L’americano

Creato il 06 aprile 2013 da Caval48 @carlovalentini

Matteo Renzi, l'americano. In settembre era volato alla convention democratica. La sfida per la presidenza era all'ultimo voto e il sindaco di Firenze venne invitato a convincere gli italoamericani che Obama era il migliore. Adesso il favore viene reso. Sono gli americani ad ospitare Renzi, fornendogli quella patente di internazionalità che non guasta a chi spesso è ancora visto come un bravo ragazzo di belle speranze.

Il rottamatore, ormai ex, terrà la lezione finale alla Johns Hopkins University, blasonato ateneo americano che si occupa di politica internazionale e prepara futuri ambasciatori e funzionari di organizzazioni che spaziano nel mondo.La Johnsha una sede in Europa, a Bologna. Vi ha insegnato spesso Romano Prodi. Ma sono di casa anche Sergio Romano, Gianfranco Pasquino, Umberto Eco. Nell'albo d'oro degli studenti troviamo Enzo Grilli, Umberto Vattani, Giuseppe Leone e tanti stranieri, infatti lo statuto prevede una rigorosa divisione per nazionalità, gli iscritti debbono provenire da tutti i Continenti. Un parterre prestigioso, al quale Renzi cercherà di spiegare la politica italiana ricevendo in cambio un riconoscimento internazionale da aggiungere alla sua immagine. Certo, da Maria de Filippi alla Johns Hopkins il passo è lungo ma la campagna elettorale è incominciata e l'aspirante-segretario e aspirante-presidente-del-consiglio non lascia nulla di intentato: i voti si prendono tra le canzonette così come tra l'intellighenzia che sarà in prima fila ad ascoltarlo e applaudirlo. Aveva dato l'ok anche Romano Prodi ma la sua presenza non è più sicura per via dell'ex-presidente del consiglio regionale dell'Emilia-Romagna e neo-parlamentare Pd, Matteo Ricchetti, braccio destro di Renzi, che ha silurato la candidatura di Prodi alla presidenza della Repubblica: "Non ho difficoltà a dire che se la candidatura di Prodi verrà utilizzata come una clava per certificare l'incomunicabilità col centrodestra significherà una cosa: che non si vuole un governo e si vogliono le elezioni". L'incontro tra i due non sarebbe tra i più cordiali e quindi il Professore potrebbe disertare.

Tu vuo' fa l'americano ? Renzi ci prova e non lo nasconde. Alla convention democratica del North Carolina, il Corriere della Sera mandò un inviato al seguito del sindaco, che scrisse, gioiosamente: "Il sindaco di Firenze ha trascorso 24 ore di passione e contaminazione politica alla convention democratica. La sua prima. E fa palesemente fatica a celare il suo entusiasmo naive e sincero dietro un tono serioso, più adatto a quello di aspirante leader del centrosinistra italiano, che cerca contatti e ispirazione presso i cugini d'Oltreoceano.... . "Ho rivisto tantissime volte il video col discorso di Obama del 2004- dice- ma esserci dal vivo è un'altra cosa. Loro sanno creare una narrazione, raccontare il loro progetto. Con una incredibile abilità oratoria. Noi siamo vent'anni indietro". E ancora, scrive il Corriere: "La forte attrazione di Renzi per i democratici americani e per Obama ha una forte spiegazione politica in chiave italiana. È chiaro infatti come lui veda nel modello dell'insurgent, il ribelle che corre e vince contro l'establishment del partito, molte somiglianze con la sua sfida ai dirigenti storici del Pd. Una visione politica, ha precisato, che è "all'opposto di quella di D'Alema, che privilegia le manovre politiche di vertice"".

Pochi giorni dopo avrebbe dovuto incontrare Bill Clinton, venuto in Italia a fare il testimonial di un'azienda di attrezzi per palestre. Ma si era in piena campagna per le primarie e Clinton fu convinto a farsi i fatti suoi, così Renzi rimase sconsolato a Firenze.

L'uomo di collegamento tra Renzi e gli "american friends" è Marco Carrai, che presiede la struttura finanziaria del sindaco, Festina Lente (vecchio motto mediceo: "avanti con giudizio"). Il cattolicissimo Carrai, ex-consigliere comunale, amministratore delegato di Firenze Parcheggi (nominato dal Monte dei Paschi) ha un'azienda edile di famiglia con sede a Greve in Chianti e fa affari negli States grazie all'amicizia con Paolo Fresco, ex presidente della Fiat (è stato nel board della General Electric) e con Corrado Passera (siede anche nel consiglio della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze che di Intesa è azionista con il 3%).

E' lui a procurare i fondi per l'attività politica di Renzi e a costruirgli i buoni rapporti con i democratici Usa. Adesso il primo cittadino di Firenze si ritroverà nella blasonata università americana-bolognese. Appuntamento il 25 maggio. Sala già stracolma. 200 gli studenti, altrettanti gli invitati. Ormai solo posti in piedi. Poiché Beppe Grillo fa scuola i giornalisti, per ora, sarebbero tenuti fuori dalla porta. Tra gli opinion leader invitati a chiudere le lezioni nei passati anni accademici: Mario Draghi, Emma Bonino, Francesco Guccini, Antonio Fazio (quand'era governatore di

Banca d'Italia, prima quindi delle sue vicissitudini giudiziarie).

Matteo Renzi terrà la prolusione in inglese, e anche questo fa immagine. E' stato lui a sceglierlo, rifiutando la traduzione simultanea che gli era stata offerta. A presentarlo sarà il direttore della sede distaccata dell'università americana, Kenneth Harrison Keller, che prima di spedire l'invito a Firenze ha chiesto il permesso alla propria sede di Washington, rapido confronto con l'ambasciatore e il dipartimento di Stato, poi il sì: Renzi for president.

Non sono più gli anni della guerra fredda. Gli Stati Uniti si muovono con più sobrietà nei confronti dell'Italia. Nei giorni scorsi l'ambasciatore americano, David Thorne, ha incontrato una delegazione del movimento 5stelle, con seguito di elogi che ha poi dovuto in parte smentire. Adesso è il turno dell'enfant terrible, che sta volando nei sondaggi. Una strategia di movimento da parte degli americani, che cercano di capire se, quando e come partirà la terza repubblica. Renzi riuscirà a spiegargliela ?


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