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L’amante a partita Iva – Parte Seconda

Creato il 29 maggio 2014 da Signorponza @signorponza

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L’amante a partita Iva – Parte Seconda

Eravamo rimasti al dramma. Che notoriamente mi aspetta dietro l’angolo. In realtà lo trovi anche in un parco qualsiasi di Roma sud. Tra gli adolescenti che se la limonano come se non ci fosse un domani, quelli che fanno jogging, ed i vecchi con i cani a spasso. Proprio lì, c’ero pure io con #IlRagazzoColSuv a discorrere sul perché, dopo tre settimane di fuoco e fiamme, improvvisamente, e senza preavviso c’era la stasi. La noia. Ci eravamo allontanati.

Io lo stavo punendo da qualche giorno. Aveva dormito da me, e mentre intimamente ce la spassavamo, il suo ragazzo gli ha telefonato. Io ho capito subito. Mi è bastato un secondo per leggere i suoi occhi. All’improvviso le tre settimane precedenti sono state cancellate, in un secondo. Con me si divertiva ed era sempre brioso. Il quel momento il dispiacere e l’inquietudine lo avevano raggiunto. Per la prima volta io non ero un suo amico qualsiasi. Per la prima volta io rappresentavo, in maniera tangibile, il dazio che lui stesso stava pagando.

L’Imposta sul Valore Aggiunto, ovvero tutto quello che gli mancava, nel suo quotidiano lo aveva trovato in me. E in quel momento aveva un costo troppo alto. Un costo che ho capito subito, lui, non poteva permettersi di pagare. Irrimediabilmente braccato e con le spalle al muro abbiamo continuato a fare quello che stavamo facendo, perché in fondo io sono l’amante, e servo anche e principalmente a una cosa. Ci siamo addormentati poco dopo. Anzi, io mi sono addormentato. Lui si è tormentato tutta la notte. Si è girato e rigirato senza mai prendere veramente sonno.

Iva Zanicchi

L’indomani mattina, ho trovato io il conto da pagare, naturalmente. Davanti a me non c’era un’altra persona. Non aveva voglia di avvicinarsi a me, non voleva più intimità e neanche voleva parlarne. La scusa era che la mattina lui certe cose non le fa. #Credeghe. Abbiamo fatto colazione di corsa, seppur doveva essere il momento giusto per riscoprirci vicini, in realtà tutto si è gelato di colpo. Mentre guidavo verso il lavoro rimuginavo sulla notte insieme. Su quanto sia stato controproducente. Eppure l’aspettavo con impazienza. Ed è stato solo un irrimediabile flop. Flop che ci ha definitivamente fatto ignorare. Per cinque lunghi giorni.

I giorni del silenzio, come li ho chiamati io. Pochi messaggi. E di poco conto. Orari inconciliabili e neanche la possibilità di vederci. In più, i pareri dei miei amici, che arrivano sempre prima di me ad aver chiaro tutto il quadro. “Hai sbagliato tu. Non dovevi andarci a cena. Non dovevi presentarcelo. Non dovevi comportarti come fossi tu il suo ragazzo. Tu sei l’amante. E l’amante deve comportarsi come tale. Tu sei già innamorato. E si vede”. Un sunto di tutti i loro punti di vista.

Ovviamente, non li ho condivisi. Niente affatto. Mentre i giorni passavano lenti ed avevo perso le speranze su noi due, io mi rendevo conto che il mio non era amore. Non poteva esserlo. E pure lui non mi pareva innamorato. Anzi. Perché ne sono certo? Mi si pone il problema: presto sarà il suo compleanno, ed io che adoro fare i regali non ho la più pallida idea di cosa regalargli. Sembrerà una gran cazzata, ma in realtà è molto indicativa della situazione in cui verso. Non ci conosciamo.

E seppur insieme stiamo bene, in quasi tutto direi, almeno per quanto mi riguarda, sento che qualcosa in tutta questa storia mi manca. Ecco, siamo alle solite. Mi sto facendo molte pippe. Troppe. Relax. Le cose poi sono andate avanti, perché io ci ho parlato. Ed ho chiarito tutto, in maniera molto schietta e sincera. Abbiamo discusso, e mica poco, ed infine siamo arrivati ad una scelta. Comune. Ma che ha spazzato via tutte queste mie problematiche riflessioni. Ci si vede quando si può, e quando uno dei due ha voglia.
Che mi può stare bene. E che mi può soddisfare. Finché ovviamente non ci sarà un nuovo dramma, e magari ci penserò.

La morale? Non c’è. O meglio che l’amante ha sempre una vita difficile, ma si sa. Pure chi tradisce, ovvio. E i sensi di colpa poi. Ma queste cose bisogna solo prenderle per il verso giusto. E non giudicare. Ecco, la mia soluzione è pensare al sesso. Che forse è la molla giusta da tirare. E poi lui ha il Suv. E mi ci porta a spasso. E ce l’ha proprio in mezzo alla gambe. Che praticamente al momento è l’unica cosa che davvero deve contare. Olè.

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Il post L’amante a partita Iva – Parte Seconda, scritto da Annabelle Bronstein, appartiene al blog Così è (se vi pare).


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