Secondo uno studio recente della banca panafricana Ecobank, a conclusione del 2013, l’Africa avrà prodotto nell’insieme ben 8,9 milioni di barili di greggio.
Un dato decisamente significativo se non fosse poi che la positività del risultato si traduce in vantaggi economico-finanziari, almeno in Africa,solo per una limitatissima cerchia di persone.
E 5,9 milioni di barili, sempre secondo lo studio, continueranno ad arrivare, in particolare, come già è ora, dall’Africa subsahariana.
I numeri di Ecobank relazionano che la produzione totale di greggio africano, nei soli ultimi due anni, è stata in effetti il 10% della produzione mondiale.
Infatti 250 milioni di metri cubi del continente saranno quelli del 2013, mentre 230 milioni erano quelli estratti dello scorso anno.
E la ricchezza della produzione di “oro nero”, o almeno le buone prospettive nel tempo, dipendono, nella fattispecie, anche dalle ultime significative scoperte di giacimenti in Angola, Mozambico e Tanzania.
Occorre però , sempre secondo gli esperti di Ecobank, precisare che la provenienza più massiccia destinata all’Occidente e all’Asia ( leggi Cina) , è sempre quella che giunge dall’Africa occidentale e , soprattutto,dall’area del Golfo di Guinea.
La Cina è acquirente, da sola, di più della metà del greggio sub sahariano e, nelle contrattazioni e negli acquisti , ha superato da tempo gli Usa, posizionandosi appena alle spalle dell’Europa.
E’ lecito , allora, domandarsi, oltre al duro lavoro ai pozzi, quale sarà la porzione di questa “torta” che spetterà agli africani ? Cosa cambierà in termini di qualità dell’esistenza nella loro difficile e faticosa quotidianità?
Personalmente sono tentata di rispondermi : poco o quasi niente.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)