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L'Amanita#57 - L'Amanita confusa e indecisa, secondo round.

Creato il 07 agosto 2015 da Loredana Gasparri

L'Amanita#57 - L'Amanita confusa e indecisa, secondo round.

Intanto ho capito il disagio di trent'anni fa: non c'è il lieto fine come in Jane Eyre.

L'Amanita adulta apprezza pienamente il finale amaro: una donna può essere felice perfino (sì, è sarcasmo velenoso) senza matrimonio, anche se capisco che per una donna dell'Ottocento il concetto potesse essere indigesto.

Il problema è tutto quello che accade prima del finale.

Lasciamo perdere i dialoghi in francese. Anzi, Neurino-Mio mi ha sorpreso: non capisco una beata cippa quando mi parlano in francese, ma ho scoperto che riesco a leggerlo. Ho più o meno capito quello che ho letto. Misteri del cervello umano!

L'Amanita#57 - L'Amanita confusa e indecisa, secondo round.

Dicevo. Leggere Villette è un viaggio su un vecchio treno scomodo con tanti passeggeri antipatici. Non c'è nemmeno il conforto di un bel paesaggio con cui distrarsi: il treno sferraglia nella nebbia.

Lucy ha scatenato le sfere rotanti per almeno tre quarti del libro. Apprezzo una sua caratteristica: una donna sola, che impara a vivere con se stessa. Sì, va be', impara per modo di dire: in realtà quel finale brusco lascia intravedere una vecchiaia amara nel rimpianto. Voglio essere ottimista e sperare che Lucy non si rassegni con mestizia.

Le altre figure femminili... appunto, fossi stata su un treno, le avrei scaraventate quasi tutte giù.

Magari assieme ai principali personaggi maschili. A cominciare dal pio professore, continuiamo col bel dottore e chiudiamo in bellezza col prete cattolico.

Uno più irritante dell'altro.

Potevi scendere dal treno, mi direte.

Non ricordavo come finiva ed oramai volevo saperlo. E c'è sempre la speranza di un riscatto finale - speranza non realizzata.

Ma l'aspetto decisivo è quello teologico.

Villette è una città immaginaria a maggioranza cattolica.

A volte sembra uno scontro. Anzi, inizia con uno scontro, ma poi si arriva ad una comprensione reciproca che ho gradito molto.

La Brontë, soprattutto all'inizio, insiste parecchio sulla differenza tra la protestante Lucy ed il mondo cattolico che la circonda; poi passa al confronto tra Lucy e l'insegnante, manovrato e soggiogato da Roma papale. La cristianità cattolica è descritta come una massa di bigotti ipocriti senza cervello, l'unico essere pensante è il papa (occhio, sto ringhiando) e domina incontrastato. Chiesa significa corruzione, invece il protestante è più sincero. Ed altre generalizzazioni simili.

All'inizio mi ha infastidito: la corruzione è nell'essere umano, non un monopolio dei cattolici.

Poi mi sono sganasciata dalle risate.

Sono cattolica, sì. Per la precisione: una cattolica che protesta e che si permette di scegliere (eresia significa scelta, deriva dal verbo greco "scegliere"; solo dopo i primi concili è diventato sinonimo di "scelta sbagliata"). Però se fossi stata contemporanea di Lucy, avrei avuto qualche problemino...

Ho almeno una certezza: no, non lo rileggerò.


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