Iena ridens.
Il disco rosa del sole si leva pallido sull'orizzonte lontano della savana, i contorni sfumati nel tremolio delle fresche brezze del mattino e nel movimento incerto dell'erba verde chiaro. Gli animali sono già dovunque svegli e vigili, in cerca di cibo sempre più scarso, attenti soprattutto a non lasciarselo portar via dai vicini sempre più affamati. Il branco delle iene è in tumulto. La notte è stata terribile, con una resa dei conti che si rimandava da tempo, ma che gli ultimi fatti hanno scatenato in tutta la sua crudezza. I nodi sono venuti al pettine. Il branco tutto sommato piccolo ma forte ed insidioso aveva saputo nel tempo insinuarsi in tutta la parte nord del territorio, spargendo il fetore delle carogne delle quali si nutriva in ogni parte del parco, sottraendo a tutti i predatori cibo e potere non appena questi avessero un attimo di distrazione. Non appena le leonesse o il leopardo aveva tra le fauci la sua gazzella, subito sentivi il ridacchiare sguaiato, il digrignar di denti, la canea del branco sparso che arrivava a pretendere la sua parte, rubata e infame.All'inizio si erano contentate degli avanzi, aspettando con pazienza il loro momento, quando i resti del pasto e le carcasse semiputrefatte venivano abbandonate dagli animali più nobili, poi man mano che anche i leoni si erano indeboliti e faticavano sempre di più a cacciare le prede sempre più scarse, arrivavano di soppiatto per prendere la loro parte con sempre maggiore protervia e pretensione. Ormai arrivavano in mezzo alle mandrie di antilopi incerte e basite dalla sorpresa per questi nuovi avventori, melense e vili come sempre, azzannando poi alla gola, ansiose di sangue finalmente fresco anche per loro. La loro forza era stato il vecchio capo branco, il più feroce ed astuto che avessero mai avuto. Aveva saputo conquistarsi la fiducia degli altri grandi felini, convincendoli che solo con l'aiuto delle iene avrebbero potuto continuare ad avere il predominio della savana e loro a poco a poco avevano lasciato fare, ingrassando al loro interno il volgare e parassita nemico di sempre. Ma il capo branco era ormai vecchio e malato. Le sue femmine prendevano ormai ogni decisione, quali prede rubacchiare ed a chi, quali carogne mettere da parte per i momenti più difficili. Avevano isolato il gruppo sperando che la massa bruta e pavida degli erbivori, da sempre timorosa dei felini, si spostasse scioccamente verso il loro territorio e ogni sera abbaiavano a lungo, dopo che il rosso del tramonto lasciava spazio al buio della notte. Poi risuonavano solo lugubri guaiti e chiocce risate smozzicate.
Poi però l'intera savana aveva preso coscienza di quanto stava accadendo. Ormai tutti sapevano delle montagne di carne marcia che la famiglia del capo ammonticchiava nelle caverne lontane sotto la collina e tutti i maschi gregari del branco, in questa notte di tregenda si sono fatti sotto aggressivi, per la resa dei conti. Il capo ormai non si reggeva quasi più sulle gambe, le sue femmine, ringhiose, sono state messe in un angolo e non mostravano neppure più i canini affilati per tentare di mordere; i giovani cacciati ai margini con la coda tra le gambe e il muso basso in atto di sottomissione non hanno osato lanciare neppure un guaito di dolore. Non l'hanno ucciso, no, non è stato necessario, è bastato allontanarlo un poco, metterlo ai margini con il suo harem ed i cuccioli spauriti, poi i nuovi capi del branco sono scesi dalle rocce nella distesa di erba tenera, guardandosi in cagnesco tra di loro. Ancora non si sa chi avrà davvero il potere. Chi potrà spargere sulla savana il suo alito fetido e corrosivo. Le immense mandrie di zebre e di gnu, mescolate all'orizzonte, cercano disperatamente qualche ciuffo rimasto da brucare, divorate dalla fame. Sanno che presto le iene arriveranno di nuovo a pretendere la loro parte, mostrando i canini aguzzi, ridacchiando feroci.
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