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Krol, un arancio a orologeria

Creato il 15 maggio 2014 da Pablitosway1983 @TuttoCalcioEste

“Non c’è blu senza il giallo e senza l’arancione” .

V. Van Gogh

BT Sport, Football, pic: circa 1979, Ruud Krol, Holland captain, one of their best ever players, who won 83 international caps between 1969-1983
In una città, Amsterdam, divisa da due estremi, l’arte e la trasgressione, sessantacinque anni fa nacque un uomo che contribuì a cambiare in maniera determinante la cultura del calcio mondiale, un giocatore influente sotto tutti i punti di vista, forse il più grande calciatore libero europeo degli ultimi 40 anni, Rudolf Josef Krol. Ruud per circa vent’anni, dagli anni ‘60 agli ’80, fu uno di quei giocatori che chiunque si sarebbe portato in formazione, difensore dal lancio invidiabile e dagli assist fulminanti, player dall’intelligenza tattica rara per uno del suo ruolo, insomma una vera e propria leggenda.Inizia a giocare nelle giovanili dell’Ajax, squadra della sua città natale, come difensore sinistro, veste che manterrà a pieno fino alla fine degli anni ’60 quando entra di diritto nel club dei lancieri in Eredivisie. Sotto le redini del grande Michels, Krol comincia una serie di lunghi successi che lo porteranno alla fama e alla gloria, vittorie che tutti i giocatori vorrebbero cucirsi sul petto come con le mostrine o, visti i tempi di oggi, come i tatuaggi che si stampano sulla pelle e più non se ne vanno, proprio come le giocate di Ruud.

Dutch Eredivisie - Ajax Amsterdam
In prima categoria Krol, ambidestro, alterna il suo ruolo con il compagno Suurbier, difensore destro, formando la coppia “Knabbel en Babbel”, i Cip & Ciop dei Paesi Bassi come li chiamavano i tifosi. Lo show inizia nel 1970 con la vittoria del campionato olandese e la KNVB beker, la coppa d’Olanda vinta 2-0 contro il PSV. Ma è dall’anno successivo che il “calcio totale” di Michels, gioco in cui tutti fanno tutti, nel quale i difensori diventano attaccanti e gli attaccanti i difensori, esplode a pieno, lasciando strabiliato il pubblico d’Europa e non solo per l’esperienza innovativa ed originale in ambito calcistico che gli 11 giocatori offrono in campo. In una formazione da urlo con Neeskens, il già citato Suurbier, Haan e il grande Cruyff (occhio a questi nomi, li ritroveremo presto) Ruud Krol va a nozze e grazie alla sua amministrazione d’acciaio in mezzo alla difesa trascina i bianco-rossi fino alla finale di Coppa Campioni a Wembley dopo aver vinto in patria un’altra coppa d’Olanda contro lo Sparta Rotterdam (2-2 e 2-1 nella gara di ripetizione). Ruud però a causa di un brutto infortunio alla gamba avvenuto in semifinale con l’Atletico Madrid, non gioca l’ultimissima partita. Non fa nulla perché un grande tassello in questo domino olandese lui ce l’ha inserito alla grande e l’Ajax il 2 giugno del ’71 batte i greci del Panathinaikos guidati da Puskas 2-0 e per la prima volta conquista la Coppa perduta due anni prima contro il Milan di Rocco divenendo così la seconda squadra olandese, dopo il Feyenoord, a vincere l’ambito premio.

European Cup Final - Ajax v Juventus
L’anno successivo è l’anno “totale”, come il gioco dei lancieri. Ruud e soci dominano in patria con un’altra Eredivisie (sono tantissimi i gol segnati dai bianco-rossi in campionato, con punte addirittura di 100 reti!), una ennesima coppa olandese (3-2 al Den Haag) ed una seconda Coppa Campioni. Michels ha lasciato per condurre il carro della nazionale olandese e il grande Kovacs sta in panchina senza dare troppi ordini. E’ Cruyff a decidere cosa fare durante il gioco, il profeta che con Krol dietro si sente sicuro come un’ape nell’alveare. Il 31 maggio 1972 è l’Inter di Mazzola, Facchetti e Boninsegna la vittima sacrificale nella finalissima di Rotterdam. Una doppietta di Cruyff porta a casa il titolo e Krol questa volta gioca e gioca alla grande. Pochi mesi dopo arriva anche la Coppa Intercontinentale ai danni dell’Indipendiente (1-1 all’andata e 3-0 al ritorno). L’Ajax è ormai per tutti imbattibile, la squadra più forte del mondo, quella che quando scendi in campo nello stadio di Amsterdam sai già che perderai. Ma per i lancieri non basta. Il 1973 è un altro anno stellare. Si inizia a gennaio con la Supercoppa Europea dopo aver sconfitto i Rangers campioni della Coppa delle Coppe l’anno prima (3-1, 3-2 i risultati), seguito da un terzo campionato di fila vinto e da una terza Coppa Campioni, eguagliando il record del Real Madrid di Di Stefano, Gento e Puskas degli anni ’50. Un’altra italiana a soccombere in finale. E’ la Juventus di Trapattoni ma soprattutto di Zoff, Bettega e Causio che nella gara del 30 maggio a Belgrado con un rete ad inizio partita di Rep si vede sfumare il titolo. I bianco-rossi sono irraggiungibili, il loro calcio indecifrabile. Fermarli è impossibile, o quasi.

krol 1
Il 1974 è l’anno del Mondiale in Germania. Michels si porta nella nazionale la spina dorsale dell’Ajax campione più grandi “tulipani” quali Rensenbrink, Rijsbergen e Van de Kerkhof. A gennaio i bianco-rossi conquistano un altro trofeo, la Supercoppa Europea, la seconda di fila, battendo il Milan (1-1 all’andata e un clamoroso 6-0 al ritorno) e trovando così la rivincita 5 anni dopo la finale di Coppa. Krol è superconcentrato per la competizione mondiale (l’Ajax non vincerà il campionato, arriverà soltanto terzo), la tensione è alle stelle. Il Girone 3 sembra ostico ma sarà tutto facile per Rudd e compagni. Un 2-0 all’Uruguay, un pareggio innocuo con la Svezia per 0-0 e un 4-1 contro la Bulgaria in cui si ricorda un autogol dello stesso Ruud. Ma nulla di cui preoccuparsi, l’Olanda accede al Girone A di semifinale. Qui le cose paiono complicarsi. Ad aspettare l’Arancia Meccanica di Michels, come la chiameranno i tifosi italiani, c’è l’Argentina, la Germania Est che aveva battuto il panzer tedesco d’occidente e il Brasile . Beh, l’Olanda le vincerà tutte mostrando quel calcio totale già adoperato da Krol con i bianco-rossi. Cruyff è sempre più mostruoso e il numero 12 Krol dice ai difensori cosa bisogna fare. Libero come una farfalla sul prato contribuisce a portare per la prima volta nella storia l’Olanda in finale. Il 7 luglio ’74, all’Olimpico di Monaco di Baviera si apre una pagina storica del calcio, quella incredibile finale che vide gli oranges fermarsi veramente dopo anni di vittorie fra Paesi Bassi ed Europa e l’avvento del calcio tedesco, tonico, fisico e preciso. Nella Germania Ovest grandi giocatori quali Beckenbauer, Vogts, Muller, Breitner si trovano sulle gambe l’estro sfiancante degli olandesi. Con un rigore venuto fuori come un coniglio dal cilindro al primo minuto di gioco, l’Olanda è già in vantaggio grazie al tiro dal dischetto di Neeskens. Ma per la prima volta Michels ha davanti una squadra che concede pochissimi spazi. Le marcature a zona e i pressing killer che tanto hanno fatto le fortune dell’Ajax qui sembrano trovare cedimenti. Al 25° il pareggio tedesco che Breitner realizza su rigore e dopo venti minuti l’incredibile vantaggio con Muller. Il primo tempo è della Germania, 2-1, risultato che purtroppo per Krol rimarrà tale. L’Olanda ci prova a ripetizione ma il muro di ferro è impenetrabile ed alla fine è il panzer guidato da Schoen ad averla vinta. Il calcio totale ha perso ma per molti è l’Olanda di Michels la vera vincitrice della competizione. Nessuno mai aveva guidato una nazionale di calcio ad un gioco simile.

Argentinian midfielder Mario Kempes (L), who just
Il dopo Germania ’74 offre un Krol che mantiene la sua voglia di fare ed osare, la sua eleganza e la sua capacità sopraffina di anticipare sempre i giocatori avversari. Un terzo posto agli Europei di Jugoslavia ‘76 e nel 1977 un’altra Eredivisie e si prepara l’anno successivo all’altro importantissimo mondiale, quello di Argentina ’78. L’Olanda di Happel però non parte a razzo come quella di Michels quattro anni prima, anzi il Girone 4 viene superato per il rotto della cuffia dopo una bella vittoria con l’Iran (3-0), un pareggio striminzito col Perù (0-0) ed una sconfitta incredibile con la Scozia (2-3). Difficile è il Girone A di semifinale. L’Austria di Krankl è tonica, la Germania Ovest ha perso un po’ di smalto ma fatta di giovani campioni quali Rummenigge e poi l’irrepitibile prima Italia di Bearzot. La formazione di Happel trova la grinta del passato e vince con la prima 5-1, pareggia con i tedeschi 2-2 e batte gli azzurri 2-1. Per la seconda volta di fila gli oranges sono in finale. Ad attenderli sono i padroni di casa, l’Argentina che a Buenos Aires, sotto gli occhi del generale Videla sono costretti a vincere il titolo e ci riescono grazie ad un Kempes adrenalinico che dopo il risultato di 1-1 nei 90 minuti porta in vantaggio gli argentini ai supplementari. Ci pensa poi il 3-1 di Bertoni a chiudere i conti. L’Olanda non ha espresso quel calcio a cui ci aveva abituati fino a quel momento. Fra le lacrime e le polemiche (non all’altezza l’arbitraggio di Gonella che sfavorì gli oranges in alcune azioni determinanti tanto da non stringere, a fine gara, la mano ai vincitori) l’Olanda perde il suo secondo mondiale, forse quello più amaro giocato da Krol.

krol 2
Un altro campionato ed una coppa d’Olanda in patria (1-1, 3-0 al Twente) concludono la carriera olandese di Ruud Krol che cerca nuovi stimoli.Il primo, fallito, sono i pochi mesi giocati in Canada con gli Whitecaps. Poi quello che lo vede tra il 1980 e il 1984 al Napoli, fortemente voluto dal dirigente partenopeo Juliano. Al primo ed indimenticabile anno sotto il Vesuvio sua maestà Krol diventa idolo indiscusso dei tifosi napoletani nonché trascinatore della squadra ad un ottimo terzo posto, sfiorando lo scudetto vinto poi dalla Juve soltanto nelle ultime giornate. “Tutti urlavano che volevano lo scudetto a Napoli. Io dormivo all’Hotel Excelsior: ricordo le lacrime del portiere di notte e dei dipendenti quando rientrai dopo aver perso con la Juve. Ruud, sciupa femmine che si diverte ad andare a spasso di sera con auto mozzafiato anche se, giura, “Rientravo a casa sempre prima di mezzanotte mai tardi”, vive a Napoli da perfetto pascià. “Tifoso che voti per l’aborto pensaci. E se la mamma di Krol avesse abortito” recitava uno striscione all’epoca del referendum sull’aborto dei primi anni ’80. Poi una serie di infortuni che lo mette l’ultima stagione quasi sempre fuorigioco. Lascia Napoli, con la divertente e spassosa fatica di comprendere e parlare quel dialetto, come un Ulisse che lascia Itaca, un addio struggente ad uno dei migliori stranieri che hanno giocato nella nostra Serie A proprio mentre, quell’estate del 1984 arriva il pibe Maradona. Due anni in seconda divisione con la maglia del Cannes e poi il ritiro nel 1986 dopo una carriera favolosa ed esaltante. Diventa allenatore in Belgio, in Svizzera e poi vice di Van Gaal nell’Olanda e di Koeman nella sua amata Ajax. Capelli lunghi, basette, sigarette, collane d’oro, ginocchia di marmo e quei cento occhi che scorgevano in frazioni di secondo tutte le posizioni in campo dei compagni, intelligenza tattica rara per un giocatore di calcio che più che giocatore fu una autentica perla. “Ridete pure. Ma fino alla finale avevo preso un solo gol, e me lo aveva segnato Ruud Krol, il mio amico Ruud Krol.” dice di lui il portiere dell’Arancia Meccanica Jongbloed. Krol l’amico di tutti, una delle pietre miliari dello sport, l’unica vera diga d’Olanda.


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