Roma, oggi. Yuri Pelagatti (Antonio Albanese) è un attore di teatro che sta attraversando un momento difficile.
Separato dalla moglie Carla (Clotilde Sabatino), che lo ha lasciato stanca dei suoi continui tradimenti, incontra difficoltà nel rammentare le battute una volta in scena, anche perché quanto si trova attualmente a recitare presenta non poche similitudini con ciò che ha dovuto affrontare nella vita reale. Considerate le problematiche finanziarie, difficile trovare una scrittura decente alla presenza del descritto impasse, Yuri pensa di rivolgersi a tale Arturo Merlino (Carlo Verdone), investigatore privato con un passato da carabiniere, perché gli fornisca le prove che la sua ormai ex consorte frequenta un altro uomo, così da evitare di pagarle gli alimenti e continuare comunque a vedere i due bambini. In realtà non è che Merlino se la passi poi tanto bene: divorziato (l’ex moglie vive a Miami con un greco), coabita con la svanita zia Elide (Virginia De Brescia) e riesce a racimolare qualche soldo grazie alla soluzione di piccoli casi (il recupero del gatto Benito di un generale in pensione).
Antonio Albanese
Niente a che vedere con le mirabolanti avventure vissute dal suo alter ego Peter York, protagonista assoluto di un romanzo che il nostro aggiorna continuamente, gesta che entusiasmano la barista Lena (Anna Kasyan), aspirante cantante lirica, la cui affettuosa amicizia sembra essere l’unica gioia che la vita possa ancora concedere al bonario detective. Accettato il caso, un banale contrattempo farà sì che all’interno di un ristorante anziché la conversazione fra Carla e il suo amante venga intercettata quella intercorsa tra un’altra coppia, relativa alla consegna di una misteriosa valigetta, della quale Yuri vorrebbe entrare in possesso, temendo che contenga alcune foto compromettenti che lo riguardano e con le quali Carla intenderebbe, a suo dire, ricattarlo. Con la complicità di Arturo il “colpo” andrà a segno, ma all’interno della suddetta valigetta anziché le foto i due troveranno 1 milione di euro, in banconote da 500… Da qui in poi sarà il susseguirsi di tutta una serie di rocambolesche avventure, alle prese con brutti ceffi al soldo di un misterioso e sinistro “uomo elegante” (Massimo Popolizio)…
Giuliano Montaldo e Carlo Verdone
Confesso che nel corso della visione di L’abbiamo fatta grossa, ultima fatica di Carlo Verdone, regista, attore e sceneggiatore (in tale ultimo caso insieme a Pasquale Plastino e Massimo Gaudioso), ho avvertito un senso di straniamento, fino a sentirmi del tutto spiazzato. Una sensazione dovuta non tanto al ricordo delle sue “vecchie” realizzazioni, quanto al rammentare gli ultimi lavori, in particolare il precedente Sotto una buona stella, ad avviso di chi scrive già apportatore di un drastico cambio di rotta. Ferma restando la notevole capacità di fornire una compiuta analisi di costume, inserendosi nella tradizione della nostra migliore commedia, la disamina della realtà nel film citato trovava infatti il suo assunto di base in una narrazione particolarmente curata e attenta alle singole interpretazioni attoriali, attraverso la quale il reale veniva visualizzato, non trasmutato, tramite un particolare mix d’ironia, spunti riflessivi ed intimistici, fra malinconia ed un tocco di bonario cinismo. Una messa in scena incentrata dunque non più sui tipici personaggi trasfigurati dal reale, protagonisti delle prime opere, ormai vere e proprie icone dell’immaginario collettivo, che celavano comunque, tra tic e vezzi vari, una malinconica e pacata riflessione sulle sorprese che la vita ci riserva (le occasioni mancate, quanto ci viene dato ed improvvisamente tolto, l’amore e l’impossibilità di viverlo nella sua “normalità”).
Verdone e Anna Kasyan
Ora Verdone ci propone un ulteriore cambiamento, volto probabilmente ad assecondare un captato mutamento dei gusti del pubblico, ovvero una sorta di distacco dalle problematiche sociali precedentemente affrontate, senza comunque abbandonarle del tutto, per prediligere un’ulteriore attenzione alla costruzione complessiva della storia, curandone l’articolazione dell’iter narrativo, con quest’ultimo che propende verso una riuscita mescolanza dei toni propri della commedia con quelli del giallo. Curata al millimetro la tempistica della recitazione, intenta a far sì che la risata nasca dalle diverse situazioni cui vanno incontro i personaggi e le modalità con le quali questi ultimi le affrontano, così come non va trascurata l’eleganza della messa in scena complessiva, con riprese che prediligono zone della Capitale non sempre calcate dal cinema, ben rese dall’ottima fotografia di Arnaldo Catinari, attento all’uniformità dei colori.
La suddetta attenzione verso la recitazione, fa sì che oltre al duo protagonista, possano trovare risalto anche personaggi secondari, vedi il gustoso cammeo del regista Giuliano Montaldo (l’anziano generale) insieme alla moglie Vera Pescarolo e soprattutto la splendida Anna Kasyan, cantante lirica al suo debutto come attrice, particolarmente genuina e spontanea nella resa scenica, oltre a regalare al suo personaggio una empatica tenerezza.
Da non dimenticare poi l’insinuante e glaciale figura delineata da Popolizio.
Probabilmente un passaggio obbligato per un rinnovo definitivo, qui, riporto la mia personale sensazione, potenzialmente ma non del tutto concretamente espresso, che porta con sé la nascita di un nuovo duo comico che mi auguro possa trovare occasione di lavorare nuovamente insieme.
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