di Antonio Bruno*
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Il Salento leccese ha circa mille ettari di acque interne salmastre. Questo ambiente costiero è un modello di tutela ambientale e potrebbe divenire anche modello di valorizzazione produttiva attraverso la gestione integrata del territorio e delle risorse.
L’intero Globo potrebbe guardare al Salento leccese riconoscendolo il “polo mediterraneo per l’acquacoltura” che dovrebbe puntare a raggiungere un livello di eccellenza nel campo della ricerca, del trasferimento tecnologico, dell’innovazione e della formazione nella filiera.
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E le acque interne del versante adriatico del Salento leccese? Sono certo che i miei affezionati lettori se lo siano chiesto dopo aver letto la mia nota su quelle dello Ionio. Ed ecco la risposta alle vostre domande, C’è a Otranto il lago Alimini e il lago Fontanelle che insieme coprono la superficie più ampia di zona umida interna ovvero 380 ettari, poi andando verso nord ecco la Valle dell’Idro, del Brunese e delle paludi Tamari con una superficie ampia 20 ettari, l’altro Gigante è il lago “Cesine” Salati e Salatelli con i suoi 300 ettari, ci sono poi i Bacini di San Cataldo con paludi Foca e annesse bassure di Ramanno di 9 ettari, il Bacino di Torre Venere e canalizzazioni di 4 ettari, il Bacino di Acquatina – Li Sausi di 98 ettari e la Bassura fiumicelli. Tutte queste acque interne rientrano nel comprensorio del Consorzio di Bonifica Ugento e Li Foggi.
Le superficie che ho riportate ci fanno comprendere che nel Salento leccese ci sono 900 ettari di acque interne nel versante Adriatico che con i 100 ettari del versante Ionico sommano circa mille ettari!
Ma a questa superficie c’è da aggiungere gli acquitrini semi permanenti che saranno più o meno altri mille ettari.
In uno scritto del 1962 del Dottore Forestale Raffaele Congedo si lamentava lo sfruttamento irrazionale delle acque interne ad opera di concessionari della pesca che in quel periodo avevano tempi limitatissimi per pescare il pesce contenuto nelle acque interne. Questi concessionari utilizzavano attrezzi di pesca micidiali come gli intramagli, le reti a strascico e scabiche che uccidono ogni forma di vita, anche i piccoli pesci appena nati.
Insomma questi concessionari rastrellavano tutto in pochi giorni lasciando alle loro spalle acque sterili e senza vita.
Il Dottore Forestale Raffaele Congedo però rilevava la presenza in questi primi anni 60 di una pratica ad opera di imprenditori innovativi che vi espongo. In una prima fase si raccolgono le larve dal mare e con contenitori areati, ossigenati e refrigerati venivano portati sino alle pesciere di acclimatamento e svernamento in cui acqua dolce e salata viene dosata in maniera opportuna.
Dopo il primo perido di acclimatamento che durava pochi giorni, le larvette raccolte potevano essere alimentate artificialmente poiché era insufficiente l’alimentazione planctonica da sola.
In questa pesciera avveniva un primo sviluppo e dopo la fase post – embrinale gli esemplari divenivano adatti alla messa a dimora. Il Dottore Forestale Raffaele Congedo annotava che i vari ambienti delle acque interne del Salento leccese si prestavano alle varie specie dei pesci anche se la specie che sembrava più adatta era l’Orata da lui definita la Regina degli Stagni!
In quegli anni si cominciò l’allevamento dei saraghi Sargus Sargus (Sargus rondeleti) pesci che esigono un ambiente limpido di corsi d’acqua defluenti in superficie e quindi quasi privi di materiali in sospensione di natura terrosa e limacciosa.
Il sarago vive bene nel Salento leccese poiché le acque sono raddolcite e riscaldate da un inverno mite. L’alimento naturale delle orate e dei saraghi pizzuti è costituito da piccoli vermi e crostacei che crescono nel mezzo della matrice algale che si forma formatasi sul fondo delle acque interne del Salento leccese, quindi non mangiano altri pesci e costituiscono un allevamento di tipo sostenibile.
L’intuizione del Dottore Forestale Raffaele Congedo è stata antesigniniana rispetto all’entrata in vigore il 1° luglio del 2010 il Regolamento CE n.710/09 che disciplina l’acquacoltura biologica, uniformando il quadro giuridico nei diversi Stati membri.
L’acquacoltura è un settore fortemente in espansione e le Puglie hanno raggiunto alcuni importanti risultati, infatti un’azienda delle Puglie lo scorso anno ha ottenuto un risultato scientifico di portata mondiale riuscendo ad effettuare la riproduzione del tonno rosso in cattività.
Lo sviluppo può e deve essere sostenibile, dobbiamo avere riguardo per l’ambiente e per le specie animali, individuando sistemi di produzione e cattura che siano rispettosi degli equilibri naturali.
L’acquacoltura è un settore ad alto valore aggiunto, in cui si fa molta ricerca ma vi sono anche un’ampia domanda da parte del mercato e varie possibilità di creazione di indotto e quindi occupazione.
La produzione di spigole e orate biologiche nel Mediterraneo è destinata a passare nei prossimi 5-6 anni dalle attuali 160 tonnellate alle 10mila tonnellate. Recenti dati FAO rivelano inoltre che la produzione mondiale dell’acquacoltura biologica è aumentata del 950% negli ultimi 20-25 anni, e si prevede che raggiungerà le 500.000 tonnellate entro il 2015.
Io mi chiedo e ti chiedo, con 2mila ettari di acque interne perché non cominciamo a prendere in seria considerazione l’allevamento di orate e dei saraghi pizzuti nel Salento leccese?
Bibliografia
Raffaele Congedo: Primi Cenni sui risultati dell’acclimatamento e svernamento del novellame da semina di origine marina