E’ uscito qualche giono fa sul magazine on line www.tafter.it un mio articolo in merito all’evoluzione, al valore e alle potenzialità dell’agricoltura sociale che per gentile concessione riporto ai miei amici lettori.
Dopo 2 anni di crisi, utilizzata dalla politica sia per dimostrare la capacità di governarla sia per puntualizzare che non è stato fatto nulla per gestirla, credo sia difficile non percepire che il livello della qualità della vita è cambiato e non in meglio.
In tutte le professioni si è persa un po’ di speranza, riflettendo sul proprio sviluppo personale e sulle persone appartenenti al cosiddetto “svantaggio” sociale.
Quali categorie vi sono incluse ? Burocraticamente in esso vengono inseriti i disabili, gli ex-detenuti, i giovani di lunga disoccupazione, le donne vittime della tratta, gli anziani soli, ecc..
Molti italiani si dedicano al volontariato sociale e questo supplisce a molte lacune dello Stato, ai suoi sprechi e nella situazione di crisi diventa strategico valutare nuove possibilità di erogare servizi sociali ricchi di relazione e a costi sostenibili.
In questo contesto si inserisce l’agricoltura sociale. Per un suo sviluppo e la costruzione di reti locali è nata A.I.C.A.R.E. (Agenzia Italiana per la Campagna e l’Agricoltura Responsabile ed Etica) che inserisce l’agricoltura sociale nel più ampio contesto della Responsabilità Sociale.
Il tutto fa riferimento all’agricoltura civica, cioè da modelli di produzione agricola di piccola/media scala fortemente integrati nel sistema locale, alle comunità di persone ed alle risorse naturali della località.
In agricoltura la relazionalità, la generosità e la solidarietà sono valori sempre presenti nel quotidiano, che oggi possono essere resi sistemici, organizzati attraverso la consapevolezza di un servizio con professionalità adeguatamente formate e in raccordo con gli enti locali. E’ inoltre possibile creare nuove reti rural-sociali, rivitalizzare aree e territori privi di opportunità occupazionale, rendere complementare le modalità di vita urbane e rurali.
L’impresa agricola multifunzionale, producendo beni alimentari e servizi in connessione, in base alla legge di Orientamento del 2001, può diventare il promotore e in parte l’attuatore di una nuova socialità.
La creazione di agrinidi, agriasili, biofattorie sociali e didattiche, fattorie del benessere con servizi inerenti l’alimentazione naturale, terapie riabilitative per persone affette da disagio fisico e psichico, sono il risultato di nuove possibilità di inclusione sociale e di attenzione alle persone in difficoltà.
In Europa tali servizi sono ormai consolidati nella loro erogazione pubblico-privata (ad es. Olanda, Belgio, Svezia) e sono già ben presenti in Francia numerose esperienze associative organizzate su scala nazionale (reseau de Cocagne), volte a promuovere l’ inclusione lavorativa di soggetti esclusi dal mercato del lavoro. Timide esperienze stanno sviluppandosi anche inSlovenia ed in Irlanda. In Italia alcune stime ritengono che ci siano circa 450-500 fattorie sociali, ancora poco organizzate (è attivo comunque lo “Sportello delle fattorie sociali”) ma ormai grazie anche ad alcune possibilità di cofinanziamento, presenti nei Piani di Sviluppo Rurali 2007-13 di molte Regioni, molti nuovi e giovani imprenditori stanno avviando progetti pilota e nuove reti.
L’esperienza delle cooperative sociali nel favorire l’inclusione sociale è consolidata da anni e con l’inserimento delle imprese agricole si vuole creare e sviluppare imprese etiche, di qualità, economicamente sostenibili e portare valori di solidarietà in territori in cui l’esasperata competitività e l’elevata urbanizzazione li ha resi marginali.