L’ 11 settembre
La storia del secolo appena trascorso è una storia, nei suoi eventi caratterizzanti, di terrore e di terrorismo.
Terrore del potere costituito, terrorismo da parte di chi quel terrore intende combattere. Terrore, economico, fisico, psicologico, morale, ideologico.
Il secolo appena trascorso ci ha lasciato in eredità un accumulo di violenza che è oggi parte integrante, costitutiva della vita di questo pianeta.
Violenza sulle cose e sugli esseri viventi.
L’umanità di questa nostra epoca sembra essere caduta in una trappola mortale, imprigionata in un meccanismo incontrollabile, irrazionale, disarmante.
Denaro e potere tendono ad escludere dall’attuale orizzonte politico e culturale ogni altra forma di progetto esistenziale.Ad essi si accompagnano la cinica menzogna, l’intolleranza e la vocazione a delinquere.
Potere e ricchezza, lo sappiamo, sono parte della storia millenaria dell’umanità.
Ma mentre in passato le conseguenze di questa appropriazione rimanevano circoscritte e non intaccavano forme peculiari di civiltà e di economia locali, oggi travolgono e stravolgono ogni angolo della terra, violando in profondità modi di essere e di pensare.
A ciò si deve aggiungere la pretesa “democratica” di forme statali e di governo a immagine e somiglianza della parte più ricca e “progredita”.
Una forma camuffata di integralismo e di neocolonialismo, di dittatura economica interna e internazionale, che si viene a scontrare tragicamente con altre forme di integralismo politico e religioso.
A partire dal quel tragico settembre 2001, per un momento, credo, ci siamo illusi che la tragedia delle Torri gemelle di New York avrebbe spinto i potenti della terra ad una lungimirante meditazione sui tanti perché che essa proponeva; che quell’azione disperata e terribile avrebbe fatto capire che non è più possibile governare il mondo senza princìpi morali, senza un fondamento etico imperativo: impiegare tutte le energie materiali e spirituali per cominciare a dipanare il groviglio di cause che scatenano la violenza, internazionale e regionale, individuale e di gruppo, visibile e invisibile.
Non è più solo questione di giustizia sociale, di vere o presunte libertà, di ipocriti interventi “umanitari”, oggi è in gioco la sopravvivenza, il diritto primario alla vita, cioè al nutrimento, alla casa, agli affetti, alla sicurezza, al lavoro pacifico e solidale.
Tutto, invece, procede come da sempre, opponendo strage a strage, distruzione a distruzione, crudeltà a crudeltà.Una storia non di <libertà duratura>, come dichiarava lo spudorato Bush, ma di atrocità permanenti.
E non ci sono solo gli orrori dello sterminio, c’è anche l’orrore dei proclami inconsulti, della grida isteriche della parte più proterva dell’umanità:gli sciacalli, i farisei, i ruffiani, i lacchè di tutte le risme, quelli che appaiono in TV a soffiare sul fuoco della guerra, a difendere l’ignominia, a intimorire la parola saggia, a minacciare il buon senso di chi non si schiera con il loro interessato grido di vendetta.
Dobbiamo ricominciare daccapo.
Le idee e gli strumenti di cui sinora ci siamo serviti, sembra siano diventati ferri vecchi.
NICOLA LO BIANCO
Filed under: CHE VENTO TIRA