Che il Pdl fosse a pezzi, lo diciamo e scriviamo da un pezzo. Che il partito dei quacquaracquà prezzolati della politica italiana, sia un relitto in mezzo al mare, tossico e pericoloso quasi quanto una petroliera spaccata in due, è sotto gli occhi di tutti. Che le inchieste nella quali è coinvolto Berluspony, detto “’o Faro”, stiano arrivando al pettine, come il famoso nodo, si sa: a dicembre Ruby, poi le frequenze televisive e, buon ultima, lo scandalo Finmeccanica con dentro il “sereno è”, Drupi-Scajola. Nonostante tutto, fino a domenica sera, Silvio era convinto di restare, di sparigliare ancora una volta le carte di un gioco al massacro che si chiama Italia, fottendosene dei destini di una nazione che gli ha dato tutto, indipendentemente dai meriti e dalle qualità personali. Poi, però,il colpo di scena. Silvio legge i cari, amati, insostituibili sondaggi e si rende conto di essere arrivato alla frutta: Alfano al 14 per cento, lui, “’o Faro”, all’11. E non parliamo del partito, il Pdl, dato per fracassato, al 15 per cento. E non parliamo della probabilissima sconfitta di Musumeci in Sicilia, segnale inequivocabile di un totale abbandono anche da parte dei fedelissimi della “Mamma Santissima Jazz Band”. Riunione, quindi, d’urgenza con gli amici di sempre, Fedele Confalonieri e Ennio Doris, con l’apparizione sullo sfondo di Giuliano Ferrara pronto a scrivere le volontà dell’ex Imperatore. Così, come nel 1994 lo costrinsero a scendere in campo per salvare le aziende, ora, nell’annus horribilis 2012, gli amici lo hanno convinto a mollare, ancora una vota per tentare di tenere in vita gli affari di sempre. E Silvio si è convinto. Al chiuso delle sue stanze, coccolato dalle fide amazzoni-baiadere, con Giulianone Ferrara pronto a raccogliere gli ultimi pensieri e trasformarli in lancio d’agenzia, Berluspony ha detto “stop”. Finisce qui la sua personale lotta contro il comunismo, lo stato illiberale e centralista, la vecchia politica delle mazzette e dei privilegi, il nepotismo, la giustizia ingiusta, le toghe rosse, la stampa di sinistra, gli intellettuali anarchici, la scuola pubblica, le università statali, i beni artistici, storici e ambientali che non si possono toccare per costruirci tanti bei centri commerciali. Finisce qui la sua lotta contro lo stato inquisitore e fautore di tasse ingiuste, le donne intelligenti, gli uomini che non hanno accettato le sue offerte di lavoro, i responsabili della Protezione Civile accondiscendente, i componenti stupidi delle commissioni anti-rischi, i terremotati, gli alluvioni, i franati, gli oppositori dei derivati tossici, i chitarristi infedeli, i pianisti proprietari di case pronti a rivendergliele per guadagnarci un po’. Finisce con un comunicato stampa, proprio come con una conferenza stampa era iniziato, un regno e, forse, stavolta, brinderemo sul serio con quel chinotto che in tanti hanno provato a farci pagare come fosse champagne. Ma l’addio di Silvio ha scatenato appetiti che ci aspettavamo. Saranno una decina gli ex galoppini a correre per appropriarsi delle macerie del reame delle favole e dei sogni per pochi, un pugno di fedelissimi, ed ex, pronti a sbranarsi per un posto al sole, un ombrellone, un lettino, un tavolinetto da spiaggia. Il regno vero se ne va con Silvio che, però, ha deciso di non andarsene in pensione. Resterà nel partito. A occuparsi dei giovani e delle giovani di belle speranze e di ineguagliabile prestanza fisica. Inguaribile, Silvio, il più grande comico italiano dopo il Big Bang.
L’addio di Silvio: “D’ora in avanti mi occuperò solo dei giovani”. E ti pareva!
Creato il 25 ottobre 2012 da Massimoconsorti @massimoconsortiChe il Pdl fosse a pezzi, lo diciamo e scriviamo da un pezzo. Che il partito dei quacquaracquà prezzolati della politica italiana, sia un relitto in mezzo al mare, tossico e pericoloso quasi quanto una petroliera spaccata in due, è sotto gli occhi di tutti. Che le inchieste nella quali è coinvolto Berluspony, detto “’o Faro”, stiano arrivando al pettine, come il famoso nodo, si sa: a dicembre Ruby, poi le frequenze televisive e, buon ultima, lo scandalo Finmeccanica con dentro il “sereno è”, Drupi-Scajola. Nonostante tutto, fino a domenica sera, Silvio era convinto di restare, di sparigliare ancora una volta le carte di un gioco al massacro che si chiama Italia, fottendosene dei destini di una nazione che gli ha dato tutto, indipendentemente dai meriti e dalle qualità personali. Poi, però,il colpo di scena. Silvio legge i cari, amati, insostituibili sondaggi e si rende conto di essere arrivato alla frutta: Alfano al 14 per cento, lui, “’o Faro”, all’11. E non parliamo del partito, il Pdl, dato per fracassato, al 15 per cento. E non parliamo della probabilissima sconfitta di Musumeci in Sicilia, segnale inequivocabile di un totale abbandono anche da parte dei fedelissimi della “Mamma Santissima Jazz Band”. Riunione, quindi, d’urgenza con gli amici di sempre, Fedele Confalonieri e Ennio Doris, con l’apparizione sullo sfondo di Giuliano Ferrara pronto a scrivere le volontà dell’ex Imperatore. Così, come nel 1994 lo costrinsero a scendere in campo per salvare le aziende, ora, nell’annus horribilis 2012, gli amici lo hanno convinto a mollare, ancora una vota per tentare di tenere in vita gli affari di sempre. E Silvio si è convinto. Al chiuso delle sue stanze, coccolato dalle fide amazzoni-baiadere, con Giulianone Ferrara pronto a raccogliere gli ultimi pensieri e trasformarli in lancio d’agenzia, Berluspony ha detto “stop”. Finisce qui la sua personale lotta contro il comunismo, lo stato illiberale e centralista, la vecchia politica delle mazzette e dei privilegi, il nepotismo, la giustizia ingiusta, le toghe rosse, la stampa di sinistra, gli intellettuali anarchici, la scuola pubblica, le università statali, i beni artistici, storici e ambientali che non si possono toccare per costruirci tanti bei centri commerciali. Finisce qui la sua lotta contro lo stato inquisitore e fautore di tasse ingiuste, le donne intelligenti, gli uomini che non hanno accettato le sue offerte di lavoro, i responsabili della Protezione Civile accondiscendente, i componenti stupidi delle commissioni anti-rischi, i terremotati, gli alluvioni, i franati, gli oppositori dei derivati tossici, i chitarristi infedeli, i pianisti proprietari di case pronti a rivendergliele per guadagnarci un po’. Finisce con un comunicato stampa, proprio come con una conferenza stampa era iniziato, un regno e, forse, stavolta, brinderemo sul serio con quel chinotto che in tanti hanno provato a farci pagare come fosse champagne. Ma l’addio di Silvio ha scatenato appetiti che ci aspettavamo. Saranno una decina gli ex galoppini a correre per appropriarsi delle macerie del reame delle favole e dei sogni per pochi, un pugno di fedelissimi, ed ex, pronti a sbranarsi per un posto al sole, un ombrellone, un lettino, un tavolinetto da spiaggia. Il regno vero se ne va con Silvio che, però, ha deciso di non andarsene in pensione. Resterà nel partito. A occuparsi dei giovani e delle giovani di belle speranze e di ineguagliabile prestanza fisica. Inguaribile, Silvio, il più grande comico italiano dopo il Big Bang.
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