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L’allegria di Beetlejuice – Spiritello Porcello

Creato il 22 marzo 2014 da Stefanodg

“Dite il mio nome, ditelo due volte e alla terza io arriverò!”

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Allegro, spensierato, spiritico, grottesco e coinvolgente; queste sono le parole che descrivono meglio il capolavoro cinematografico del maestro del cinema Tim Burton, anche se ultimamente si è un po’ perso nel suo percorso artistico, anche a causa del suo attaccamento all’attore Johnny Depp, che è presente in gran parte dei suoi ultimi film, che non sono assolutamente dei capolavori, come “Sweeney Todd” (2007), “Alice in Wonderland” (2010) e “Dark Shadows” (2012).

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Ritornando a Beetlejuice (1988), secondo lungometraggio del regista, lo spettatore si trova avvolto in un atmosfera surreale e gotica resa ancor più bizzarra dai forti colori. Il regista costruisce dei personaggi molto caricaturali, crea delle fantastiche macchiette, evidenziandone le loro particolarità e stranezze, rendendole comiche e simpatiche all’occhio dello spettatore.

Due giovani sposi muoiono in un incidente stradale, causato da un cane, e si ritrovano a vivere come fantasmi, imprigionati nella loro dimora con un libro di istruzioni sulla loro nuova vita da defunti.

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Tutto scorre per il meglio fino a quando una famigliola viene a vivere nella loro casa, scombinandola tutta. I due tentano in tutti i modi di spaventare gli inquilini indesiderati, ma ogni loro sforzo finisce col fallire e con incuriosire e divertire la
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famigliola. La prima ad accorgersi della presenza dei fantasmi è la ragazzina “tenebrosa” , che cerca di aiutare i fantasmi e poi i suoi genitori che vogliono utilizzarli per fare soldi. Tutto cambierà con la comparsa di Beetlejuice. I defunti e i vivi troveranno una soluzione per convivere? Guardate il film e lo scoprirete!

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La trama presenta tutti i caratteri per lo svolgimento di un film horror: fantasmi, ospiti indesiderati, mostri e il maligno Beetlejuce, ma la storia si sposta su un clima ironico, creando una commedia horror, in cui lo spettatore non prova mai il terrore, l’ansia, la suspense ma è abbracciato, avvolto completamente dalla allegria, da un mondo assurdo in cui anche l’aldilà è una grande azienda e la vita di un fantasma alla fin dei conti non è così semplice.

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L’opera cinematografica non cerca di inviare al suo pubblico un vero e proprio messaggio, non vuole insegnare niente, ma cerca solamente di concedere, di raggiungere con una sana e intelligente comicità il cuore delle persone, fargli venire il riso sulle labbra. Forse se vogliamo cercare proprio una nozione che viene inviata all’individuo che segue gli eventi narrati è di vivere la vita divertendoci.

“Il cinema, secondo me, è una forma dispendiosa di psicoterapia. Mi piace l’assurdità del cinema. E’ straordinariamente divertente” cit- T. Burton.

Se ci fermiamo a pensare un attimo Burton ha perfettamente ragione, noi viviamo in una quotidianità molto complessa, molto brutale sotto certi aspetti, siamo immersi in un mondo in cui si dà poco spazio alla fantasia, all’irrazionalità ma tutto è puntato sulla ragione, il concreto. Ecco cosa è la realtà, ma il cinema ben venga che non sia reale!; l’individuo ha bisogno di staccarsi dal quotidiano, quindi ben vengano i film che distruggono totalmente il vero affidandosi al sogno, all’assurdità. In fondo il cinema è un arte, e l’arte non viene dalla razionalità, ma dal cuore, dalla parte più sensibile dell’autore.

Ogni film per essere un piccolo capolavoro ha bisogno di un mix di lavori, partendo dal regista, allo sceneggiatore, in questo caso Michael McDowell, e soprattutto di un buon compositore, che qui troviamo in Danny Elfman. La canzone simbolo di “Spiritello Porcello” è senza ombra di dubbio “ Banana Boat Song (Day O)” di Harry Belafonte.

Nel lungometraggio sono già visibili alcune tracce dello stile visionario burtiano, come i tagli dell’inquadratura che sono simili a quelli dei film espressionistici tedeschi del Gabinetto del Dottor Caligari (Wiene, 1920), in cui la scenografia è delirante, assurda, allucinante, così come è presente anche in alcune scene di Beetlejuice, in cui troviamo dei pavimenti storti a scacchi.

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Ad oggi è uscita una serie animata intitolata “In che mondo stai Beetlejuice?” (1989-91) realizzata da Burton che, in questi ultimi mesi, ha affermato che riprenderà in mano la macchina da presa per la realizzazione del sequel del film.

Titolo originale: Beeetlejuice (Usa, 1988); lingua: inglese; durata 92 min.; genere commedia e fantastico; regia Burton; soggetto McDowell, Musiche Danny Elfman; scenografia Tom Duffield; con Alec Baldwin, Geena Davis, Michael Keaton, Winona Ryder, Jeffrey Jones, Catherine O’Hara, Glenn Shadix.

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Stefano Del Giudice


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