Magazine Diario personale

L’abito non fa la donna. Ovvero:non importa ciò che indossi,sotto ci sarà sempre pelle.

Da V

Essere donna significa dover combattere un po’ più del necessario. Per tutta la vita. Siamo da sempre considerate la razza inferiore per eccellenza, una sorta di minoranza che trascende il colore della pelle,la religione,la nazionalità. Se nasci donna,nasci comunque in una posizione di svantaggio (che sarà pur differente a seconda delle varie culture, ma sarà comunque svantaggiosa).

Mi affascinano le donne musulmane: non solo sono incredibili (e palesi) le immense differenze, ma sono altrettanto eccezionali i punti in comune con una donna occidentale. Mi ritengo un ottimo esemplare di questa categoria, non solo per la mia tendenza ad indossare vestiti di un certo tipo, ma anche per la grande libertà con cui ho sempre usato il mio corpo. Confrontarsi con una ragazza araba,quasi mia coetanea, è stata un’esperienza davvero unica. Dubai è sicuramente un’isola felice nel mondo arabo e il discorso che sto per fare è da considerarsi unicamente rivolto a questa sorta di oasi occidentale. Sebbene la ragazza con cui ho parlato al “pranzo culturale” abbia dato un quadro un po’ troppo idilliaco della situzione,le donne emiratine sono piuttosto tutelate. Hanno il diritto di studiare,di lavorare,di scegliere il marito che desiderano e possono anche divorziare. Tutto questo almeno formalmente. I matrimoni combinati sono sicuramente i più comuni: i due sposi possono avere libertà di scelta,ma difficilente andranno contro il volere della famiglia. La zia del mio ragazzo ci raccontava di due sue amiche emiratine:l’una sposata con matrimonio combinato,l’altra per amore. E badate bene che “per amore” non intendo assolutamente nulla di simile a quello che abbiamo qui. La ragazza in questione ha studiato a Londra e li ha incontrato questo ragazzo,musulmano,si sono piaciuti e hanno interpellato le famiglie. Queste si sono incontrate,si sono piaciute e hanno dato il loro benestare per il matrimonio. Come dicevo nell’articolo precedente gli arabi sono generalmente molto attaccati al loro status sociale,per cui il matrimonio diventa a tutti gli effetti un modo (specialmente per la donna) per matenere o innalzare tale status. La donna sposata con matrimonio combinato definiva l’altra una “bad girl”,evidenziando appunto come la nostra concezione di matrimonio sia davvero differente dalla loro. Le donne sposate hanno diritto,se vogliono,a continuare gli studi (si sposano giovani) e a lavorare (in tal caso possono disporre del loro stipendio come vogliono,in quanto è l’uomo che deve mantenere la famiglia),ma difficilmente troverete donne arabe che lavorano. La ragazza dell’associazione era laureata in economia e aveva chiesto il permesso alla madre di lavorare in un hotel (con ovviamente una posizione manageriale) o di diventare hostess. La madre non aveva acconsentito in quanto non avrebbe permesso alla figlia di lavorare come, rispettivamente, una cameriera o una schiava! Prima del matrimonio i mariti devono pagare una sorta di dote,decisa dalla moglie. Solitamente scelgono gioielli,in ogni caso il valore medio di tale dote si aggira intorno ai 30.000 euro. [Mentre qui in Italia una coppia giovane fatica anche a pagare l'affitto.]

Ma veniamo alla parte più interessante: l’abbigliamento. Ho indossato l’abaia per circa 10 minuti e vi assicuro che si muore di caldo. In giro per Dubai si vedono donne coperte a diversi livelli,ne ho viste anche alcune con il volto completamente coperto. La ragazza dell’associazione ci ha spiegato che in origine tale abbigliamento aveva un significato funzionale,per proteggersi dal sole,dal vento e dalla sabbia. Con il tempo è diventato moda e ora una donna è libera di coprirsi o meno il volto. Può anche esserci il marito geloso che non vuole mostrare la propria moglie,ma penso che per lo più sia una decisione presa dalla donna stessa. Per noi occidentali sarebbe inconcepibile fare una scelta del genere (tra l’altro esiste anche una versione “acquatica”,sia dell’abaia che del velo). Tale abbigliamento è scelto per non indurre in tentazione l’uomo,ma non pensate che la donna araba sia una repressa bigotta. Adorano la biancheria di victoria’s secret,i tacchi alti e vanno anche a lezione di danza del ventre! Sicuramente l’ occidentale ha più libertà di scelta e di pensiero (libertà che non deriva solo dall’ambiente socio-culturale in cui vive,ma anche dal desiderio di emancipazione a discapito dei beni materiali. Questo slancio manca completamente nella donna araba);ma il corpo che è diventato nostro a tutti gli effetti dopo tante battaglie,si è trasformato in un’arma a doppio taglio. Da una parte c’è l’ostentazione,il mostrarsi a tutti i costi e dall’altra il continuo senso di inadeguatezza. Crediamo che il corpo sia nostro,ma in realtà è più per lo sguardo altrui che per libertà di scelta che lo mostriamo. La donna occidentale è portata a credere che il coprire se stesse sia una forma di schiavitù,di sottomissione,ma allo stesso tempo noi siamo schiave dell’opposto,dell’esibizionismo. E ciò porta, nella maggior parte delle donne, ad una continua lotta contro se stesse perchè il riflesso nello specchio non è più cosa privata,ma diviene,inevitabilmente,pubblico. Tu sei,prima di ogni altra cosa,il tuo corpo. All’associazione hanno detto una cosa che mi ha molto colpita: le donne che indossano il velo integrale  nascondono, non solo la loro identità,ma anche le loro emozioni. Nulla del tuo aspetto esteriore viene mostrato al mondo,lasci questo privilegio solo a chi decidi tu. La cura del corpo,l’essere magra o grassa,depilata o no,avere i vestiti all’ultima moda fa parte,come da noi,dell’essere donna. Solo che loro lo fanno per loro stesse e per il proprio uomo.

Diversità è la prima parola che ti viene,inevitabilmente,in mente. Ma se lasci cadere l’involucro,qualunque siano le sue fattezze,ciò che scopri non è poi così diverso.

V.


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