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L’alba dei sogni infranti

Creato il 19 maggio 2014 da Abattoir
“Io ti ricordo, Narciso, avevi il colore della notte, delle campane suonate a morto.”(Pier Paolo Pasolini, Poesie a Casarsa)25 settembre 2005Continuavano a passargli davanti. Le luci blu lo investivano a intermittenza, gli sguardi lo scrutavano, era buio, ma poteva vederli quegli occhi sospettosi forieri di giudizi.«Sono stanco, quasi quasi mi sdraio su questa panchina». Pensò il giovane.Si sdraia. Forse dorme. Lo sveglia qualcosa di duro sulla spalla.«Oh, sveglia, giovane!».Spalanca gli occhi: le luci blu in lontananza. Albeggia.Due uomini incombono su di lui. Sono uomini in divisa. In mano gli sfollagente, di quelli che si vedono alle manifestazioni.Sbirri assassini, Bombe carta, Black Bloc. Cose viste in tv.«Che volete?» il tono è infastidito.«Dacci i documenti».«Che volete, oh! Non ho fatto niente!».«Poche storie, facci vedere i documenti o ti facciam passare un brutto quarto d’ora».Il giovane sbatte le palpebre, ancora mezzo addormentato, sbigottito. Dice il suo nome.«Non ce ne frega un cazzo che tu ci dica come ti chiami, vogliamo i tuoi documenti, li tiri fuori sì o no?».«Non ce li ho i documenti, abito qui vicino, fatemi chiamare i miei amici, ve lo confermano loro chi sono».Frenetico afferra il cellulare. Primo nome in rubrica Daniele. Squilla, squilla. «Rispondi cazzo». Poi Dario, poi Alberto. Nulla, nessuno risponde. Improvvisamente, gli agenti tentano di perquisirlo.«No, cazzo, non ho fatto niente, lasciatemi stare!».Sono le 5.45 Urla e urla ancora, il giovane, li carica, cerca di difendersi, urla di lasciarlo stare.I vicini diranno che sembrava che un pazzo parlasse solo, nel buio del parchetto di via Ippodromi, a Ferrara, anzi, che urlasse in stato di “semi-ubriachezza”.No, non era solo. La battaglia era in corso: il giovane diciottenne, da solo, inerme e loro due. Sfollagente alla mano.5.50 Le luci dell’alba rischiarano l’oscurità. Un’altra volante. Arrivano i rinforzi.C’è una donna fra loro. In quattro lo afferrano, tentano di ammanettarlo, lo schiacciano sullo sterno, lo manganellano. I manganelli si spezzano. Si dirà che erano di gomma e vecchi.La donna lo tiene per le gambe, gli altri sempre coi piedi bien piantati sul petto, lo colpiscono in fronte. Lo ammanettano.Smettono di colpo. Hanno il fiatone e sudano per lo sforzo.«Quanta roba ti sei calato eh?».«Drogato di merda».«Te la sei cercata».Gli urlano, forse per lavarsi la coscienza. Ma il giovane non risponde più, sta lì con gli occhi semi-aperti. Un rivolo di sangue gli esce dalla bocca, la fronte tumefatta, il cappuccio della felpa imbrattato di sangue.Il corpo di Federico, questo è il suo nome, giace lì. Il cuore si è fermato.«Non ha retto al mix di anfetamine, chetadina, lsd, popper» si dirà.I paramedici non possono che constatare il decesso. Lo lasciano lì, con la maglietta alzata, le braccia leggermente allargate, gli occhi semi-aperti. Sgomenti.Cosa avrai pensato in quegli ultimi minuti della tua breve vita, Federico? Quali sogni ti hanno infranto?Quanti baci, carezze, pacche sulle spalle, abbracci, partite a biliardo, gite fuori porta, viaggi in interrail ti hanno rubato?Di te rimane solo un cellulare che squilla nel vuoto di una panchina: mamma.Nessuno risponde. Come fai a dire a una madre che il figlio giace lì per terra? E come fai a dirgli che proprio chi avrebbe dovuto difenderlo ha fatto ciò?No, lascia stare, non rispondere. Occupiamoci di far sparire ‘sti manganelli. Il pm? Sì, chiamalo, ma digli che era un giovane drogato e che è morto d’infarto, sì, non farla tragica, così non viene e ci pensiamo noi qui.Ci pensiamo noi qui. Tu, intanto, stai lì, inerme. Morto. Fine dei giochi. Di te si dirà che eri un violento, drogato e che odiavi la polizia, che facevi parte dei centri sociali.Coscienza a posto quindi. Giustizia è stata fatta.

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