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Ci sono film a cui ti senti legato al di là del loro valore. Film che magari non ti sono piaciuti più di tanto, che ti hanno lasciato freddo. Che magari ti hanno fatto perfino schifo o annoiato fino alla morte. Ma il tempo da valore a quella pellicola e la rivaluta in un'ottica nostalgica. Uno di questi film, per me, è Kristy, di Oliver Blackburn.
Ho guardato Kristy molti mesi fa, in lingua originale, in un altro tempo e un altro luogo. Potrei dire di aver visto questo film, per la prima volta, nel periodo più bello e più brutto della mia vita. Allo stesso tempo. Più bello perché nella visione accanto a me c'era la persona più importante, più brutto perché era già cominciato quel mio declino personale che è culminato poi in questo momento della mia vita, di cui ho già parlato e che sto lentamente superando. Non per raccontarvi ancora i fatti miei ma per farvi capire come sia la prospettiva da cui osserviamo le cose a determinarle. Perché Kristy, per me, all'epoca è stato un filmetto eppure oggi mi trovo a rivalutarlo.
Justine è una ragazza che, il giorno del ringraziamento, si ritrova sola all'interno del suo campus universitario. In uno dei momenti di libertà dallo studio, la ragazza si reca in un supermercato per improvvisare una cena del ringraziamento e lì incontra una strana ragazza incappucciata. Tornata nel campus, si ritroverà assediata da un gruppo di persone che sembrerebbe aver tutte le intenzioni di ucciderla.
Quello di Blackburn non è affatto un film originale. per niente. Perché Kristy è un minestrone che butta in pentola il meglio del survival horror, il cinema d'assedio in grado di infiammare le sale, l'home invasion, lo slasher movie più classico e la solita riflessione su internet e sugli usi più sbagliati che si possono fare della rete. Per non parlare di quel sotto testo religioso/morale che pervade l'intera pellicola ma che, per fortuna, rimane sempre sullo sfondo. Che oh, a produrre è pur sempre Scott Derrickson, braccia rubate alla santa chiesa. Praticamente non c'è un'idea che sia una a garantire un po' di originalità al film, che oscilla tra You Are Next e The Strangers con un ritmo serrato e un dinamismo che non lascerà allo spettatore un attimo di respiro. Ed è tutto qui il pregio del film, perché allo spettatore, persino in quei momenti di calma apparente che preannunciano la "tempesta", non viene mai lasciato il tempo di prendere fiato. Come non lo viene lasciato alla protagonista Justine, tanto da un punto di vista cinematografico con la MDP costantemente incollata al culo (metaforicamente parlando), sia da un punto di vista narrativo per più della metà del film.
Pensandoci bene Justine noi non la conosciamo se non per quello che impariamo standole accanto per 90 minuti di pellicola. Uno dei pregi di Kristy è infatti che non ci sono spiegoni né siparietti dimostrativi in cui ci vengono svelati i retroscena di un film piccolo e lineare. Noi la protagonista la conosciamo e comprendiamo semplicemente standole appiccicata, origliando i dialoghi con fidanzato e migliore amica, osservandola in quei momenti piuttosto intimi e personali che solo la solitudine vera ti concede. A me ha ricordato un po' quello che succedeva in The House of the Devil quando Ti West spiava Samantha che vagava in tutta libertà con le cuffie alle orecchie per la casa che da il titolo al film. Ecco, anche in Kristy noi, assieme al regista, spiamo Justine mentre fa quel che l'assoluta libertà le concede in un dormitorio infinitamente grande tutto per lei. E per questo ci affezioniamo a lei, per questo noi, che sappiamo già come andrà a finire, iniziamo a provare uno strano disagio che crescerà sempre di più mano a mano che la situazione si evolverà. Tutto questo senza flashback sulla sua infanzia o monologhi lunghissimi.
Al contrario degli antagonisti sappiamo qualcosa in più. Non molto grazie a dio, che già quel che si capisce fa rabbrividire. Ma qualche spiegazione ci viene data per tutta la durata del film. Sappiamo ad esempio che sono una setta, che chiamano Kristy (i figli di Cristo) le loro vittime e che odiano i figli di papà che hanno tutto. Ecco il sotto testo religioso/morale a cui accennavo più su. Come se non bastasse questi folli mascherati filmano tutto e poi lo mettono su internet. Non sappiamo effettivamente come scelgano le loro vittime, non sappiamo quale sia lo scopo pratico di tutto questo - ammesso che ci sia - ma sappiamo che hanno un motivo. E a me i motivi non piacciono, soprattutto quando te li sbattono in faccia e sono stupidi. Gli psicopatici non hanno bisogno di un motivo. L'assenza di motivazioni fa paura. Per fortuna il regista dimostra di saper gestire i personaggi molto più di quanto sappia gestire le situazioni tra un buco di sceneggiatura e l'altro. Per questo anche la trasformazione della protagonista, per quanto forzata, assume connotazioni accettabili e impedisce a chi guarda di lanciare tre o quattro bestemmie prima di alzarsi dalla poltrona e andare via. Trasformazione che non ha la forza o le motivazioni psicologiche mostrate in un The Descent qualsiasi, chiariamolo subito.
Alla fine Kristy è un filmetto ma è un filmetto teso, senza un attimo di sosta, che gestisce bene ansia e personaggi. Soprattutto le due protagoniste, Justine interpretata da Haley Bennett e la cattivissima psicopatica Violet, interpretata da Ashley Greene. Un film che in un certo senso non lascia scampo sempre se si è pronti a lasciar perdere difetti, buchi logici e prevedibilità. Cose a cui non potetti non badare tanti mesi fa ma a cui oggi non posso che guardare con rimpianto e una punta di nostalgia.
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