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Kosovo e Albania: scenari d’unificazione

Creato il 27 febbraio 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Kosovo e Albania: scenari d’unificazione

Il 17 febbraio di quattro anni fa il Kosovo dichiarava l’indipendenza dalla Serbia, dando avvio a un difficile processo di costruzione e consolidamento di una struttura statale propria. Oggi, a quattro anni di distanza, i festeggiamenti delle autorità di Pristina sono stati accompagnati dal referendum che quattro municipalità del nord del paese a maggioranza serba hanno indetto in funzione antigovernativa, per negare la legittimità delle autorità centrali albanesi. Ecco quindi l’ennesima occasione per riflettere sull’identità e il futuro di un paese le cui sorti sono state quasi sempre determinate dai desideri e dagli interessi delle potenze esterne e mai dalla volontà, se non della sua popolazione, per lo meno dei suoi rappresentanti politici. Esiste una nazione kosovara? O esiste soltanto una “Grande Albania”? E, se esiste, è un’ipotesi realizzabile, sia da un punto di vista di volontà politica che di concreta fattibilità, dato lo scenario che si è venuto a delineare nella penisola balcanica?

 
Alla vigilia dei festeggiamenti tenutisi a Pristina per celebrare il quarto compleanno dello Stato kosovaro, un referendum di due giornate organizzato da quattro comuni del nord del Kosovo a maggioranza serba ha ricordato a tutti, politici kosovari e comunità internazionale, che la strada verso la stabilità della provincia e dell’intera regione balcanica è ancora lunga e tortuosa. L’importanza del referendum non risiede certo nel suo scontatissimo risultato, con il 99,74% dei votanti che ha risposto negativamente alla domanda: “Riconosci le autorità di Pristina?”. La consultazione non ha difatti alcuna rilevanza giuridica e non determinerà alcun cambiamento negli assetti istituzionali dello Stato kosovaro. Per altro il Parlamento di Pristina ha adottato una dichiarazione che delegittima l’iniziativa, definendola come una “ingiustificabile interferenza esterna” in questioni di politica interna. Il referendum può, però, divenire un’occasione per riflettere sui rapporti esistenti tra Kosovo e Albania, la cui importanza, data la composizione etnica del Kosovo costituito per oltre il 90% da una popolazione di etnia albanese, è indubbiamente centrale, ma quasi sempre oscurata dalle conflittuali relazioni che Pristina intrattiene con Belgrado.

Posizione geografica del Kosovo
A questo proposito, in occasione del referendum il ministro degli esteri albanese ha espresso la sua preoccupazione per l’iniziativa, che rischierà di compromettere ulteriormente il dialogo tra serbi e kosovari. Soprattutto, nonostante il governo di Belgrado abbia esplicitamente e ripetutamente affermato la propria estraneità e contrarietà all’iniziativa, il ministro albanese ha dichiarato di ritenere che il referendum sia stato invece “ispirato” dal governo serbo. Tale dichiarazione può leggersi come espressione del ruolo che il governo albanese intende svolgere nei confronti della popolazione albanese kosovara. Ma qual è la reale natura dei rapporti tra i governi di Pristina e Tirana? Sono, Kosovo e Albania, una nazione divisa, in attesa di una futura, seppur lontana, riunificazione? O si tratta, ormai, di due entità simili ma diverse? E, in quest’ultimo caso, qual è la natura dei rapporti tra i due paesi?

La “Grande Albania”: mito o realtà?

L’idea di una “Grande Albania” fece per la prima volta la sua comparsa nella storia nel 1878, in occasione della firma del Trattato di Santo Stefano tra Russia e Impero Ottomano. Sino all’inizio del secolo successivo ci si limitò a parlare, però, di garanzia dell’autonomia del popolo albanese all’interno di altre entità statali. Fu solo dopo la fine della prima guerra mondiale che venne ventilata l’idea di unificare nell’ambito di un unico Stato tutti gli albanesi della penisola balcanica: precisamente quest’idea venne avanzata dal “Comitato per la difesa del Kosovo”, che associò la lotta per la ridefinizione dei confini che erano stati stabiliti alla conferenza di Londra con la promozione di un grande Stato albanese.

In seguito, durante la Seconda Guerra Mondiale, tale idea sembrò trovare per la prima volta una concreta attuazione: sotto la dominazione italiana parte delle regioni a maggioranza albanese sia del Kosovo sia della Macedonia vennero annesse allo Stato albanese. Nel 1943 i comunisti albanesi e jugoslavi tennero una conferenza nel villaggio di Bujan, sul confine tra Kosovo e Albania, che si concluse con la seguente dichiarazione: “L’unica maniera in cui sarà possibile raggiungere la libertà si avrà quando tutte le genti, inclusi gli albanesi, avranno la possibilità di decidere del loro destino, con il diritto all’autodeterminazione, fino alla secessione definitiva”.

L’idea di un grande Stato albanese non è scomparsa neanche dopo il mezzo secolo di totale chiusura rappresentato dal regime di Enver Hoxha. Sia da parte albanese sia da parte kosovara si sono registrate difatti negli ultimi due decenni e si continuano ancora oggi a registrare alcune manifestazioni in tal senso. Basti dire che il terzo partito del Kosovo, Il partito per l’autodeterminazione Vetvendosje entrato per la prima volta in Parlamento lo scorso anno, persegue apertamente questo obiettivo, che era già stato negli anni ’90 lo scopo del Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK). Il leader del partito Vetvendosje, il trentacinquenne Albin Kurti ha dichiarato durante un’intervista rilasciata nel 2011: “Il popolo del Kosovo ha il diritto di decidere sul proprio futuro. La nuova Costituzione, introdotta nel 2008 senza consultare i cittadini, ci nega questo diritto. Organizzeremo referendum paralleli in Albania e in Kosovo. La gente potrà così esprimersi. I sondaggi dicono che il sostegno popolare a questa idea già c’è. Non è un sogno romantico. La creazione di uno Stato albanese è una soluzione che porterà pace e stabilità politica ed economica nella regione”. Inoltre l’importante Accademia delle scienze albanese ha dichiarato in un documento intitolato Platform for the Solution of the National Albanian Question e pubblicato nel 1998 che “the rightful aspiration of all Albanians is the unification of all ethnic Albanian lands in a single national state”. Ancora, nel 2003 l’idea di una possibile “Grande Albania” cominciò a godere anche di un supporto armato con la nascita del “Esercito Nazionale Albanese”, che si proponeva di combattere con l’obiettivo dell’unificazione di tutte le genti albanesi all’interno di un unico Stato.

In viola, le zone a maggioranza serba in Kosovo
Tuttavia, come è stato sottolineato dall’intellettuale albanese Fatos Lubonja, il sogno di una grande Albania, pur essendo rimasto nella coscienza del popolo albanese, non si è mai trasformato in un programma politico rilevante (ossia portato avanti da una percentuale significativa della classe politica o condiviso dalla maggioranza della popolazione). Per una molteplicità di ragioni.

Innanzitutto storicamente il popolo albanese è sempre stato sottoposto ad invasioni di Stati più grandi e potenti e, per questa ragione, è sempre stato molto frammentato e incapace di darsi una forte autorità centrale. Il Ventesimo Secolo, poi, ha accentuato ed approfondito tali fratture. Se, difatti, sino ad allora la storia tra Albania e Kosovo era stata in gran parte comune, a partire dal 1912 essa si divise. Le guerre balcaniche del 1912-1913 segnarono difatti non soltanto l’avvio, per la prima volta, dell’indipendenza albanese, che si consoliderà nel decennio successivo sotto il regno del re Zog (1928-1939). Esse determinarono bensì anche e soprattutto la divisione del Kosovo dall’Albania e il suo inserimento nel Regno dei Serbi. Dopo la parentesi rappresentata dalla Seconda Guerra Mondiale con l’unificazione del Kosovo all’Albania sotto gli auspici dell’Italia fascista, la divisione tra Kosovo e Albania nel secondo dopoguerra e fino alla fine del secolo si consolidò ed approfondì negli anni. La nascita del regime guidato da Enver Hoxha, uno dei più duri e chiusi del blocco socialista, segnò difatti l’innalzamento di una barricata invalicabile tra i due paesi, tra i quali ogni forma di contatto – economica, politica e culturale – venne interrotta.

È possibile pertanto che questo secolo di divisioni abbia infine determinato la frattura della nazione stessa albanese, ossia la nascita di due nazioni distinte: una albanese, l’altra guidata da Pristina. Tant’è che quando, nel 1990, i due popoli si “rincontrarono”, il loro riavvicinamento fu segnato almeno per il primo decennio da diffidenze reciproche. In particolare gli albanesi di Tirana difficilmente riuscivano ad accettare e digerire l’economia di mercato che parte dei kosovari albanesi stavano introducendo nel loro paese, spesso accompagnata dai corollari rappresentati da elevati livelli di corruzione ed illegalità.

Vero è però che dal 1999, anno di inizio della guerra in Kosovo, ben 800.000 kosovari cercarono rifugio in Albania. E che questo evento segnò la svolta nei rapporti tra i vicini fratelli albanesi, che da quel momento crebbero assieme, stringendo sempre più stretti rapporti politici, economici e culturali. Nell’arco di un decennio le relazioni fra i due Stati si sono intensificate. In campo economico, l’Albania è uno dei principali partner commerciali del Kosovo, coprendo il 15% delle esportazioni kosovare, e con scambi commerciali tra Pristina e Tirana in costante crescita. Le relazioni commerciali sono supportate dagli accordi economici stipulati tra i due Stati, quali l’accordo di libero scambio del maggio 2003 e il memorandum d’intesa del settembre 2009. In campo culturale significativi sono gli sforzi portati avanti dai due governi (ad esempio per l’armonizzazione dei libri di testo scolastici) mentre continua la cooperazione tra le università di Tirana e Pristina, attraverso costanti scambi di docenti e la frequente realizzazione di ricerche congiunte.

Dato il progressivo e rapido avvicinamento tra i due paesi, è più verosimile ritenere che la ragione della mancata trasformazione del mito della “grande Albania” in un formale programma politico sia frutto delle pressioni esterne, volte a tutelare la stabilità della regione. L’Indipendenza del Kosovo è difatti obiettivo prioritario della cosiddetta “comunità internazionale”, o per meglio dire di Stati Uniti e Unione Europea, che lo considerano elemento fondamentale della loro strategia nello scacchiere balcanico. La rivendicazione all’autodeterminazione da parte del popolo albanese conseguente all’idea di una Grande Albania provocherebbe difatti una serie di analoghe rivendicazioni a catena da parte delle numerose minoranze che popolano la regione (se non altro da parte delle minoranze albanesi presenti anche in Montenegro e Macedonia), rimettendo cosi nuovamente in discussione l’assetto della regione quale risultato dalle recenti guerre e determinato degli interventi della NATO e dell’Unione Europea.

È pertanto sulla base di queste considerazioni e tenendo conto della loro totale dipendenza dal supporto di potenze esterne che Albania e Kosovo escludono, salvo qualche rara eccezione rappresentata ad esempio dal partito Vetvendosje del Kosovo, di includere in un programma politico l’obiettivo dell’unificazione sotto un unico Stato di tutti gli albanesi o, per lo meno, di tutti gli albanesi di Kosovo e Albania. L’idea di una Grande Albania rimarrà pertanto confinata nella coscienza del popolo albanese.

L’unificazione dei consolati: risparmio o politica?

Il Primo Ministro albanese, Berisha, ha annunciato lo scorso 20 ottobre di voler unificare i servizi consolari di Kosovo e Albania. La motivazione ufficiale spiega questa decisione semplicemente con esigenze di ottimizzazione dei costi in un periodo di crisi. Le dichiarazioni con cui il leader albanese ha accompagnato l’annuncio di tale decisione ci legittimano tuttavia a pensare che questo gesto significhi qualcosa di più. Berisha ha difatti auspicato la futura estensione di questa pratica anche ad altri campi, quali quello della cultura, dell’economia, eccetera: “Gli albanesi si dovrebbero sentire nello stesso modo a Tirana e a Pristina […] pratiche simili [all’unificazione dei servizi consolari] dovrebbero essere applicate anche ad altre aree, quali dogana, cultura ed educazione in modo tale da ridurre i costi e avvicinare i due Stati fratelli […] dobbiamo rafforzare la cooperazione nell’ambito dello stesso quadro legale e delle stesse pratiche così da ridurre le barriere burocratiche tra i cittadini dell’Albania e del Kosovo”.

Esclusa la possibilità di leggere dietro a queste parole il desiderio, se non altro nel medio periodo, di dar vita ad una Grande Albania, appare quindi piuttosto evidente la volontà di superare le barriere economiche, politiche e culturali tra i due Stati. La volontà, cioè, di creare una sorta di federazione tra Kosovo e Albania: all’interno della quale i rapporti potranno essere equilibrati ovvero, a seconda degli indirizzi futuri della politica albanese, sbilanciati a favore del governo di Tirana.

Per concludere

Esiste una nazione kosovara? O esiste soltanto una “Grande Albania” ? E, se esiste, è un’ipotesi realizzabile, sia da un punto di vista di volontà politica che di concreta fattibilità, dato lo scenario attualmente in essere nella penisola balcanica?

In considerazione dello scenario politico attualmente osservabile nella regione balcanica e di quanto abbiamo detto sino ad ora, possiamo concludere che non può esistere, se non nella forma di “mito” del popolo albanese, una “Grande Albania”. In quanto una simile realtà destabilizzerebbe l’intera regione balcanica. Ma è possibile che si venga a creare una federazione kosovaro-albanese, con due Stati indipendenti ma “fratelli”, strettamente legati l’uno all’altro e promotori di una sempre maggiore collaborazione in campo politico, economico e culturale. Come d’altro canto l’intento di creare un’unione economica tra i due Stati, annunciato nel 2011 dal primo ministro kosovaro Pacolli e dal ministro del commercio albanese Mimoza Kusari-Lila, lascia facilmente intendere.


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