L'unica rilevante ecccezione che mi viene in mente l'ho fatta di recente per Marco Presta. Sarà perchè ho sempre trovato la sua ironia favolosamente sagace, delicata e tagliente allo stesso tempo, sarà perché spara certi titoli che di fantasia ne richiedono diversa, fattostà che mi sono lasciata convincere ed ho letto la sua ultima fatica, "L'allegria degli angoli".
A volerlo vedere così, da lontano, è un libro sulla crisi e sulla disoccupazione, sui geometri che non trovano uno straccio di lavoro e sulle storture dell'Italia.
E non è che non sia giusto così, il libro parla davvero di un geometra che si ritrova disoccupato in una Italia dove non si costruisce più o lo si fa senza le regole giuste, ma non è solo questo.
Lorenzo è un trentenne che si ritrova senza lavoro e senza amore, ma scopre di saper fare la statua vivente. Ecco, magari per il resto non è un granché, vive con la madre, ha amici scombinati, frequenta ancora il suo anziano professore delle medie in cerca di consigli esistenziali che non lo portano a nulla: ma come Faraone ballerino è imbattibile, il migliore di tutti.
La verità è che Lorenzo è il ritratto di una generazione che non riesce a fare quello che hanno fatto i genitori, e cioè cercare di costruire qualcosa che credevano gli sarebbe spettato di diritto. E invece no, invece le cose stanno andando diversamente e non è indolenza tipica dell'italico bamboccione: è la vita.
E per Lorenzo, inchiodato al cuore dagi occhi della signora Michelina che lo vedono ancora come il figlio promettente, non c'è peggior dolore che il sapere di non rendere fiera la madre.
Molto italico, no?
Non è un libro sulla crisi, è un libro sul maschio italiano.
Che alla fine però, c'è da dirlo, ce la fa a cambiare se stesso.
Forse.
O forse sono io che c'ho letto l'ottimismo, non lo so.
So solo che il libro si legge con la semplicità con cui si beve un bicchiere d'acqua fresca.
Provatelo.