L'America mi ha fatto molto male. Quando videro che combattevo per mezzo della letteratura, decisero di distruggermi; non saprò mai se a causa del fatto che fossi un ex-galeotto degenerato che rifiutava di indossare l'abito della penitenza, o perché ero un negro che non accettava di porsi i loro problemi come se fossero suoi.
Ho cominciato a scrivere in prigione. Questo mi ha protetto sia dai detenuti che dai carcerieri. I detenuti negri nutrivano un rispetto istintivo, ed anche paura, nei confronti di chi poteva sedersi davanti ad una macchina da scrivere, ed il cui nome compariva su periodici e riviste. I carcerieri non potevano toccare chi ritenevano che fosse un personaggio pubblico.
Chester Himes (1909-1984)