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L´alter ego nei romanzi

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L´alter ego nei romanzi

Fin dall'Ottocento il tema dell'alter ego è presente nelle menti dei grandi romanzieri. Spesso essi avvertono l'esigenza di parlare di sé, senza però far sapere che in realtà il racconto rappresenta un'autobiografia. A tale scopo, viene creato un "alter ego", termine che deriva dal latino "altro io", ovvero la creazione di un "altro sé", una seconda personalità all'interno di un soggetto. In particolare, nell'analisi letteraria, questo termine viene comunemente utilizzato per descrivere personaggi che sono psicologicamente opposti l'uno all'altro.

In realtà, un primo abbozzo di questa idea può essere visto nel MACBETH del drammaturgo inglese William Shakespeare (1564- 1616) e risalire quindi ai tempi del Rinascimento. Macbeth è il protagonista dell'omonima tragedia, che vede il suo alter ego nella moglie, Lady Macbeth. La relazione fra i coniugi è peculiare, così come sbalorditiva è la conoscenza di Lady Macbeth dei pensieri e desideri del proprio marito, a tal punto totalizzante da assomigliare alle divagazioni di una mente sul proprio corpo. In questo Shakespeare è precursore, poiché crea una simbiosi fra i due, che più che data da un vero e proprio dialogo, consiste in una digressione tra gli alti e bassi di una mente terrorizzata all'idea di compiere un atto al quale non è avvezza. A quei tempi infatti, sebbene l'omicidio fosse un atto consueto, l'assassinio di un re veniva considerato un crimine contro natura e contro Dio. Macbeth rappresenta quindi un "embrione" di alter ego, dal quale scaturisce una personalità schizofrenica, scissa; che verrà rielaborato nei secoli successivi, fino a trasformarsi in quel concetto che abbiamo oggi.

L´alter ego nei romanzi
"LE ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS", il più grande romanzo di Ugo Foscolo (1778- 1827), ne è un esempio. È considerato il primo romanzo epistolare della letteratura italiana, nonché un romanzo "aperto", poiché continuamente rimaneggiato e ritoccato dal suo autore. L'idea risale al 1796, ma la pubblicazione è del 1799. Il protagonista, Jacopo Ortis, è una maschera dietro la quale si cela lo stesso autore, ma soprattutto le sue concezioni di bellezza e di amore; fino a sfociare nell'idea di suicidio, maturata gradualmente, come unica scelta possibile per chi non riesce ad affermare la propria volontà.

L'alter ego più celebre della letteratura di tutti i tempi, ancor oggi citato come sinonimo di doppia personalità, oppure semplicemente di aspetti diversi che convivono in un unico individuo, è stato creato dallo scrittore scozzese Robert Louis Stevenson (1850- 1894) nel 1886 con la pubblicazione de "LO STRANO CASO DEL DOTTOR JEKYLL E DEL SIGNOR HYDE". Lo scienziato Jekyll, attraverso esperimenti di laboratorio, crea una pozione che consente di separare la parte malvagia da quella onesta. Bevendo l'intruglio, il dottore fa emergere il proprio alter ego, violento e privo di compassione, che incute timore anche nell'aspetto fisico. Tutto si traduce in una lotta personale fra Jekyll e Hyde, in quanto due componenti di un'unica anima che si scontrano. In alcuni momenti, vi è una parte che prevale sull'altra, ma la lotta è incessante, estenuante. Jekyll si illude di poter controllare Hyde, alternando l'assunzione di pozione e antidoto, ma in realtà il rapporto fra i "due" sfugge al controllo, fino a giungere al tragico finale. Stevenson ha messo in evidenza quanto l'animo umano sia complesso e ricco di sfaccettature e quanto potere possa assumere un alter ego che vive al di là della volontà del suo creatore.

L´alter ego nei romanzi
"IL RITRATTO DI DORIAN GRAY" è stato scritto da Oscar Wilde (1854- 1900), poeta e scrittore irlandese, e pubblicato nel 1891. Dorian Gray è uno splendido giovane, dotato di un'anima pura, fino al suo incontro col pittore Basil Wallward e con il dandy Lord Henry Wotton. Alla fine dell'Ottocento possiamo dire che Wilde abbia creato con maestria un moderno "avatar", incarnato dal bellissimo ritratto del giovane Dorian. Hallward esegue su tela, un alter ego del suo modello e un patto diabolico fa sì che i segni del tempo e delle nefandezze compiute da Dorian Gray si ripercuotano nel quadro, che imbruttisce ed invecchia al posto suo. Mentre lui, Dorian, rimane giovane e sempre uguale a se stesso. Il finale ricompone l'equilibrio fra mondo reale e mondo virtuale. Quando Dorian Gray trafigge la sua immagine dipinta, muore. E sul suo corpo giungono i segni della vita scellerata che lo ha irretito.

La moderna letteratura è ricca di geniali romanzieri che scrivono di sosia o di gemelli cattivi, testimonianze di come sia diventato semplice creare un alter ego dietro cui celarsi.


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