Magazine Cultura
Titolo: Lungo fucile
Data: Giugno 1977
Soggetto/Sceneggiatura:
Giancarlo Berardi
Disegni/Copertina:
Ivo Milazzo
In seconda di copertina c'è un'interessante introduzione alla serie (non è firmata, forse è di Sergio Bonelli) in cui si parla dell'immagine del West che si vuole proporre con la nuova collana. La riporto qui di seguito, perché rappresenta una chiarissima dichiarazione di intenti.
Direi che la presa di distanza dalla morale di un certo West conservatore e reazionario è più che esplicita....
I disegni dell'albo sono del 1974 e Lungo fucile avrebbe dovuto essere un numero unico ed autoconclusivo all'interno della collana Rodeo, ma Bonelli ne fu folgorato e decise così di dedicare un'intera collana al nuovo personaggio. Non posso non proporre la tavola d'apertura che mostra un Ken barbuto e il giovane, entusiasta ma sfortunato fratello Bill.
La storia ha inizio in una data precisa: il 29 dicembre del 1868. Lo scorrere del tempo è una caratteristica della serie che la differenzia dalle altre bonelliane, in cui il protagonista in genere non invecchia mai.
Fin da subito Berardi presenta alcuni importanti valori di Ken: lo vediamo in questa vignetta.
Ken non usa un moderno Winchester a retrocarica ma un vecchio Kentucky, ad avancarica e dotato di un colpo solo. D'altronde per l'uso che ne fa è più che sufficiente e anzi migliore di un automatico.
I due fratelli sono vittima di un agguato per rapina, nel quale il giovane Bill perde la vita. Gli autori sono tre bianchi, anche se usano dei cavalli non ferrati, Ken capisce dalle impronte degli zoccoli che i ferri sono stati tolti da poco per simulare un agguato da parte di indiani. La rabbia di Ken è tremenda e visibile in questo intenso primo piano.
La somiglianza con Jeremiah Johnson di "Corvo rosso non avrai il mio scalpo", film di Sydney Pollack interpretato da Robert Redford, è evidentissima.
Ken decide di vendicarsi e le tracce dei tre lo portano a Fort Smith, dentro la riserva indiana dei Cheyenne, poco prima che abbia luogo la rivolta degli stessi indiani che, stufi di essere ingannati dalle false promesse dei bianchi che li stanno affamando, decidono di assalire il forte e di morire in battaglia.
Ecco una splendida e cruda vignetta raffigurante uno degli assalitori Cheyenne.
I tre si sono arruolati come scout e così pure fa Ken, con il dichiarato obiettivo di smascherarli. L'assalto al forte fallisce parzialmente, così i guerrirei Cheyenne fuggono portandosi dietro donne, vecchi e bambini. I soldati guidati dagli scout li inseguono. Di nuovo Berardi ci fa conoscere, in più di una vignetta, idee alla base della morale di Ken che ritroveremo poi lungo la serie. Eccone due.
La crudeltà nell'uomo non conosce differenze di colore della pelle.
Per guadagnare tempo, essendosi trovati in una situazione difficile accerchiati dagli indiani, Ken ha ucciso uno sciamano con un colpo del suo Kentucky a grande distanza, riscuotendo le congratulazioni dei soldati: lui però non ne è felice...
Avvengono poi degli scontri, rappresentati da suggestive tavole di Milazzo.
Si rivela anche la viltà di un sergente che ordina di attaccare un gruppo pressoché indifeso di donne, vecchi e bambini.
Ken riesce a scovare gli assassini di suo fratello. In queste immagini Milazzo rappresenta con grande effetto la sua rabbia.
Memorabile la tavola finale: Ken ha ucciso gli assassini di Bill che, per recuperare la refurtiva, avevano torturato la moglie del capo Cheyenne Mandan. Quest'ultimo ha salvato la vita a Ken che stava per essere a sua volta ucciso con la motivazione di tradimento dal vile sergente.
Le parole di Mandan rivelano tutta la tristezza e lo scoramento di un popolo mille volte ingannato e mille volte colpito a morte dalle false promesse dell'uomo bianco. Nello stesso tempo c'è anche la presa di coscienza che la violenza delle armi non porta da nessuna parte, anche se non si intravede un'alternativa.
Il primo albo propone quindi temi importanti con efficacia e chiarezza: protagonista è subito lo scontro fra le due civiltà che viene presentato con grande amarezza. Nello scenario generale emergono le virtù e le viltà dei singoli, il rispetto reciproco fra uomini leali al di là del colore della pelle. Vediamo un Ken colpito violentemente negli affetti capace di scatenare una rabbia distruttiva. Nello stesso tempo emerge la sua grande umanità e il rispetto per chi combatte per difendere la propria vita e la propria dignità.
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