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Kuala Lumpur War Crime Tribunal: processo Palestinesi vs Israele rimandato sine die

Creato il 29 agosto 2013 da Informazionescorretta

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Tribunale di Kuala Lumpur per i crimini di guerra (KLWCT) – Convocazione 21- 24 agosto 2013 per il processo contro lo stato di Israele e il generale Amos Yaron imputati di genocidio e crimini di guerra continuativamente perpetrati contro la popolazione Palestinese.

All’origine: le denunce presentate dai Palestinesi al KLWCT nel corso del 2012 per i fatti di Gaza, Cisgiordania, Sabra e Shatila. Dopo l’esame delle denunce, il Tribunale ha fissato il procedimento formale contro gli accusati. Per l’accusa sono stati chiamati a deporre i testimoni oculari sopravvissuti al massacro di Sabra Shatila e all’operazione Piombo Fuso1.
In qualità di esperti, convocati il chirurgo e saggista Dr Ang Swee Chai, e Paola Manduca, genetista e docente dell’Università di Genova peer illustrare l’impatto sulla salute, soprattutto dei i bambini, delle nuove armi utilizzate negli attacchi a Gaza.

Amos Yaron: accusato per crimini contro l’umanità e genocidio nella sua veste di Comandante Generale israeliano responsabile del controllo militare a Sabra e Shatila, campi profughi presso Beirut Libano, durante l’occupazione israeliana del 1982. Specificatamente, per aver consapevolmente facilitato e permesso le uccisioni di massa della popolazione nei due campi profughi in violazione di: Regolamenti dell’Aja sulla guerra terrestre del 1907, Quarta Convenzione di Ginevra del 1949, Convenzione sul genocidio 1948, Carta di Norimberga 1945, Giudizio di Norimberga 1946, dei principi di Norimberga 1950 e del diritto internazionale consuetudinario, ‘jus cogens’, nonché del diritto internazionale umanitario.

Stato d’Israele: accusato di perpetrare dal 1948 a oggi azioni che causano morte e gravi danni fisici con l’’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, il popolo palestinese. Tale comportamento costituisce il crimine di genocidio secondo il diritto internazionale, la Convenzione sul genocidio del 1948 articolo II e punibile ai sensi dell’articolo III di detta convenzione. Costituisce altresì crimine di genocidio come previsto dall’articolo 10 della Carta del KLWCT . Tale condotta come potenza occupante viola anche il diritto internazionale consuetudinario come stabilito nella Convenzione dell’Aia del 1907 concernente le leggi e gli usi della guerra terrestre, e nella Quarta Convenzione di Ginevra del 1949. Tale comportamento costituisce anche crimine di guerra e contro l’umanità in base al diritto internazionale.
Il team che rappresenta l’accusa è guidato da Gurdial S Nijar, docente di Diritto e saggista, già Procuratore nel procedimento contro Tony Blair e George Bush, concluso con la condanna in absentia degli imputati per l’aggressione all’Iraq [vedere articolo di questo blog.] . Lo affianca Francis Boyle, docente all’Università dell’Illinois, avvocato specializzato in Diritto Internazionale, attivista dei Diritti Umani, noto per le sue prese di posizione critiche verso Amnesty USA per connivenza con il governo americano.

Svolgimento del dibattimento, primo giorno

Il Procuratore “onde preservare l’integrità del tribunale” presenta istanza di ricusazione del giudice David Eric per sospetta parzialità. La motivazione addotta: aver emesso parere giuridico (presentato in fotocopia alla Corte) favorevole alla rimozione dall’elenco del terrorismo mondiale del PMOI, gruppo di opposizione al governo dell’Iran, esponendo la circostanza che anche da fonte dell’Intelligence americana il gruppo sarebbe un’emanazione del Mossad, l’Intelligence di Israele.
L’Amicus curiae Jason Kay interpellato dalla Corte esprime il parere che tali accuse del Procuratore non sono supportate da prove chiare, e che il pregiudizio percepito non costituisce pregiudizio effettivo. In conformità a questo parere, il Tribunale respinge l’istanza della Pubblica Accusa e ordina che tutti i riferimenti formulati sul giudice Eric siano esclusi dal verbale del processo.
La Pubblica Accusa richiede in seconda istanza l’autosospensione del giudice; nuovo rigetto della Corte che aggiorna l’udienza al giorno 22.

Svolgimento del dibattimento, secondo giorno

La Corte ammette la lettura di una dichiarazione collettiva e ufficiale dei Testimoni, che viene letta da Walid Elkhatib, medico in Cisgiordania

“Gli Ebrei hanno vissuto in pace e sicurezza con pieni diritti sotto il governo arabo-islamico per centinaia di anni. L’ideologia arcaica e reazionaria di un gruppo di Ebrei sionisti ha voluto la creazione di uno stato ebraico di Israele a spese di un altro popolo segnando l’inizio della lotta dei Palestinesi. Noi siamo Palestinesi venuti a testimoniare quest’ingiustizia, e noi stessi siamo vittime di tale storica ingiustizia. Siamo venuti qui liberamente e senza preconcetti, ma abbiamo visto ieri il tono inappropriato e di condiscendenza con cui il collegio dei Giudici si è rivolto ai rappresentanti dell’Accusa, nonostante essi siano un gruppo di avvocati ben noti e rispettati. Per questo temiamo di poter subire noi stessi il medesimo trattamento, o peggio.
Vorrei ricordare alle loro Eccellenze che non siamo solamente testimoni ma vittime con le prove di torture subite, d’insulti e violazioni dei nostri diritti umani in tutti gli ambiti, per non parlare delle stragi che la nostra popolazione ha dovuto subire. Abbiamo il diritto, pertanto, di non esporre noi stessi o la nostra gente ad altre offese. Non vogliamo che la Corte proceda in questo modo contro di noi. Per tutti questi motivi non ci resta altra scelta che esprimere la nostra indisponibilità a continuare con questa Corte essendo le circostanze chiaramente negative “.

Al termine di questa dichiarazione, prendendo atto dell’indisponibilità dei testimoni a comparire davanti alla Corte alla presenza del giudice Eric, il Procuratore Capo, ritenendo indispensabili le testimonianze orali a fianco di quelle documentali, ribadisce l’insoddisfazione verso la Corte per non aver tenuto conto che si tratta, non solo di testimoni, ma di parti lese, di vittime. Chiede, pertanto, che il procedimento venga aggiornato sine die (a una data da definire). Segue un acceso dibattito e l’aggiornamento dell’udienza al pomeriggio per dare tempo ai giudici di concordare una posizione definitiva sulla richiesta della Pubblica Accusa.
Alla ripresa, prende la parola il giudice Salleh Buang e riassume i momenti cruciali della sequenza degli eventi, esprimendo dolore e rammarico per il lavoro preparatorio dell’udienza finito nel nulla, e delusione per la “violazione delle regole di comportamento” del team della Pubblica Accusa per non aver accettato “rispettosamente” le decisioni della Corte e per non essersi scusato, in particolare con il giudice Eric. Viene, infine, accettata la richiesta di aggiornare sine die il processo.

Dichiarazione finale del giudice Salleh Buang

Impossibile assumere una posizione sicura su questo stallo che è un grave danno per la causa palestinese, ma si possono fare delle considerazioni.
Innanzitutto delude e preoccupa il persistente disinteresse dei media verso i lavori della Commissione di Kuala Lumpur contro i crimini di guerra, già constatato in occasione del processo che ha condannato Bush e Blair.
Si tratta ovviamente di processi simbolici , senza effetti concreti per i condannati, tuttavia lo scrupolo con cui essi vengono istruiti consente la trasmissione degli atti agli organi internazionalmente riconosciuti, come la International Criminal Court dell’Onu. Tanto più stupisce questo disinteresse a fronte dell’attenzione quotidiana e del clamore per eventi di cui s’ignora e non s’indaga la fondatezza. (*1)

Il giudice contestato, il belga David Eric, è stato tra i promotori del Tribunale per l’Iran (2012) che ha emesso sentenza di condanna dello stato iraniano per crimini contro l’umanità. Circa il parere giuridico favorevole al PMOI (MKO secondo un altro acronimo) occorre tenere presente che il movimento, autore di attentati sul territorio iraniano anche contro stranieri, è la fonte di informazioni anti – Iran (*2) soprattutto per quanto riguarda il progetto del nucleare. A servirsene, va sottolineato, è prima di tutto l’Aipac, American Israel Public Affair, la potentissima lobby degli interessi israeliani in America, senza il cui sostegno è arduo arrivare alla Casa Bianca (*3).
Non sono, quindi, del tutto campate in aria la diffidenza dei testi palestinesi e la richiesta di ricusazione da parte del Procuratore. Può essere comprensibile che la Corte non si sia espressa a favore della ricusazione marchiando di sospetta parzialità Eric, ma è completamente inspiegabile che si sia opposta all’ eventualità di una sua autoricusazione.

Non mi è stato possibile appurare se quest’azione legale presso il KLWCC sia stata promossa da un gruppo di Palestinesi esclusivamente a titolo personale. Ciò è presumibile, purtroppo, stante i cattivi rapporti fra Hamas/ Gaza e AP/Cisgiordania e perché nessun organo internazionalmente riconosciuto rappresenta i Profughi Palestinesi. L’Agenzia di notizie di Ramallah, secondo le mie ricerche, non ha dato notizia né del procedimento né della sua conclusione; nulla ho trovato, e ciò è ovvio, sui quotidiani israeliani.

Per questa ragione non è possibile comprendere i retroscena di questo stallo del processo, se i Palestinesi hanno sfiduciato l’intera Corte a seguito di un consiglio lucido e lungimirante della Pubblica Accusa o se quest’ultima sia stata sorpresa da un’autonoma decisione dei testimoni.

L’auspicio è che il sine die, non si prolunghi all’infinito diventando un blocco definitivo, una nuova sconfitta per il diritto dei Palestinesi di ottenere, almeno dal punto di vista morale, una condanna dell’oppressione Israeliana. Per ora è un’ombra che resta sul KLWCC: l’essere stato, questa volta, meno limpido che nel passato.

Resta una domanda: si ventilava che il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte dell’Assemblea ONU, sia pure solo come stato osservatore, avrebbe consentito all’ AP di denunciare Israele presso la Corte Penale Internazionale. Vediamo, invece, un’azione che non va in porto neppure presso un Tribunale dagli effetti esclusivamente morali. Che valore ha, pertanto, quel riconoscimento dell’Onu? E può valersene concretamente il popolo palestinese ostaggio dei conflitti fra le leadership?

Note

*1 Per la petizione “No Confidence” per le dimissioni del Presidente egiziano Morsi, nessun media ha indagato su chi aveva finanziato la raccolta delle firme da parte dei Tamarrod, verificato la cifra pubblicizzata – e quantificata variamente fra i 20 e i 25 milioni – e sulla dinamica della raccolta, sul metodo di controllo delle identità. Pur tuttavia essa è stata data e reiterata dai media come giustificazione sia per l’avvenuto colpo di stato militare, sia per evitare di definirlo un golpe.

*2 Nei commenti per l’elezione a Presidente dell’Iran di Hassan Rohani, globalmente definite come un “moderato”, tre sole persone si sono dette preoccupate e contrarie a questa definizione: Benjamin Netanyahu, PM di Israele, John Bolton, ex ambasciatore Usa all’Onu e Maryam Rajavi, moglie del leader del gruppo terrorista PMOI/MEK e co-fondatrice.

*3 Nel marzo 2012, con i sondaggi elettorali deludenti, Obama al ricevimento nella sede dell’Aipac esordisce “We are bound to Israel because of the interests that we share – in security for our communities; prosperity for our people; and new frontiers of science that can light the world.”


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