Magazine Diario personale

L -22

Da Icalamari @frperinelli

<<

L’ottimismo di Rodotà

L -22 

 

Un tal Rodotà, tutt’altro che folle,

Dopo aver schivato la guida dal Colle,

Come guru viene preso

Da chi vuol restare illeso,

Quasi fosse un materasso con le molle.

Ho letto Stefano Rodotà in parallelo sul Corriere della Sera e sul Manifesto. Mi è sembrato evidente che nonostante vengano riportati in maniera formalmente differente, i concetti espressi non si siano prestati ad interpretazioni  (quella che per il Corsera è un’esortazione, secondo il Manifesto è un appello – ma forse quel termine poteva risultare un contraltare involontariamente polemico alle tenera istigazione alla guerra civile del dolce Bon-Bondi). Riepilogo velocemente:

Le condizioni per la grazia a B. non ci sono, la cosa è fuori discussione.

La giustizia non è uguale per tutti. Per questo motivo in Italia la situazione è “inquietante”.

La riforma della giustizia non è una priorità, rispetto a quelle costituite da economia e lavoro.

Le larghe intese erano state fin dall’inizio una modalità azzardata, che non avrebbero potuto avere altro risultato che costi molto alti, in particolare per gli obiettivi a cuore dell’elettorato del centro sinistra.

Viviamo  i risultati di una legge elettorale che favorisce l’ingovernabilità.

La riforma costituzionale è un “colpo di stato” estivo che M5S e SEL hanno estorto al PD.

La via d’uscita risiede nella sostituzione (è un’esortazione o un appello?), nel calendario dei lavori parlamentari di settembre, della riforma della Costituzione con quella della legge elettorale, senza la quale non si può tornare alle urne con relativa serenità.

In conclusione Stefano Rodotà fa notare come il nostro non sia uno scenario del tutto negativo, visto che sono ancora in circolo nella società contemporanea degli “anticorpi democratici”, e che i cittadini dimostrano quotidianamente di sapere e volere utilizzare i mezzi a disposizione per mobilitazioni concrete  a favore dei temi “veri”, un chiaro riferimento alla raccolta firme “Respect“ Costituzione.

Nei giorni scorsi mi sono registrata e ho fatto un giro su “Partecipa” – Consultazione pubblica sulle riforme costituzionali.

Confermo ciò che ho già avuto occasione di dire: mi sembra uno strumento di consultazione democratica che vale la pena di utilizzare, quantomeno per dire la propria. L’ho utilizzato, infatti, notando che insieme alle opzioni previste per default sulle alternative relative alle voci oggetto di cambiamento della nostra Costituzione, è possibile esprimersi in favore anche di nessun cambiamento. Un “no” che andrebbe ad aggiungersi a quello eventualmente già espresso attraverso la petizione sostenuta da Il Fatto Quotidiano.

Mi piace la combattività e l’ottimismo di Rodotà. Trovo difficile immaginare di imboccare un cambiamento non violento nel nostro paese senza essere supportati da un atteggiamento minimamente costruttivo.

Insomma, io ci provo a pensare positivo, sperando che la Storia mi dia ragione.

Qualche pagina dopo l’intervista a Rodotà, sul Manifesto si poteva leggere anche un suggestivo racconto di Davide Orecchio (Un ebreo Usa a Berlino) che ricorda fino a che punto chi vive in una determinata epoca, trovi plausibile qualunque ipotesi sugli sviluppi a breve termine del corso degli eventi nei quali si trova immerso.

Protagonista ne è Abraham Plotkin, sindacalista americano che, pochi mesi prima dell’incendio del Reichstag, parte da San Francisco e si insedia a Berlino. Per la durata della narrazione, il lettore si ritrova traslato dietro lo sguardo del redattore di un diario, dato successivamente alle stampe nel paese di origine, nel quale registra gli eventi, “intuisce, dubita, sottovaluta”. Esercita “il privilegio del diarista”, colui che “vive e scrive di vivere. Vede, e descrive quel che vede, e l’atto del vedere”. Incontra i contemporanei e, con loro, ancora riesce a ipotizzare “scenari che non avrebbero dato esiti, eppure altrettanto verosimili, se non probabili del cupo avverarsi del totalitarismo”.

Allo scopo di irrobustirsi e rimediare alle pecche della propria nascita yankee,  cercando di comprendere il funzionamento dello stato sociale e il “segreto” dei provvidi sussidi all’abnorme numero di disoccupati, Plotkin mette in atto “la ritenzione del diarista” e indossa “la spugnosità del viaggiatore”: cammina, vive, parla immerso tra la gente. Una folla di individui tra i quali spiccano “molte personalità della classe dirigente socialdemocratica e sindacale berlinese”. Folla che Davide Orecchio trasforma presto in un coro del teatro greco, drammatico contrappunto alle dichiarazioni ingenuamente fiduciose di Plotkin sull’incalzare degli avvenimenti.

Finché nel corso della notte del ventisette febbraio 1933, si ritrova “costretto a testimoniare” la fine di ogni congettura differente da ciò che è ormai è divenuto “fatto inevitabile in quanto accaduto”.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :