di Silvia Biasutti
Benché la narrazione abbia un incipit torbido, dove il delinearsi dei personaggi e dei fatti è dato un po’ per scontato, con il susseguirsi delle pagine emerge la storia avvincente di uno scienziato spagnolo che, in un suo viaggio di lavoro in Francia, incontra fortuitamente il fisico nucleare bielorusso Nesterenko, apaticamente seduto in un anonimo fast-food parigino dei nostri anni.
Nesterenko è un uomo stanco e malato, arrivato a Parigi grazie all’aiuto di una ONG locale. Con sé non ha documenti ed è restio a comunicare. Per un’incredibile coincidenza burocratica, lo scienziato spagnolo si trova a dover prendere in carico lo sconosciuto Nesterenko. Tra un flashback e l’altro, riemerge l’agghiacciante esperienza di Nesterenko, il quale ha vissuto nella temuta zona di esclusione, a pochi chilometri dalla centrale nucleare di Černobyl’, nel paese fantasma di Pripjat’. Il fisico bielorusso passa le sue giornate a visitare i bambini che vivono nella “Quarta zona”, andando di scuola in scuola con una fiammante bicicletta lasciata in fretta e furia da qualche evacuato dal disastro il 26 aprile del 1986.