Di primo acchito, risponderei: “non lo so”. Non è tanto una professione di ignoranza, la mia, quanto un crollare di spalle di fronte ad una definizione che sento parecchio difficile da esprimere. Almeno con le mie parole e il mio sentire, s’intende. Basta digitare la parola romantico in Google, ed escono risultati illimitati. Basta aprire un’antologia di letture liceali, un saggio sulla letteratura ottocentesca in Europa e dintorni, per inciampare in una montagna enorme chiamata “Romanticismo”. Se dovessi dare io una definizione di romantico e romanticismo, mi sento piuttosto nei guai. Posso iniziare rifiutando il contorno di occhi sognanti, espressioni languide, cuoricini sparsi nell’aria, visi e corpi esangui, tipici di una certa letteratura ottocentesca che un sottogenere molto scaltro di marketing delle emozioni ha ripescato per San Valentino. Rimando al mittente anche la sensibilità estrema di certi personaggi figli di grandissimi autori come Goethe e Foscolo, che li faceva agire contro se stessi, procurando loro sofferenze in sovrappiù. Edoardo (Le affinità elettive) mi faceva prudere le mani dalla voglia di schiaffeggiarlo per riscuoterlo dal suo comportamento ossessivo e puerile, mentre Faust sapeva attirarsi le mie simpatie con quel suo desiderio di conoscenza onnipotente, mal incanalato, che poi lo porta alla rovina. Non prendo nemmeno più in considerazione le varie espressioni “non so vivere senza di te”, “sei tutta la mia vita”, ecc., che ritrovavo nei romanzi d’amore melensi della mia gioventù sconsiderata (almeno dal punto di vista di queste letture!). Sono arrivata a considerarle espressioni di una dipendenza fonte di sofferenze sadomasochistiche, e per di più, di matrice irreale. Bene. E ora che sono andata per esclusione, cos’è romantico per me? Dopo diverse elucubrazioni, posso dire che per me, il romanticismo si trova in natura. In certi posti tinti di colori non traducibili dai pittori, difficilmente catturabili dai fotografi. In certe espressioni intente e indecifrabili di persone immerse nei loro pensieri e nei loro sentimenti. Sono momenti in cui l’anima si ferma e ascolta in profondità e in silenzio quella perfezione di forme, colori, rumori e sensazioni. Non c’è bisogno di altro: solo silenzio e immersione.
Magazine Cultura
L’Amanita#3 – Del Romanticismo: conversazione digitale a due voci e due tempi
Creato il 27 gennaio 2014 da Loredana GasparriDi primo acchito, risponderei: “non lo so”. Non è tanto una professione di ignoranza, la mia, quanto un crollare di spalle di fronte ad una definizione che sento parecchio difficile da esprimere. Almeno con le mie parole e il mio sentire, s’intende. Basta digitare la parola romantico in Google, ed escono risultati illimitati. Basta aprire un’antologia di letture liceali, un saggio sulla letteratura ottocentesca in Europa e dintorni, per inciampare in una montagna enorme chiamata “Romanticismo”. Se dovessi dare io una definizione di romantico e romanticismo, mi sento piuttosto nei guai. Posso iniziare rifiutando il contorno di occhi sognanti, espressioni languide, cuoricini sparsi nell’aria, visi e corpi esangui, tipici di una certa letteratura ottocentesca che un sottogenere molto scaltro di marketing delle emozioni ha ripescato per San Valentino. Rimando al mittente anche la sensibilità estrema di certi personaggi figli di grandissimi autori come Goethe e Foscolo, che li faceva agire contro se stessi, procurando loro sofferenze in sovrappiù. Edoardo (Le affinità elettive) mi faceva prudere le mani dalla voglia di schiaffeggiarlo per riscuoterlo dal suo comportamento ossessivo e puerile, mentre Faust sapeva attirarsi le mie simpatie con quel suo desiderio di conoscenza onnipotente, mal incanalato, che poi lo porta alla rovina. Non prendo nemmeno più in considerazione le varie espressioni “non so vivere senza di te”, “sei tutta la mia vita”, ecc., che ritrovavo nei romanzi d’amore melensi della mia gioventù sconsiderata (almeno dal punto di vista di queste letture!). Sono arrivata a considerarle espressioni di una dipendenza fonte di sofferenze sadomasochistiche, e per di più, di matrice irreale. Bene. E ora che sono andata per esclusione, cos’è romantico per me? Dopo diverse elucubrazioni, posso dire che per me, il romanticismo si trova in natura. In certi posti tinti di colori non traducibili dai pittori, difficilmente catturabili dai fotografi. In certe espressioni intente e indecifrabili di persone immerse nei loro pensieri e nei loro sentimenti. Sono momenti in cui l’anima si ferma e ascolta in profondità e in silenzio quella perfezione di forme, colori, rumori e sensazioni. Non c’è bisogno di altro: solo silenzio e immersione.
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