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L'Alba della Libertà (di W. Herzog, 2006)
Creato il 15 maggio 2013 da Frank_romantico @Combinazione_CC'è differenza tra il modo di fare cinema in Europa e quello di farlo in America. Forse anche per questo quando un regista europeo si trasferisce negli Stati Uniti le cose non vanno sempre lisce come l'olio. Ad esempio quando Werner Herzog arrivò a Los Angeles le cose non andarono particolarmente bene, visto che fu colpito da un cecchino durante un'intervista per la BBC. Eppure negli States il regista tedesco allacciò diversi legami professionali che lo portarono, nel 2006, a girare il suo primo film oltreoceano: L'Alba della Libertà, con Christian Bale nel ruolo del protagonista.
Il pilota dell'aviazione Dieter Dengler, americano di origini tedesche, fu abbattuto e catturato in Laos nel corso della guerra del Vietnam. Durante la prigionia, Dengler conosce altri detenuti del campo in cui è stato rinchiuso e con loro organizza una fuga che lo porterà solo in una prigione più grande e più terribile: la giungla.
Rescue Dawn era un vecchio pallino di Herzog che finalmente si realizza, inizialmente troppo costoso per il regista che aveva ripiegato, nel 1997, sul documentario Little Dieter Needs to Fly, anch'esso basato sulle straordinarie vicende accorse al pilota dell'aviazione Dieter Dengler ma sicuramente molto meno costoso.
Nonostante il nuovo corso che questo film ispira, Herzog non si distacca dalle tematiche che avevano reso grande il suo cinema in Europa ma, soprattutto, dalla serie di documentari che l'avevano reso famoso (tra cui il capolavoro Grizzly Man). Eppure quello del 2006 è realmente un film di rottura, perché nello stile del regista si insinua un riflesso inusuale che è quello tipicamente hollywoodiano del cinema di consumo. Basta guardare l'incipit per rendersene conto, basta guardare il finale che forse è veramente l'unica nota stonata di questa grande pellicola. Allora dov'è Herzog in questo L'Alba della Libertà? Ovunque, mi verrebbe da dire. Non conosco a menadito il cinema del tedesco, ma a partire dallo stile per arrivare alle tematiche, qui c'è tutto quello a cui il maestro ci aveva abituato: riprese fisse da un unico punto di vista, stile al limite dell'amatoriale (solo in superficie) che ricorda molto il cinema realista, guizzi registici estemporanei, una sorta di spiritualismo naturalistico che tende a liberarsi di qualsiasi artificiosità nel racconto.
Così quel che sarebbe potuto essere "un altro film sul Vietnam" diventa un'esperienza spirituale, un nuovo incontro tra uomo e natura. E la natura qui è intesa come forza selvaggia che schiaccia ma stupisce, troppo grande per essere compresa ma che va assimilata, vissuta, assorbita. Una prigione più grande in cui il protagonista rimane intrappolato dopo essere fuggito da quella "a misura d'uomo" dei Vietcong. Se però gli esseri umani combattono per loro stessi, per i loro ideali e le loro idee, arrivano a livelli di crudeltà che la natura non conosce. Perché la giungla non guarda in faccia a nessuno, né giudica le nazionalità o le idee politiche. E ti schiaccia e ti trasforma, come si trasforma Dengler. A interpretarlo un Christian Bale fenomenale, disposto a perdere peso fino a trasformasi anch'egli (come aveva già fatto per L'Uomo senza Sonno). Ma non è l'unico attore a fare la differenza: straordinari sono anche Jeremy Davies nel ruolo di Gene e Steve Zahn in quello di Duane.
Questo film ha lasciato con l'amaro in bocca molti fan di Herzog. Il già citato finale, in effetti, è straniante ma sembrerebbe più un contentino dato dal regista alla casa di produzione americana che ha finanziato il progetto. Alla fine questa è una grande pellicola, molto più grande di quanto critica e pubblico siano riusciti a dimostrare. Che in Italia non sia arrivata sui grandi schermi ne è una prova, che noi i grandi film non riusciamo a riconoscerli quasi mai. Non siamo dalle parti del capolavoro nemmeno per sbaglio ma qui parliamo di un viaggio. Certo, può non piacere il mezzo o la destinazione, ma quando quel viaggio ti lascia qualcosa di importante, allora non sono stati chilometri spesi male. E poi la mente non suda nemmeno, altro punto a favore di L'Alba della Libertà.
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