La recente escalation diplomatica tra Cile e Bolivia, riguardo le pretese di quest’ultimo paese di uno sbocco sull’Oceano pacifico, ha riportato alle cronache il tema delle spese militari in America latina. Los hermanos latinoamericanos, nonostante le mutue assicurazioni di collaborazione e fratellanza, hanno registrato nel 2010 il maggior aumento percentuale nella spesa militare nel mondo. Seppur lontano dalle cifre di Stati Uniti ed Europa (63.000 milioni di dollari contro i quasi 700 dei soli Usa), il dato è indicativo del cambio di tendenza in corso negli ultimi anni e pone le relazioni tra i paesi latinoamericani sotto una differente luce da quella che le varie unioni e dichiarazioni di fratellanza vorrebbero suggerire.
Dal 2003 al 2008 gli acquisti di materiale bellico sono aumentati del 91%. Il Sipri, il qualificato istituto di ricerca svedese (http://www.sipri.org/) ha pubblicato qualche mese fa dati allarmanti, secondo cui l’America latina ha registrato nel 2010 il maggior aumento nella spesa militare, superando le zone calde del pianeta dove sono in corso conflitti. Sono numeri, insomma, che dicono chiaramente che la regione si sta armando.
In testa alla graduatoria ci sono il Cile ed il Brasile: questione di difesa, dicono i loro leader, ma per difendersi da chi? In Cile, paese dalla vocazione militarista, vale il detto che è meglio prevenire che curare. La pretesa boliviana non è il solo tema che preoccupa i cileni, che stanno affrontando un litigio internazionale con il Perù per i limiti marittimi. Il governo cileno ha speso tra il 1996 ed il 2008 17.677 milioni di dollari per armarsi, una situazione che preoccupa i suoi vicini. Secondo l’ex comandante delle Forze armate peruviane, Jorge Montoya, si tratta della ¨maniera cilena¨ di dissuadere Bolivia e Perù da futuri reclami territoriali, ossia mostrando i muscoli. D’altronde il motto ¨Por la razón o la fuerza¨ che campeggia nello scudo nazionale, la dice lunga sulla natura guerriera dei cileni, che hanno sostenuto per anni le loro Forze armate con un tributo del 10% sulle vendite del rame, minerale di cui sono i maggiori produttori al mondo.
Il Brasile non ha pericoli apparenti da affrontare, ma intanto è la dodicesima potenza militare del pianeta, capace di spendere nel 2009 27.000 milioni di dollari, appena ridotti a 25.000 milioni nel 2010. Le spese pazze sono state volute da Lula da Silva, che durante la sua presidenza arrivò a potenziare di un 50% il preventivo per le Forze armate, una tendenza che la Rousseff ha appena mitigato. Il Brasile del futuro, insomma, non vuole essere solo una potenza economica, ma anche militare.
È però la Colombia il paese su cui pesa di più la spesa militare, visto che assegna il 3,5% del suo prodotto interno lordo per mantenere l’esercito. Una situazione questa che il governo giustifica con la presenza delle Farc. Quello colombiano è l’unico conflitto interno attualmente in corso in tutta l’America latina: perché allora tanto armamento?
Secondo alcuni analisti, la ragione starebbe semplicemente nella necessità di modernizzare un settore diventato con gli anni obsoleto. La corsa consumista interessa anche il mercato delle armi e gli ultimi modelli, si sa, sono sempre più funzionali. A fare affari sono soprattutto gli Stati Uniti, la Russia (che vende al Venezuela) e la Francia, ma anche l’Italia ha chiuso importanti contratti, soprattutto con il Perù.
Le previsioni per il 2012 sono al ribasso, ma la sostanza non cambia. I principali paesi della regione hanno già provveduto a riempire il carrello della spesa e non è un caso, quindi, che a spendere di più quest’anno sia stato il Paraguay, che anteriormente era rimasto alla finestra. Chi prima o chi dopo, insomma, ma non si bada a spese. Difficile da accettare, ma per i paesi latinoamericani, assillati da problemi atavici e con duecento milioni di poveri, le priorità sono altre.
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