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L'Abete

Da Lory663
L'Abete
In mezzo al bosco si trovava un grazioso alberello di abete aveva per sé parecchio spazio, prendeva il sole, aveva aria a sufficienza, e tutt'intorno crescevano molti suoi compagni più grandi, sia abeti che pini, ma quel piccolo abete aveva una gran fretta di crescere. Non pensava affatto al caldo sole né all'aria fresca, né si preoccupava dei figli dei contadini che passavano di lì chiacchierando quando andavano a raccogliere fragole o lamponi. Spesso arrivavano con il cestino pieno zeppo di fragole oppure le tenevano intrecciate con fili di paglia, si sedevano vicino all'alberello e esclamavano: «Oh, com'è carino così piccolo!» ma all'albero dispiaceva molto sentirlo.
L'anno dopo il tronco gli si era allungato, e l'anno successivo era diventato ancora più lungo; guardandone la costituzione si può sempre capire quanti anni ha un abete.
«Oh! se solo fossi grosso come gli altri alberi!» sospirava l'alberello «potrei allargare per bene i miei rami e con la cima ammirare il vasto mondo! gli uccelli costruirebbero i loro nidi tra i miei rami e quando c'è vento potrei dondolarmi solennemente, come fanno tutti gli altri.»
E non si godeva affatto né il sole, né gli uccelli o le nuvole rosse che mattina e sera gli passavano sopra.
Quand'era inverno e la neve brillava bianchissima tutt'intorno, arrivava spesso una lepre e con un salto si posava proprio sopra l'alberello. “Che noia!” Ma dopo due inverni l'albero era così grande che la lepre dovette limitarsi a girargli intorno. “Oh! crescere, crescere, diventare grosso e vecchio, è l'unica cosa bella di questo mondo” pensava l'albero.
In autunno giunsero i taglialegna per abbattere alcuni degli alberi più grandi; questo accadeva ogni anno e il giovane abete, che ormai era ben cresciuto, rabbrividiva al pensiero di quei grandi e meravigliosi alberi che cadevano a terra con un fragore incredibile. I loro rami venivano strappati, così restavano lì nudi, esili e magri che quasi non si riconoscevano più, poi venivano messi sui carri e i cavalli li portavano fuori dal bosco.
Dove erano diretti? Che cosa ne sarebbe stato di loro?
In primavera, quando giunsero la rondine e la cicogna, l'albero chiese: «Sapete forse dove sono stati portati? Non li avete incontrati?».
La rondine non sapeva nulla, ma la cicogna sembrò riflettere un po', poi fece cenno col capo e disse: «Sì, credo di sì! Ho incontrato molte nuove navi, mentre tornavo dall'Egitto; avevano alberi maestri magnifici: immagino fossero loro, dato che odoravano di abete. Posso assicurarvi che erano magnifici, davvero magnifici!».
«Oh, se anch'io fossi abbastanza grande da andare per il mare! Ma com'è poi in realtà questo mare, e a cosa assomiglia?»
«È troppo lungo da spiegare!» rispose la cicogna andandosene.
«Rallegrati per la giovinezza!» dissero i raggi di sole. «Rallegrati per la tua crescita, per la giovane vita che è in te!»
Il vento baciò l'albero e la rugiada riversò su di lui le sue lacrime, ma l'albero non riuscì a capire.
Quando si avvicinarono le feste natalizie, vennero abbattuti giovani alberelli, che non erano ancora grandi e vecchi come quell'abete, che non
riusciva a avere pace e voleva sempre partire. Questi alberelli, che erano stati scelti tra i più belli, conservarono i loro rami e vennero messi sui carri che i cavalli trascinarono fuori dal bosco.
«Dove vanno?» chiese l'abete «non sono più grandi di me, anzi ce n'era uno che era molto più piccolo. Perché conservano i rami? Dove sono diretti?»
«Noi lo sappiamo! Noi lo sappiamo!» cinguettarono i passerotti «abbiamo curiosato attraverso i vetri delle finestre, in città. Sappiamo dove vengono portati! Ricevono una ricchezza e uno sfarzo inimmaginabili! Abbiamo visto attraverso le finestre che vengono piantati in mezzo a una stanza riscaldata e decorati con le cose più belle, mele dorate, tortine di miele, giocattoli e molte centinaia di candeline!»
«E poi?» domandò l'abete agitando i rami «e poi? Che cosa succede dopo?»
«Non abbiamo visto altro. Ma era meraviglioso!»
«Magari sarò anch'io destinato a seguire quel destino splendente!» si rallegrò l'abete. «E è molto meglio che andare per mare. Che nostalgia! Se solo fosse Natale! Ormai sono alto e sviluppato come gli alberi che erano stati portati via l'anno scorso. Potessi essere già sul carro! E nella stanza riscaldata con quello sfarzo e quella ricchezza! e poi? Poi succederanno cose ancora più belle, più meravigliose; altrimenti perché mi decorerebbero? Deve succedere qualcosa di più importante, di più straordinario, ma che cosa? Come soffro! che nostalgia! Non so neppure io che cosa mi succede!»
«Rallegrati con me!» dissero l'aria e la luce del sole «goditi la tua gioventù qui all'aperto!»
Ma lui non gioiva affatto. Cresceva continuamente e restava verde sia d'estate che d'inverno, di un verde scuro, e la gente che lo vedeva esclamava: «Che bell'albero!». Verso Natale fu il primo albero a essere abbattuto. La scure penetrò in profondità nel midollo; l'albero cadde a terra con un sospiro, sentì un dolore, un languore che non gli fece pensare a nessuna felicità era triste perché doveva abbandonare la sua casa, la zolla da cui era spuntato.
Sapeva bene che non avrebbe più rivisto i vecchi e cari compagni, i piccoli cespugli e i fiorellini che stavano intorno a lui, e forse neppure gli uccelli. La partenza non fu certo una cosa piacevole.
L'albero si riprese solo mentre veniva scaricato con gli altri alberi, quando udì esclamare: «Questo è magnifico! Lo dobbiamo usare senz'altro!».
Giunsero due camerieri in ghingheri che portarono l'abete in una grande sala molto bella. Tutt'intorno, sulle pareti, pendevano ritratti e vicino a una grande stufa di maiolica si trovavano vasi cinesi con leoni sul coperchio. C'erano sedie a dondolo divani ricoperti di seta, grossi tavoli sommersi da libri illustrati e da giocattoli che valevano cento volte cento talleri, come dicevano i bambini. L'abete venne messo in piedi in un secchio di sabbia, ma nessuno vide che era un secchio, perché era stato ricoperto di stoffa verde e era stato messo su un grosso tappeto a vari colori. Come tremava l'albero! Che cosa sarebbe accaduto? I camerieri e le signorine lo decorarono. Su un ramo pendevano piccole reti ricavate dalla carta colorata; ognuna era stata riempita di caramelle. Pendevano
anche mele e noci dorate, che sembravano quasi cresciute dai rami. Poi vennero fissate ai rami più di cento candeline bianche rosse e blu. Bambole che sembravano vere, e che l'abete non aveva mai visto prima d'allora, dondolavano tra il verde. In cima venne posta una grande stella fatta con la stagnola dorata; era proprio meravigliosa.
«Questa sera!» esclamarono tutti «questa sera deve splendere!»
“Fosse già sera!” pensò l'albero “se almeno le candele fossero accese presto! Che cosa accadrà? Chissà se verranno gli alberi del bosco a vedermi? E chissà se i passerotti voleranno fino alla finestra? Forse metterò radici qui e resterò decorato estate e inverno!”
Sì! ne sapeva davvero poco! ma gli era venuto mal di corteccia per la nostalgia, e il mal di corteccia è fastidioso per un albero come lo è il mal testa per noi.
Finalmente vennero accese le candele. Che splendore, che magnificenza! L'albero tremava con tutti i suoi rami finché una candelina appiccò fuoco al verde. Che dolore!
«Dio ci protegga!» gridarono le signorine e subito spensero la fiamma.
Ora l'albero non osava neppure più tremare. Che tortura! Aveva una gran paura di perdere qualche parte del suo addobbo, e era molto turbato per tutto quello sfarzo. Si aprirono i due battenti della porta e una quantità di bambini si precipitò nella stanza, sembrava quasi che volessero rovesciare l'albero. Gli adulti li seguirono con prudenza; i piccoli si azzittirono, ma solo per un attimo, poi gridarono nuovamente di gioia facendo tremare tutta la casa. Ballarono intorno all'albero e tolsero, uno dopo l'altro, tutti i regali.
... Continua

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