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La trama (con parole mie): Los Angeles, primi anni cinquanta. L'impero di Mickey Cohen è crollato lasciando un vuoto di potere che avrebbe condizionato per anni la lotta per il predominio del lato oscuro della Città degli angeli, tra scandali, droga, uccisioni e pornografia di lusso.In questo contesto dalla doppia faccia - quella pulita e degli spot pubblicitari e delle serie televisive e quella degli affari loschi da seppellire nella notte - si muovono il sergente Jack Vincennes - abituato a ricevere puntualmente mazzette per offrire servizi scandalistici ed arresti "illustri"-, l'agente Budd White - segnato dalle violenze subite ad opera del padre e strenuo difensore delle donne in difficoltà dai modi brutali - e la promessa del corpo di polizia Edmund Exley, preciso e fedele alle regole nonchè abile politico.A seguito di un vero e proprio massacro commesso in una caffetteria, le vicende professionali e le vite private dei tre si troveranno ad sovrapporre finendo per scatenare un vero e proprio caos all'interno del dipartimento di Hollywood: riusciranno a risolvere lo spinoso caso e mettere fine ad un cancro che si sta propagando in città?
La recente visione del mediocre seppur ben confezionato Gangster squad, ed il fatto che Julez non aveva ancora affrontato quello che è da considerarsi come uno dei cult meglio confezionati del Cinema noir anni novanta, hanno contribuito al concretizzarsi del recupero di L. A. Confidential, titolo che anno dopo anno e visione dopo visione acquista una sempre maggiore credibilità ponendosi come uno dei più solidi e convincenti esempi di Classico moderno - almeno per quanto riguarda gli States - da grande schermo.
Costruito a partire da un romanzo di James Ellroy - uno dei nomi di riferimento del genere - e basato su uno script ad orologeria - firmato anche dal veterano Brian Helgeland -, quello che, ad oggi, è il lavoro migliore dell'artigiano Curtis Hanson è un poliziesco a tinte fosche nella migliore tradizione dei suoi capisaldi - da La fiamma del peccato a Il mistero del falco - orchestrato sfruttando un cast in forma smagliante ed in grado di inchiodare alla poltrona dall'inizio alla fine, riservando ben più di una scena memorabile ed un paio di twist da manuale.
Ai tempi della sua uscita ricordo la fama che conquistò praticamente da subito, riuscendo a mettere d'accordo sia gli spettatori radical chic - e allora, purtroppo, ero anche io nel novero - e quelli di grana grossa, giocando sul fascino di un terzetto di protagonisti a dir poco perfetto - trovo che Budd White sia uno dei personaggi migliori, se non il migliore, che Russell Crowe abbia avuto la fortuna di interpretare - ed una trama avvincente in grado di richiamare sia elementi cardine dell'hard boiled che un pizzico di violenza quasi pulp nel pieno rispetto di quello che era, ai tempi, il nuovo volto della settima arte statunitense sconvolta dalla tempesta tarantiniana.
Occorre ammettere, inoltre, che uno dei grandi pregi di questa pellicola risiede nella sua compattezza, talmente importante da non cedere rispetto alla tensione neppure all'ennesima visione concessa, con il sottoscritto che ancora si emoziona in quello che è il passaggio simbolo della storia, quel "Rollo Tomasi" che dimora nell'Olimpo dei momenti da ricordare di quel decennio cinematografico.
Per il resto, oltre ad una messa in scena rispettosa dell'epoca ed ottimamente realizzata - al timone del comparto tecnico, del resto, troviamo un certo Dante Spinotti, uno dei migliori di tutti i tempi per quanto riguarda la materia del production design -, sono interessanti tutti i temi trattati dentro e fuori la storia principale, dal razzismo - emblematico l'episodio dei tre giovani delinquenti di colore - alla brutalità delle forze dell'ordine, dalla condizione della donna - costretta a sognare un futuro costruito a suon di concessioni al "sesso forte" - all'equilibrio di potere che viene gestito all'interno della polizia così come in una famiglia criminale, con silenzi, spiate, spalle più o meno coperte e crisi di coscienza che si mescolano con il rispetto - oppure no - delle regole.
In questo senso i tre main charachters forniscono ottimi spunti per la riflessione, dal ligio fino al risultare odioso - e tendenzialmente arrivista - Exley al disequilibrato White, semper fidelis nel bene e nel male e mente sottovalutata celata da un braccio troppo spesso in movimento, senza contare il controverso Vincennes, sornione ed abile nel riuscire in qualunque modo a galleggiare in mezzo a tutta la merda che la Los Angeles per bene delle cartoline cerca di nascondere sotto un tappeto troppo corto.
E proprio questo pare il senso dell'intero lavoro: una sorta di Viale del tramonto di una città che è stata ed è il sogno di migliaia di persone a qualsiasi latitudine, una delle capitali del Cinema e delle stelle, e che nel corso dell'ultimo secolo ha segnato la fine di carriere e vite sacrificate sul suo altare di Eldorado di rampe di lancio che spesso e volentieri rivelano dietro il loro sipario un finale tragico.
Dunque occhi aperti e zitti zitti, perchè non si sa mai chi potrebbe pugnalarvi alle spalle, e soprattutto perchè la Città degli angeli è una puledra selvaggia e per nulla disposta ad andare per il sottile: dunque, se vorrete domarla, dovrete essere disposti a qualche sacrificio.
"A qualcuno la gloria, a qualcun'altro una puttana ed un paesino di campagna", sentenzia Lynn.
E nessuna delle due strade si presenterà ai vostri piedi come un tappeto rosso senza chiedere qualcosa in cambio.
MrFord
"Hush, hush
I thought I heard her calling my name now
hush, hush
she broke my heart but I love her just the same now
hush, hush
thought I heard her calling my name now
hush, hush
I need her loving and I'm not to blame now."Deep Purple - "Hush" -
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