Proponiamo questa traduzione in quanto molto interessati alle forme di aggregazioni in generale e particolarmente a quelle proposte dagli Stati Uniti. Essendo ventilata l’ipotesi di un accordo di libero scambio fra Europa e Usa, bisogna porgere l’attenzione alle esperienze già in atto per capirne la reale portata. Un accordo con una super potenza di quel tipo, alla quale già paghiamo abbondantemente la politica estera attraverso la Nato, sarebbe un ulteriore colpo alle disastrate società europee?
L’accordo strategico transpacifico di cooperazione economica (TPP) è un accordo oppressivo di libero commercio guidato dagli USA, in cui il reale potere di cooperazione condivisa è pari all’1%
Uno dei temi meno discussi e meno riportati dall’informazione riguarda gli sforzi dell’amministrazione Obama di mettere in atto e dar priorità agli accordi strategici transpacifici per la cooperazione economica, soffocanti accordi plurilaterale per il commercio, che vedono a capo gli Stati Uniti, attualmente in corso di negoziazione con diversi Stati che si affacciano sul Pacifico.
Seicento società di consulenza aziendale hanno negoziato e sono entrate nel TPP anche se il testo della proposta di accordo non è stato ancora reso pubblico per la stampa e per la società politica. Il livello di sicurezza impiegato per questo accordo non ha precedenti: gruppi paramilitari circondano le sedi di ogni riunione ed elicotteri pattugliano i cieli. Gli organi di stampa impongono un silenzio quasi totale sull’argomento e addirittura al Senatore americano Ron Wyden, presidente del comitato del congresso con poteri giurisdizionali sopra la TPP, è stato negato l’accesso al testo relativo al negoziato. “La maggioranza dei componenti del congresso è tenuta all’oscuro degli argomenti di negoziazione del TPP, mentre i rappresentanti delle multinazionali statunitensi come Halliburton, Chevron, PhaRMA, Comcast e la Motion Picture Association of America vengono consultati e sono a conoscenza dei dettagli dell’accordo” ha dichiarato Wyden in una dichiarazione al Congresso.
In aggiunta agli USA gli altri Stati che partecipano ai negoziati sono: Australia, Brunei, Cile, Canada, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam. Il Giappone ha espresso il desiderio di divenire un partner commerciale, ma non ha ancora preso parte ai negoziati in parte a causa delle pressioni pubbliche volte ad evitarlo. Il TPP imporrebbe regolamentazioni punitive che darebbero alle corporation multinazionali diritti mai avuti in precedenza, in grado di chiedere ai contribuenti dei risarcimenti per eventuali politiche contrarie alle loro aspettative di profitto direttamente dalle casse delle nazioni coinvolte – ciò spingerebbe un’azienda come la Big PhaRMA a mettere nella sua agenda lo sviluppo di un sistema mondiale per un controllo sui medicinali, limitando drasticamente le possibilità di accesso ai farmaci generici, di costo inferiore, dai quali dipendono le persone. Il TPP minerebbe anche la sicurezza alimentare con la limitazione delle etichettature e costringendo Stati come gli USA a importare cibo che non soddisfi i propri standard di sicurezza a livello nazionale, in aggiunta mettendo al bando Buy America o Buy Local.
In base alle bozze d’accordo trapelate, il TPP imporrà anche una serie di protezioni per gli investitori volte ad incentivare la delocalizzazione del lavoro attraverso speciali incentivi alle imprese – il TPP soffoca le innovazioni pretendendo dai fornitori dei servizi internet controlli diretti dalla polizia all’utente equiparando di fatto i download individuali ai download su larga scala di coloro che traggono profitto da tale violazione. Più prevedibilmente, ridurrà le regolamentazioni evitando gli intoppi relativi ai servizi finanziari più rischiosi, impedendo alle nazioni firmatarie di esercitare la capacità di perseguire in modo indipendente una politica monetaria e i controlli sui capitali emessi. I firmatari dovranno consentire il libero flusso dei derivati, la speculazione sulla valuta e altri sistemi di manipolazione finanziaria. La partnership a guida statunitense – che cerca di imporre una globalizzazione modello “Shock and Awe” che si propone di abolire la responsabilità delle società multinazionali nei confronti dei governi dei Paesi con cui commerciano, facendo in modo che i governi firmatari debbano rendere conto alle corporation per i costi imposti da leggi e regolamenti nazionali, compresi salute, sicurezza e ambiente. La proposta di legge sulla proprietà intellettuale avrà enormi implicazioni per i firmatari del TPP, tra cui il divieto dell’uso di internet per le case private, le imprese e le organizzazioni come pena riconosciuta in seguito alla violazione dei diritti d’autore. Le nazioni firmatarie si sottoporrebbero sostanzialmente a delle restrizioni oppressive di indirizzi IP progettati appositamente dai cartelli dei diritti d’autore di Hollywood, limitando in maniera notevole la capacità di scambiare informazioni per via virtuale su siti come YouTube, dove i video in streaming sono considerati coperti da copyright. «Diritti d’autore e diritti di proprietà intellettuale richiesti in maniera più ampia dagli USA, bloccherebbero la rete, soffocherebbero le ricerche ed aumenterebbero i costi dell’educazione, attraverso l’estensione del lungo copyright dai 70 ai 120 anni, rendendo inoltre un reato penale la memorizzazione temporanea dei file su un computer senza autorizzazione. Gli USA, in qualità di esportatore netto di informazioni digitali, sarebbero gli unici beneficiari di queste misure», ha dichiarato Patricia Ranald al convegno dell’Australian Fair Trade and Investment Network.
Nel rapporto investitore privato–Stato il TPP sta tentando di far si che le corporation straniere possano citare in giudizio i governi nazionali, sottomettendo i Paesi firmatari alla giurisdizione di tribunali arbitrari di investitori, gestiti da avvocati privati. I tribunali internazionali potrebbero avere la facoltà di ordinare ai governi di pagare dalle casse dello Stato risarcimenti in contanti virtualmente illimitati a corporation straniere, nel caso in cui la politica di un nuovo o esistente governo andasse a condizionare i futuri guadagni degli investitori. Il contribuente di ogni Paese firmatario dovrà assumersi sulle proprie spalle ogni eventuale compensazione che dovrà essere versata agli investitori privati e le società straniere, oltre ai grandi compensi orari per i tribunali e le spese legali. Un buon esempio di come questo accordo neutralizzi la sovranità nazionale viene dalla Malesia, che è stata in grado di recuperare dalla crisi finanziaria asiatica del 1997 in modo più rapido rispetto ai suoi vicini con l’introduzione di una serie di misure di controllo dei capitali sul ringgit malese per evitare speculazioni dall’estero. Il TPP, tra l’altro, propone misure che dovrebbero limitare nazioni firmatarie dall’esercitare controlli sui capitali per prevenire e mitigare le crisi finanziarie e per promuovere la stabilità finanziaria.
Il regime del TPP assicura agli investitori stranieri e alle multinazionali il pieno diritto di minare la sovranità delle nazioni firmatarie evitando normative nazionali e limitando le capacità dei governi nazionali di condurre una politica economica autonoma. Non ci sono precedenti di un tale assalto congiunto alla sovranità nazionale, inclusa quella degli Stati Uniti. Documenti del TPP trapelati, mettono in evidenza come l’amministrazione Obama intenda cedere la sovranità degli Stati Uniti a tribunali internazionali che operano in base alle norme delle Nazioni Unite e la Banca Mondiale per risolvere le controversie derivanti dal TPP, destinate in maniera specifica a escludere il Congresso dalla creazione di una autorità giudiziaria superiore alla corte suprema degli Stati Uniti. In teoria, il TPP darebbe a enti giudiziari internazionali il potere di annullare le leggi degli Stati Uniti, permettendo alle aziende straniere che fanno affari negli Stati Uniti il privilegio di operare in un contesto giuridico che darebbe loro significativi vantaggi economici rispetto alle imprese americane che rimangono legate alle leggi degli Stati Uniti, mettendo le imprese nazionali, che non si muovono all’estero, in condizioni di svantaggio competitivo.
Di fronte all’emergere di forti economie in via di sviluppo come i BRICS e le altre nazioni che cercano un sempre maggiore accesso alla crescita industriale e lo sviluppo, l’amministrazione Obama si rende conto che essa deve offrire agli Stati del Pacifico – i quali, di contro, avrebbero maggiori incentivi ad approfondire i legami economici con la Cina – un’attraente partecipazione nell’economia americana. Mentre il Pentagono insedia nuovamente la sua forza militare nella la regione Asia-Pacifico, il TPP diviene chiaramente il braccio economico della politica dell’ “Asia Pivot”, legando le economie strategiche in un regime di corporate-governance giuridicamente vincolante, adescandole con la promessa di libero accesso ai mercati degli Stati Uniti. L’amministrazione Obama sta essenzialmente facendo “prostituire” il consumatore americano alle società straniere per inaugurare un accordo che imporrebbe “una misura unica” a tutte le norme internazionali che ancora limitano il diritto del governo degli Stati Uniti per regolare gli investimenti stranieri e per l’appropriazione delle risorse naturali. In tal maniera si conseguirebbe la solidità per un governo mondiale supportato dalla finanza e dal capitale, di cui tanto a lungo si era discusso.
Dei 26 capitoli della bozza proposta del TPP, si segnala che solo due capitoli riguardano le questioni commerciali, relativi a taglio delle tariffe e all’innalzamento delle quote. Il TPP potrebbe obbligare il governo federale a forzare gli Stati degli USA a conformarsi alle leggi dello Stato per oltre mille pagine di disposizioni dettagliate e vincoli non correlati al commercio – dall’utilizzo del suolo fino ai diritti di proprietà intellettuale. Tutto ciò autorizza le autorità federali a usare tutti i mezzi possibili per convincere gli Stati a rispettare le regole TPP, anche imponendo sanzioni se non riescono a farlo. Secondo informazioni ufficiose dai documenti trapelati, gli standard degli Stati Uniti per la protezione dei diritti di proprietà verrebbero spazzati via in favore di standard internazionali dei diritti di proprietà, come interpretato dai tribunali internazionali non eletti del TPP, dando così agli investitori il controllo su suolo pubblico e di risorse “che non sono ad uso esclusivo o a predominante beneficio del governo”.
A causa della natura incostituzionale del TPP, i membri del Congresso potrebbero probabilmente opporsi a molte delle sue disposizioni – e naturalmente, l’amministrazione Obama sta ora impiegando il suo braccio esecutivo per limitare l’autorità del Congresso operando sotto una sorta di “autorità preferenziale”, una disposizione commerciale che richiede al congresso di rivedere l’accordo di libero scambio con un dibattito limitato e per un breve tempo. La risposta possibile sarà un “sì o no” secco, in modo da rassicurare i partner stranieri. L’accordo di libero scambio che, una volta firmato non verrà sottoposto a modifiche durante il processo legislativo, non viene cambiato nel corso del processo legislativo. Non sono state prese misure ufficiali per consultare il Congresso, mentre il trattato continua ad essere negoziato, e Obama sembra determinato a trasformare il trattato in legge. Tale è la natura nociva delle politiche statunitensi che cercano di portare i disastri del capitalismo su scala globale, pur mantenendo nella più completa oscurità le persone comuni, ovvero coloro che più risentiranno nelle proprie vite di tutto ciò. Il messaggio dietro questo grande “furto con scasso” senza restrizioni è semplice – “Inchinatevi!”.
Recenti statistiche affermano che la produzione economica combinata di Brasile, Cina e India supererà quella di Canada, Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti entro il 2020. Più dell’80% della classe media del mondo vivrà a sud entro il 2030, un mondo completamente diverso da quello attuale. Gli Stati Uniti sono economicamente in difficoltà, e il TPP – sogno erotico di Wall Street e la risposta di Washington alla diminuzione della performance economica – è stato progettato per permettere agli USA di fare grandi business con una maggiore partecipazione nella regione emergente del Pacifico attraverso l’imposizione di un modello economico di sfruttamento sui Paesi firmatari che esenti le multinazionali e investitori privati da qualsiasi forma di responsabilità pubblica. Le origini del TPP risalgono alla seconda amministrazione Bush, e rimane ancora nelle fasi negoziali. L’evidente mancanza di trasparenza che circonda i colloqui porta a credere a ciò che è già noto – che il contenuto di questo accordo commerciale sia al servizio degli interessi di chi è sulla cima della catena alimentare economica, mentre il resto di noi ristagnerà nel menù.
Nile Bowie è un analista politico indipendente e fotografo che vive a Kuala Lumpur, in Malesia. È possibile contattarlo all’indirizzo: [email protected]
Fonte: http://www.atimes.com/
(Traduzione di: Marco Nocera)