I Kröwnn sono in tre e suonano un potente doom a cavallo tra Settanta e Ottanta, con forti riferimenti all’immaginario fantasy/eroico e una buona dose di personalità che li aiuta con la classica marcia in più. Il debutto Hyborian Age ci ha colpito dal primo ascolto e siamo stati tra i primi a segnalare le potenzialità di una formazione che, ormai, sembra avere attratto l’attenzione di semplici appassionati e addetti ai lavori. A questo punto era necessario un faccia a faccia per conoscerli meglio e capire come sono andate le cose, per cui non resta che lasciare spazio alle risposte a sei mani fornite dai Kröwnn.
Iniziamo dalle presentazioni, come sono nati i Kröwnn e cosa li ha spinti a mettersi insieme?
La band è nata da un’idea mia (Michele) e di Silvia, da un bel po’ di tempo avevamo in testa di formare una band doom, ma non c’era mai stata l’occasione di mettere insieme il progetto seriamente. Il fattore scatenante è stato un live dei Pentagram: è stato illuminante e sotto certi versi ha creato la chance per pensare nel concreto alle basi della gruppo, anche se l’effettiva formazione è avvenuta molto più tardi. Silvia ha proposto ad Elena la cosa (suonavano insieme in un’altra band) e siamo partiti. C’è da dire anche che sia con Silvia sia con Elena siamo amici da moltissimo tempo, per cui è stato facile partire con un certo affiatamento. Anche grazie a Bobby Liebling…
Il vostro immaginario è legato a quello della tradizione fantasy eroica, a partire da Howard e il suo Conan. Cosa vi ha spinto ad utilizzarlo e come vi siete mossi per dare al tutto un tocco personale?
Onestamente, all’inizio, quando abbiamo cominciato a scrivere i testi per la band ed a pensare ad un moniker, avevamo molti spunti e molte direzioni tematiche. Principalmente, non mi convinceva l’idea di utilizzare tematiche esoteriche od oscure, anche perché per parlare di certi argomenti o ci sei dentro per bene oppure sei un millantatore wannabe e ci sono veramente un sacco di band che ruotano attorno agli stessi temi. Ho una grande passione per la letteratura fantasy e fantastica, sono un po’ nerdy, e ad un certo punto mi son trovato a scrivere delle righe mentre ascoltavo Master Of The Universe degli Hawkwind (nel quale alcuni testi sono opera di Michael Moorcock, uno dei miei scrittori di genere preferiti). Ho pensato che fosse la strada giusta, l’immaginario che cercavo. Inoltre una tematica fantasy “primordiale” si adattava perfettamente al nostro stile di riffing e ritmico. Ho proposto la cosa alle ragazze che erano entusiaste del concetto. Per il moniker è stato difficilissimo, volevamo qualcosa di riconoscibile ed evocativo, qualcosa tipo Amon Düül, ma non trovavamo niente, quindi ce lo siamo inventato, partendo dalla parola “Crown”, e dandole un appeal più cimmero. In finale, c’è anche l’elemento sfida: fare delle liriche fantasy e non sembrare necessariamente i Manowar non è così facile.
Chi si è occupato dell’artwork e del logo, davvero perfetto nel rappresentare la vostra proposta musicale?
Della parte grafica si è occupato Raoul di View From The Coffin, che è bravo e versatile; infatti ha dovuto addirittura acquerellare la cosa a manina come si faceva una volta, sotto una falsa promessa di fargli conoscere Renato Pozzetto. Praticamente ci siamo capiti subito e al secondo schizzo eravamo già sulla strada giusta. Il primo era un maneki neko (la tipica figura giapponese del gatto portafortuna) schiacciato dal possente martello Mjöllnir, ma ci sembrava troppo di buon gusto.
Se l’immaginario si rifà al passato, anche a livello musicale sembrate legati ad un’epoca remota. Cosa vi affascina di quelle sonorità e quali nomi vi hanno maggiormente ispirato?
Be’, per farla breve diciamo che il feedback dell’ampli a manetta batte tutti i plug-in del mondo. Abbiamo deciso in partenza di fare le cose alla vecchia maniera, usiamo anche una strumentazione abbastanza vintage. Per fare Hyborian Age ci siamo presi un pomeriggio e in sei ore di presa diretta è stato registrato tutto. Personalmente godo molto con le imperfezioni nei dischi, mi piace sentire le sbavature ed anche i fuori-tempo. È bello pensare che una registrazione sia ancora “umana”, far percepire anche il suono dei muri di una sala prove. Se i pezzi sono belli ed hanno appeal potrebbero anche essere rovinati da un’eccessiva post-produzione. Alla fine i miei dischi preferiti sono stati fatti con pochissimi mezzi e con questa band mi interessa riproporre quel mood. Ci sono un sacco di band che ci hanno dato spunto, tra loro Sleep, Acid King, Pentagram, Cathedral, Hawkwind, Candlemass e ovviamente su tutte i Sabbath.
Nonostante un background tipicamente proto-metal, sembrate però non disdegnare punti di contatto con realtà differenti (ad esempio mi è sembrato di ravvisare qualche punto di contatto con il primo Danzig solista). Cosa deve avere un sound per attrarre il vostro interesse e poter confluire nei Kröwnn?
Ci piacciono le band che creano immaginario ed atmosfera, con dei riff potenti ed ipnotici. Ci piacciono le band che sviluppano uno stile altamente riconoscibile. Non credo ci sia un limite agli spunti che un gruppo può avere ed immettere nel proprio sound, sarebbe stupido e limitante darsi dei paletti di qualsiasi natura. Danzig, come Peter Steele coi Type O Negative, sono band che amiamo moltissimo sia per sound sia per tematiche, quindi risulta quasi involontario l’avvicinamento ad alcune nostre sonorità, benché il nostro set-up sonoro di base è più simile al doom proposto da altri artisti.
La formazione ricorda il classico power-trio, una scelta consapevole o il semplice incontro tra persone che si bastano vicendevolmente? Avete mai provato la curiosità o la voglia di sentire come sarebbero suonati i brani con una formazione allargata?
La band è nata così, da noi tre, nessuna premeditazione o ragionamenti a tavolino. La chimica che si è creata fra noi è buona, lavoriamo sui pezzi con molta armonia. Sinceramente non credo ci sia bisogno di nessun altro. Ecco, se venissero Iommi o Matt Pike a fare due riff non direi certo di no.
Bandcamp, Soundcloud, Facebook, Twitter: credete che la rete potrà sostituire le label dando la possibilità ai musicisti di curare i loro interessi in prima persona? Quanto ha contato per voi l’utilizzo della rete per promuovere la vostra musica in prima persona e, nel caso, nel sostenere la scelta di autoprodurvi il disco?
I social sono dei mezzi molto efficaci per la promozione di qualsiasi cosa, musica in primis, anche perché la gente ci passa quasi tutta la giornata sopra. È meraviglioso come i dischi circolino facilmente in free download e come band distanti si conoscano e interagiscano con pochi click. Ricorda una versione iper-vitaminizzata dello scambio di demo in cassetta dei bei tempi andati. È anche un’arma a doppio taglio: essendoci di tutto possono sfuggire molte cose valide e si dimentica la concretezza della realtà. Io per esempio mi trovo spesso ad accettare inviti di band che poi non ascolto minimamente, anche perché, di regola, mi piace ascoltare un album approfonditamente e più volte per riuscire ad assimilarlo. Bandcamp e Facebook ci hanno portato un sacco di contatti e abbiamo venduto molte copie del demo negli angoli più disparati del mondo, e ci hanno fatto incrociare con svariate label per la distribuzione e la ristampa (in cassetta anche!), siamo molto soddisfatti.
Cosa mi dite di Venezia e della sua scena locale? Quali altre realtà esistono e con quali interagite?
Venezia e Mestre hanno una quantità di band fighe da non crederci. Ci sono una miriade di proposte validissime nei generi più differenti. Purtroppo spesso succede che ci siano le solite menate d’invidia o “concorrenza”, e ci sono pochissimi posti adeguati dove fare un live con tutti i crismi. Ne abbiamo parlato tra noi qualche volta: non ci interessa fare concerti con gli ampli a 1, per cui niente music pub o cose del genere. Noi dobbiamo ancora iniziare a fare live, quindi la nostra interazione con gli altri è ancora a livello zero, ma bene o male conosciamo quasi tutti.
In generale, come vedete la situazione in Italia, credete ci sia ancora una differenza a livello di possibilità tra l’essere nati altrove e nel Belpaese?
Quella delle povere band italiane che non sfondano per la sfiga dei propri natali è una mezza verità. La parte che ritengo vera (chiunque abbia suonato all’estero l’ha vista coi propri occhi in forma contraria) è che qui si perde un sacco di tempo a catalogare, giudicare, frazionare le band in mille scene inefficaci ed elitarie piuttosto che andare a un concerto a scapocciare di brutto e godersi un bel live. Spesso la gente va per vedere quanti sbagli fa un gruppo sul palco o a contare le note che fa il solista, o a farsi le seghe su chi ha l’accordatura più bassa. Fuori funziona diversamente, ed ecco perché c’è una gestione dell’underground molto più funzionale ed efficace. Inoltre, chi organizza concerti in ogni parte del mondo sa cosa fa (bene o male), mentre qui ci si improvvisa sempre un po’ troppo. Poi ci sono casi di band che per fortuna escono da questi schemi facendo figuroni, mi vengono in mente gli Ufomammut, di cui ho grande rispetto.
Porterete in giro dal vivo Hyborian Age? Nel caso avete già qualche appuntamento da segnalarci?
Speriamo vivamente di sì! Nel caso qualcuno voglia farci suonare, ci scriva a krownnofdoom@gmail.com, siamo disponibilissimi. Per ora stiamo semplicemente facendo conoscere il demo in giro, speriamo di calcare presto qualche palco. Suoniamo anche in cotta di maglia, su richiesta.
Grazie mille del vostro tempo, vi lascio liberi di concludere come preferite…
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