stato sovrano, senza che Belgrado opponga veti o boicottaggi. Per le ambizioni europee della Serbia, è inoltre di cruciale importanza riuscire almeno a rimandare il referendum convocato dei serbi del Kosovo per il 14 e 15 febbraio prossimi. Una consultazione definita “inutile e dannosa” dal ministro serbo per il Kosovo e Metohia, Goran Bogdanovic, secondo il quale l'iniziativa “ridurrebbe lo spazio di manovra con la Comunità internazionale del governo e della leadership di statale.
Se questi sono i problemi di Belgrado, anche Pristina ha le sue gatte da pelare. Anche il governo del premier Hashim Thaci, infatti, ha dovuto di recente fare i conti con le frange nazionaliste più estreme incarnate dal movimento "Vetevendosje" (Autodeterminazione), guidato da Albin Kurti, protagonista di dure proteste contro l'ulteriore distensione con la Serbia. Ma Thaci ha dalla sua parte l'orientamento dei 25 paesi incaricati di vigilare sull'indipendenza della giovane repubblica, riuniti nell'International steering group, che hanno dato parere favorevole a sospendere il protettorato internazionale entro la fine dell'anno. In questo senso, si è espresso anche il parlamento di Pristina con una risoluzione che ha raccolto anche i voti favorevoli dell'opposizione moderata (anche se non quelli dei deputati di Kurti).
Il presidente serbo Tadic ha fatto poi un ulteriore passo dicendosi “pronto ad incontrare il premier kosovaro Hashim Thaci”, a patto che questo dialogo possa essere costruttivo per una soluzione in Kosovo”. 'annuncio è giunto all'indomani dell'intervista rilasciata ad una tv macedone in cui Thaci si era detto pronto ad incontrare Tadic e potrebbe gettare le basi per un incontro davvero di portata storica. In una conferenza stampa tenuta a Jahorina, in Bosnia, a margine della trilaterale con i suoi omologhi bosniaci e croato, tadic ha comunque puntualizzato di essere disposto solamente ad un “incontro costruttivo” e non “di promozione del consolidamento dello stato kosovaro, o di carattere folkloristico”. “Io e Boris Tadic, in qualità di leader, abbiamo il compito di tenderci la mano l'un l'altro”, sono state le dichiarazioni a sorpresa di Thaci alle queli il presidente serbo ha replicato che non vi sono “barriere personali” e che da parte serba “vi è lo spazio per una una discussione se dall'altra parte vi è la volontà di parlare del piano in quattro punti o di un altro piano”.
E' molto freddo questo febbraio nei Balcani, ma anche dopo l'inverno più duro, presto o tardi alla fine arriva la primavera. Vedremo presto se al disgelo meteorologico corrisponderà anche quello del clima politico. [RS]