Le affermazioni riguardo ad un altro mondo possono essere giustificate solo tramite quella parte del mondo che noi conosciamo. Questa parte è la Terra; è da questa che dobbiamo partire per tirare qualsiasi conclusione sull’aldilà. Purtroppo, a giudicare da quanto succede nell’aldiquà, l’ipotesi che nell’aldilà tutto andrà secondo giustizia, sembra essere “un argomento alquanto specioso: alla fine io conosco solo questo mondo. Non so nulla del resto dell’universo, ma quel che vedo che in questo mondo mi basta ed avanza per concludere che, se non c’è giustizia qui, non c’è giustizia nemmeno altrove. Se aprite una cassa di arance e trovate che le prime sono marce, non penserete certo che quelle sotto siano migliori per amore di equilibrio; è molto più probabile che siano tutte marce. La stessa cosa può dirsi dell’universo. Nel mondo non regna la giustizia e questo, anziché a favore, è un argomento contro l’esistenza di Dio. Gli argomenti speculativi non spingono gli uomini a credere in un Dio” (Bertrand Russell, Perché non sono cristiano).
Anche se Dio sarà giusto in un’altra vita, rimane pur sempre il fatto che in questa vita, dove la virtù è mortificata e il vizio viene premiato, Dio è ingiusto. Per questo non potremo mai credere che un Dio contemporaneamente dell’aldiquà e dell’aldilà sia giusto (inoltre ne va della stessa immutabilità di Dio, in quanto dopo essere stato ingiusto nell’aldiquà,diventa giusto nell’aldilà).
La deduzione riguardo alla giustizia nell’aldilà partendo dall’aldiquà, assomiglia pertanto alla poco saggia deduzione riguardo all’esistenza di uno strato di arance buone sul fondo della cassa, a partire dall’osservazione dello strato di arance marcio in superficie. Certo, proprio chi ha un minimo di compassione spera che l’ingiustizia del mondo non possa durare, che l’ingiustizia terrestre non abbia l’ultima parola, e che i dannati sulla Terra vengano risarciti per lo meno nell’aldilà. Tuttavia bisogna chiedersi se non si tratti solo di un pio pensiero, e se la deduzione di una beatitudine celeste, a partire dalla valle di lacrime terrestre, non sia completamente campata in aria. Dato che il mondo è una continua lotta per l’esistenza, abbiamo dei buoni motivi per concludere che non esiste alcun paese di Bengodi in cielo.
Molto più fondata della deduzione di un felice aldilà, a partire da un aldiquà pieno di sofferenza, è la constatazione che l’uomo sogna un aldilà proprio perché l’aldiquà non mostra alcun buon Dio.
Come se non bastasse, proprio coloro che strombazzano la giustizia nell’aldilà, hanno spesso un’idea piuttosto strana della giustizia. Infatti, potrebbe anche non essere per niente giusto barattare una migliore situazione per coloro che soffrono sulla terra con la dannazione eterna di un’altra parte dell’umanità. Questo tipo di giustizia – ossia, una pena infinita per un crimine finito – non rientra nel concetto umano di giustizia.
Proprio coloro che con tanto fervore predicano la speranza in una giustizia riparatrice nell’aldilà, la associano poi a delle rappresentazioni che non testimoniano affatto un sentimento di giustizia, bensì una grande sete di vendetta.
Perché fare di Dio un tiranno che punisce un peccato finito con una pena eterna? Non è forse una bestemmia attribuire a Dio una concezione così meschina della giustizia? Così facendo, non si santifica forse la vendetta sotto il nome di giustizia?
Nonostante tutte queste obiezioni, i teisti potrebbero essere tentati di dimostrare la validità dell’idea dell’aldilà tramite la sua popolarità. Ma dall’ampia diffusione di una determinata credenza non si può certo dedurre la verità di ciò che è creduto. Ad esempio, ci sono state epoche in cui tutti gli uomini pensavano che la Terra fosse un disco piatto, posto al centro dell’universo. Eppure, entrambe queste credenze erano false. Neppure la primogenitura – inoltre – è prova di verità, altrimenti il cristianesimo dovrebbe far luogo all’ebraismo, e questo all’idolatria.
In realtà, esistono delle semplici e naturali ragioni per un’ampia diffusione dell’idea dell’aldilà; innanzitutto, il desiderio, fin troppo umano, di rivederivedere i propri cari