È crescente la preoccupazione nel mondo editoriale sui cambiamenti di Facebook e l’impatto negativo che questi potrebbero avere sulla consistente quota di traffico che il social network più popoloso del pianeta porta ai loro siti web.
Secondo i dati diffusi da Shareaholic, basati sull’analisi di 200mila siti web di publisher in tutto il mondo per un audience complessiva di oltre 250 milioni di persone, Facebook continua ad essere il principale driver di traffico e negli ultimi 12 mesi [da settembre 2013 a settembre 2014] la sua rilevanza è più che raddoppiata.
Anche l’analisi condotta da Socialbakers su 10mila pagine Facebook di altrettanti publisher [di]mostra come i media abbiano un livello di interazione, ed una reach organica, di gran lunga superiore alla media generale dei brand.
Il problema di Facebook, e degli altri social, non è l’algoritmo. Il problema è che nel social media marketing la parola chiave che fa la differenza è il termine marketing.
La ricerca sul giornalismo e l’organizzazione delle redazioni digitali in Italia, che il gruppo di lavoro sui “Giornalismi” del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti ha presentato a fine settembre, fa emergere come nella maggior parte dei casi gli editori non abbiano una figura specificatamente dedicata alla gestione strategica dei social.
L’improvvisazione, “l’arroganza” spensierata di voler fare un mestiere del quale non si conoscono i basic, è il problema. L’algoritmo di Facebook NON penalizza le news, sono gli editori che, parafrasando una celebre frase di Totò, stanno ancora a chiedersi per andare dove bisogna andare per dove bisogna andare?
Bonus track: A Manifesto for Building Relationships in the Digital Era