L'amica geniale

Creato il 11 febbraio 2015 da Ninapennacchi

 Replicai: se mi lascia anche Imma, la mia vita non ha più senso. Ma lei sorrise: dov’è scritto che le vite debbano avere un senso? (Elena Ferrante, "Storia della bambina perduta")
Sono arrivata alla fine della serie de L'amica geniale di Elena Ferrante con gli occhi spalancati e in uno stato che non potrei che definire "scioccato". Perché mi ha scioccato non lo so, o meglio lo so ma non voglio dirvelo. Troppo personali i sentimenti che si provano leggendo questa tetralogia, troppo travolgenti le emozioni che si provano vivendo cinquant'anni di storia italiana in un rione di Napoli, anzi, di storia italiana in un cortile dove due bambine giocano con le bambole. Il finale del viaggio, che viene già svelato all'inizio del primo volume, ci dice che due bambine intelligenti — una di esse, anzi, geniale — hanno sprecato la loro vita. 
Oppure no. 
Oppure ci dice che, in quello sparire, svanire, sottrarsi, smettere di cambiare ancora — in quello sta la beffa più grande, la vittoria definitiva sulla smarginatura.
Perché c'è più del racconto, in queste pagine — c'è qualcosa che scava dentro e non si può spiegare, qualcosa a cui forse ognuno di noi reagisce in modo personale, in base alle proprie esperienze paure irrazionalità. Una scena per tutte, una scena che mi ha colpito moltissimo e che credo non solo che ricorderò per sempre, ma che in qualche modo era già in me, per quanto è ancestrale, archetipica — la salita delle scale delle due bambine che vanno a bussare alla porta dell'Uomo con la Borsa Nera, l'Orco, don Achille. Scena che si somma a qualcosa che, mai chiamato con il suo nome, si sente in ogni frase, nell'energia spaventosa della "strega" Lila, delle foto che prendono fuoco da sole, della camorra che si mescola al passato di bambini del rione, della disciplina di Lenù contro l'intelligenza senza scopo di Lila e gli angoli bui del tunnel alla fine del rione, e nella smarginatura che, padrona, toglie forma alle cose o, peggio, le mostra il caos che sono.

Questa tetralogia è un capolavoro nella sua interezza, e se i miei voti sono stati — 5 stelline per il primo, 3 al secondo, 3 e mezzo al terzo e 4 al quarto — nel complesso è più che lettura, va oltre alla razionalità delle parole, all'apparente fattualità — ti prende per mano con i don Achille e le Lila e le Lenù che salgono le scale tenendosi per mano, andando incontro a un destino e una vita di scelte sbagliate, volute, inspiegabili, forse neppure libere... o forse sì.

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