L’amara verità è piena di buchi (Soufflé al formaggio)

Da Diletti Riletti @DilettieRiletti

“Ok, ok, ok, niente panico” pensò, mentre con un morso cercava di piegare una sbarra di ferro. Era stato sempre considerato un soggetto di intelligenza superiore, eppure stavolta temeva di impazzire, compiva gesti davvero insensati, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di fuggire. Compreso spezzarsi un dente. Cominciò a girare in circolo in quella gabbia quadrata, troppo piccola per chiunque, figuriamoci per lui, abituato agli spazi siderali. “Chissà perché si gira in cerchio invece che camminare in linea retta, da angolo ad angolo” disse ad alta voce, si rese conto di stare straparlando, sull’orlo della follia pronto già per il grande salto. Lo tenevano rinchiuso, segregato, lo spiavano, gli somministravano test e medicinali, lui protestava e si dimenava, contorcendosi in una sorta di danza tribale mentre loro, i dottori, cercavano d’afferrarlo, proteggendosi le mani per paura li mordesse, lui, un astronauta, umiliato come mai avrebbe pensato possibile. Sapeva troppo Edgar, questo era il suo nome, dunque lo avevano imprigionato per paura riuscisse a far conoscere al mondo intero la verità. E statene certi lo avrebbe fatto, avrebbe trovato il modo, superato qualsiasi difficoltà, quel segreto l’avrebbe svelato, era troppo, troppo importante. Quando dopo estenuanti esperimenti lo avevano riportato nella sua cella, Edgar distrutto si lasciò cadere a terra goffamente, tanto si sentiva stanco. Dormiva poco, cosciente che avrebbero potuto decidere d’eliminarlo in qualsiasi momento, la lobby dei fast food, quella degli agricoltori, quella degli allevatori, quella dei trasportatori, insomma tutti quelli che avevano da guadagnare con la “fame”, non col cibo.

“La differenza è sostanziale” rimuginava Ed -per gli amici come noi, siamo o no tutti in pena per lui?- Dicevamo: “La differenza è sostanziale” rimuginava, “ci sono i piccoli agricoltori, con delle terre curate, amate, rispettate, che sudano e maledicono il loro destino, poi però si mangiano un pomodoro che sa di pomodoro, non di cartone, e così sentono la beatitudine” e poi “ci sono i piccoli allevatori, ai polli e alle mucche danno mangime e erba, non gli fanno mangiare certo le ossa e la carne dei loro fratelli e sorelle, che scuoiano un coniglio con la naturalezza con cui si pettinano, sembrano peggio d’un generale nazista, ma mai, una sola volta nemmeno, quel coniglio avrebbe barattato la sua esistenza con quella d’un pollo di batteria” e “ insomma loro, ed i piccoli fruttivendoli, ed i carretti patate e cipolle, loro no, ma gli altri…” tremava al sol pensiero Ed.

Pensava a pochi mesi prima, al suo allunaggio –sì, signori, Ed era stato sulla luna- all’emozione del lancio, al rombo che gli aveva attraversato il corpo, al brivido di paura che gli aveva fatto raccomandare a Dio la sua anima e quella di tutti i suoi figli, alla partenza, al viaggio con le stelle a fare da tappeto e da tetto, e al maledetto sbarco.  Era sceso trasportato da un compagno, l’assenza di gravità l’aveva inebriato, era sempre stato goffo, ma in quel momento si era sentito una farfalla, no anzi una libellula, o ancora di meno chissà, un raggio di luna, inconsistente e felice, ebbro del trionfo, non era morto, era lì.

D’un tratto però aveva realizzato ogni cosa, era una scoperta sensazionale, tutti avrebbero dovuto saperlo, folle acclamanti l’avrebbero trasportato in trionfo, osannato come una divinità, che sciocchezza quegli egizi e la loro fissazione coi gatti… Al rientro invece l’amara scoperta, i due compagni tacevano la verità, di nuovo un piccolo passo, anni ed anni dopo quello di Neil e bla bla, nessuna menzione di ciò che avevano visto, nessuna lingua che pronunciasse la memorabile frase: gioite, terrestri tutti, finite in ogni luogo saranno le carestie, la fame, il dolore, LA LUNA È  FATTA DI FORMAGGIO, delizioso formaggio, probabilmente tipo groviera, con tutti quei buchi.

Miserabili bugiardi, assassini, servi del potere, tacevano ogni cosa e lui, che sapevano tutti essere integerrimo, di principi nobile e di forza bruta, era stato rinchiuso e costretto a marcire in quel luogo angusto. Edgar, il ratto di laboratorio, o cavia che dir si voglia, non si dava pace.

Poi accadde: il novellino, un rossiccio assunto da poco nei laboratori della Nasa, lasciò la porticina della gabbia aperta, spinto dalla repulsa nei confronti del piccoletto eroico. Per spingerlo all’interno della prigione il più velocemente possibile, aveva sbadatamente spianato ad Edgar la strada per la libertà. Corse Edgar, a perdifiato, lungo corridoi e scale e grondaie, corse senza mai voltarsi dietro, corse come fosse l’ultima speranza al mondo. Arrivò in un edificio separato dai laboratori e tirò un sospiro, era forse in salvo, scorse una scrivania e vi si arrampicò con una tale agilità che pareva di nuovo sulla Luna, di nuovo senza gravità. C’era un pc sul tavolo ed Edgar, che non sapeva parlare ma leggeva come un fulmine, riuscì ad avvicinare la coda alla tastiera, si chiese da dove cominciare, a chi dire la verità, a chi chiedere aiuto. Con fatica digitò sulla tastiera in un motore di ricerca la chiave “fame nel mondo”, sperando di trovare qualche risposta su come muoversi, ma quel che vide lo distrusse.

Lesse che nel mondo era prodotto cibo sufficiente a sfamare tutta la popolazione, ma che la maggior parte finiva a marcire; mentre da un lato si moriva per l’obesità dall’altro si moriva di fame. Capì che lo avrebbero messo a tacere o, peggio, qualche colosso alimentare avrebbe comprato la Luna e nulla sarebbe cambiato.

“Non la meritate la Luna di formaggio” pensò, “vi sopravvivranno i topi”. Si trascinò fino alla prima fogna e tornò dai suoi simili. Guai da allora a nominargli gli uomini e la Luna.

Secondo Piatto

Soufflé al formaggio lunare

Per 4/6 topi mediamente affamati
30 cl di panna fresca, 3 cucchiai di fecola di patate (o maizena), 30 g di burro, 6 uova, 220 g di Emmental grattugiato, più 3 cucchiai per lo stampo, più un pezzetto da rosicchiare durante la preparazione, 4 pizzichi di noce moscata grattugiata, sale, pepe, burro per imburrare lo stampo.

Prima di iniziare, riscaldate il forno a 200° C

Imburrate con abbondanza lo stampo e senza più toccare la parte interna spolveratelo con i tre cucchiai di Emmental grattugiato.

Portate ad ebollizione la panna mescolata con la fecola per 5 minuti fino ad ottenere una crema spessa. Fuori dal fuoco aggiungete il burro, mescolando bene.
Aggiungete i tuorli uno ad uno, continuando a mescolare, poi il formaggio grattugiato e la noce moscata, sale e pepe.

Ora montate a neve soda gli albumi con un pizzico di sale e aggiungeteli al composto mescolando delicatamente per incorporarvi l’aria.


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