di Damiano Benzoni
Recensione a Crvena Zvezda, di Enrico Varrecchione (Otaria, pp. 182, 10 €)
E se? E se il 9 novembre 1988 l’arbitro tedesco Dieter Pauly non avesse deciso di sospendere per nebbia il ritorno degli ottavi di finale di Coppa dei Campioni tra Stella Rossa Belgrado e Milan allo stadio Marakana di Belgrado? Nella nebbia di Belgrado, immagina Enrico Varrecchione nel suo libro d’esordio Crvena Zvezda, il risultato del campo avrebbe eliminato il Milan, impedendogli di continuare la strada verso la finale, vinta nella realtà per 4-0 contro lo Steaua Bucarest. E se il Milan non avesse vinto quella Coppa dei Campioni, allora forse sarebbero cambiate tante altre cose, a partire dal destino politico di un uomo che da quel trionfo europeo pose le basi della sua discesa in campo sei anni più tardi, nel 1994.
E se, dunque? L’idea è che, in fondo, non sarebbe cambiato poi molto: che quell’uomo che tanto ha cambiato il volto dell’Italia negli ultimi vent’anni, in fondo, non è stato l’artefice di un cambiamento, ma abbia semplicemente trovato un posto che era lì, da occupare, e l’abbia sfruttato. Il fantasma di quell’uomo, e di una classe politica corrotta, è presente in tutto il romanzo di Enrico Varrecchione, che sottolinea l’ucronia con un’appendice in stile Wikipedia, dando le coordinate di quell’universo parallelo che si sarebbe creato se, nella nebbia del Marakana di Belgrado, Dieter Pauly non avesse interrotto la partita per farla giocare il giorno successivo. E se può far sgranare un po’ gli occhi un’ucronia che lascia la realtà in fondo così simile a quella odierna, il succo di Crvena Zvezda è quello, e viene raccontato attraverso una storia che intreccia Belgrado con la provincia piemontese, e che tiene legati i destini delle diverse voci che si incrociano a Novi Sad.
I capitoli di Crvena Zvezda sono brevi, asciutti e in prima persona, tutti raccontati dalla voce di uno dei personaggi della vicenda: una strutturazione interessante che però racchiude anche uno dei limiti della scrittura di Enrico Varrecchione, che ancora non riesce a dare una voce distintiva ai singoli personaggi/narratori come saprebbero fare un Irvine Welsh o un David Peace. Come ne La Famiglia Winshaw di Jonathan Coe, in cui le vicende e gli affetti personali del protagonista erano stretti in maniera soffocante al cappio del thatcherismo, in Crvena Zvezda le storie dei personaggi inciampano l’una sull’altra, legate non dall’iperliberismo della Lady di ferro, ma dal cadreghismo e dalla corruzione della nostra classe politica, capace, pur nella sua incompetenza e nell’assenza di una visione politica di ampio respiro, di colpire con ferocia le vite di ogni individuo.
Enrico Varrecchione Crvena Zvezda (Otaria, pp. 182, 10 €)
Per acquistare il libro o contattare l’autore, il riferimento è al blog di Crvena Zvezda.