Freeman Dyson propose la possibilità di costruire una sorta di “guscio” attorno ad una stella per catturare gran parte della sua energia. Strutture tecnologiche del genere potrebbero indicare l'impronta di una civiltà extraterrestre.
Quando alziamo lo sguardo verso l’immenso blu scuro che dell’universo che sovrasta la volta celeste, contemplando l’immensità e le miriadi di stelle che formano la Via Lattea, viene quasi spontaneo chiedersi quante possibili civiltà extraterrestri ci siano là fuori.
Il problema è determinato proprio dall’incredibile numero di astri che popolano la nostra galassia e cercare di individuare una possibile civiltà aliena – o che loro stiano cercando in qualche modo di comunicare con noi – equivale alla ricerca del proverbiale ago nel pagliaio, come piace dire agli scienziati del SETI.
Per questo motivo, si è giunti alla conclusione che ha più senso cercare “qualcuno” che abiti nelle vicinanze del nostro sistema solare, piuttosto che dedicarsi all’ascolto o all’osservazione di stelle di sistemi planetari esistenti in altre galassie che, anche quando sono vicine, distano milioni di anni luce e ogni idea di comunicare con gli alieni è decisamente irrealizzabile.
Se riuscissimo a osservare mondi così lontani, potremmo sperare solo di trovare tracce archeologiche di civiltà intelligenti extraterrestri ormai estinte da milioni di anni.
Assodato che conviene dedicarsi alla ricerca nella nostra galassia, alcuni scienziati hanno suggerito che un metodo per scovare tracce di civiltà intelligenti nella Via Lattea potrebbe essere quello di individuare alcune “strutture” anomale, tanto anomale da non poter essere spiegate con i processi astronomici noti.
In altre parole, si tratterebbe di scovare delle strutture tecnologiche su mega-scala che potrebbero indicare l’impronta di una civiltà extraterrestre.
Nel 1964, l’astronomo sovietico Nikolaj Kardasev classificò le civiltà extraterrestri capaci di tali opere come di “tipo II”. Civiltà del genere avrebbero capacità tecnologiche capaci di far impallidire i nostri più avanzati impianti di produzione di energia. Come? Catturando tutta l’energia prodotta dalla loro stella madre!
Nei primi anni del 1960, il fisico Freeman Dyson propose la possibilità di costruire una sorta di “guscio” attorno ad una stella per catturare gran parte della sua energia. Per costruire tale guscio sarebbe necessaria una quantità di materia almeno quanto la massa di Giove.
La megastruttura sarebbe composta da un sistema di satelliti orbitanti capaci di imbrigliare l’energia solare per poi trasmetterla ad una stazione ricevente. Secondo Dyson, un opera del genere garantirebbe una lunga sopravvivenza ad una eventuale specie aliena, soddisfacendo ampiamente il crescente fabbisogno energetico di una civiltà tecnologica.
L’affascinante intuizione di Dyson parte dal presupposto che anche la nostra civiltà un giorno potrebbe realizzare strutture simili per far fronte alla crescente domanda di energia, sebbene non abbia mai descritto nel dettaglio come sia possibile realizzare un opera del genere.
Tuttavia, da allora sono stati proposti numerosi progetti per la costruzione di una struttura artificiale o una serie di strutture per imbrigliare l’energia di una stella. In alcuni casi, si è addirittura ipotizzato di richiudere una stella in un guscio solido di materia, ma questa è solo una delle varianti meno plausibili.
Fu proprio Dyson, prima di Kardashev, a intuire che la ricerca di prove dell’esistenza di strutture simili potrebbe portare alla individuazione di una civiltà intelligente extraterrestre. L’esistenza di un tale sistema costruito attorno ad una stella ne altererebbe la luce emessa, in quanto parte della luce sarebbe assorbita dai satelliti.
Se l’attenuazione dell’energia stellare fosse significativo, potrebbe essere un indizio dell’esistenza di una megastruttura tecnologica aliena. Il problema è che una stella avvolta in una nube di polvere cosmica sarebbe molto simile ad una sfera di Dyson. L’immagine della NASA catturata con il Wide-field Infrared Survey Explorer può essere un esempio.
L’oggetto rosso in alto a sinistra è una stella nella fase finale della sua vita avvolta nella polvere. Tuttavia, un sondaggio eseguito su 250 mila sorgenti celesti ad infrarossi, rivela che quasi 17 di queste potrebbero essere la firma di un’eventuale Sfera di Dyson, come spiega Richard Carringan del Fermilab.
E’ verosimile che una super-civiltà aliena espanda la sua colonizzazione alle vicine stelle di tipo solare a partire dal sistema planetario di origine. Teoricamente, non bisognerebbe cercare troppo lontano dopo aver individuato una “Sfera di Dyson”.
Carringan immagina un raggruppamento di stelle colonizzate da una civiltà di tipo II. Questo sarebbe rilevato come un anomalo vuoto scuro nel disco della galassia. Questi vuoti scuri sarebbero l’indizio di uno “sfruttamento” di alcune stelle.
Nelle sue riflessioni, Kardeschev ha ipotizzato anche l’esistenza di civiltà di tipo III, capaci di sfruttare l’energia di un’intera galassia. Ma ad oggi, manca qualsiasi prova oggettiva di uno sfruttamento tecnologico del genere, ed è quindi giusto affermare che le civiltà extraterrestri di tipo III o non esistono affatto, o almeno non ancora.
In verità, potrebbe anche essere che gli alieni semplicemente non abbiano nessuna motivazione a sviluppare sistemi del genere, o non ne siano capaci oppure abbiano problemi di bilancio.