Girava e rigirava i pollici,
lo scavezzacollo; nella gabbia
dell’impaziente attesa,
l’anima in pena
odorava di santità
respinta ancora in erba,
ma dal brillio dell’occhio
s’appalesava la possessione
di un dèmone introspettico.
Non si pronunciava,
all’ombra della croce,
la parola sdrucciola
e lo spirito altro,
l’accento in piano variato,
la maledizione
si ritrovò addosso.
Pensare che sentiva
la fioritura dissacrante
come una vocazione
di cui omaggiare il mondo,
slegarlo da catene
e penitenze, dall’atroce
supplizio del solenne.
Non fu mai messo al rogo, certo,
ma alla quotidiana abiura
del suo equilibrio centrato
sulla pancia.