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L'amico di Mussolini - incipit a confronto

Da Gianbarly
L'amico di Mussolini - incipit a confrontoCari lettori, oggi voglio condividere con voi l'esperienza che ho fatto nell'iniziare il mio nuovo romanzo. Quindi parliamo di incipit. Non intendo annoiarvi con una trattazione sull'argomento (però: qual'è il vostro incipit preferito?) ma solo mettere a confronto la prima stesura con quella che, al momento, ritengo definitiva.
Mi piacerebbe avere qualche vostra osservazione in merito. Grazie!
PRIMA STESURA
L’ingegnere Valerio Morandi era infastidito dai modi dell’ufficiale cui si era rivolto. Eppure gli aveva posto una semplice richiesta: voleva vedere il Duce.L’altro lo aveva squadrato a lungo prima di sibilare  “Motivo?”“Una visita di cortesia” aveva risposto, cercando di essere conciliante. E gli aveva allungato il cartoncino dove stava, vergato con eleganza, il suo nome.L’ufficiale aveva guardato con disprezzo il biglietto da visita, senza muovere un muscolo. Si era molleggiato per un attimo sulle gambe, forse per attirare l'attenzione sull’impeccabile lucidità degli stivali, poi l’aveva bruscamente liquidato. “Il Duce non può essere disturbato, da nessuno. Men che meno per visite di cortesia. Se ne vada!”L'ingegnere ebbe un’esitazione; avrebbe voluto replicare seccamente, ma poi si era trattenuto per il timore che la sua naturale avversione per i militari lo portasse a eccedere. Restò per un attimo rigido, guardando l'altro negli occhi, poi batté in ritirata.SECONDA STESURA“Motivo?” La domanda risuonò secca come un colpo di moschetto.L’ingegnere Valerio Morandi cercò di non farsi intimidire dai modi arroganti dell’ufficiale di guardia. Restò impettito davanti a lui, fissandolo diritto negli occhi. Aveva modulato la sua richiesta con tutta l’autorevolezza di cui era capace, in modo che si capisse che non era dettata da un capriccio. E ora non era disposto a cedere di un millimetro. “Una visita di cortesia” disse mentre estraeva con gesto sicuro un cartoncino dalla tasca della giacca dove, vergato con eleganza, c’era il suo nome. Allungò la mano per piazzarlo proprio sotto gli occhi del militare.Questi non fece un solo gesto per prenderlo. Non lo degnò nemmeno di un’occhiata. Tutta la sua attenzione era rivolta a lui. Mentre lo scrutava, con l’accanimento che normalmente si pensava che si dovesse avere con i banditi, iniziò a dondolarsi sulle gambe. Forse voleva attirare l’attenzione sugli stivali lucidati in maniera impeccabile. Lo studiava e intanto usava la divisa come un’arma per intimidirlo.Il Morandi cominciava ad irritarsi. Tutti uguali, i militari! Incapaci di comprendere le situazioni, di valutare i fatti con la dovuta elasticità. Regolamento e disciplina. Disprezzo per i civili. Tutte cose che conosceva alla perfezione. La sua mano fece per muoversi per andare a sfiorare il bottone nero che teneva appuntato sul risvolto della giacca, ma riuscì a dominarsi. Guardava a sua volta l’interlocutore senza dar a vedere di esserne intimorito.L’ufficiale continuò per un po’ a scandagliarlo, poi si mosse di colpo per andare alla scrivania dove era seduto l’attendente. Allungò una mano e questi gli porse immediatamente una cartellina, che studiò con un’attenzione esasperata. Alla fine restituì l’incartamento al subordinato e tornò senza fretta da lui.“Il Capo del Governo non può essere disturbato. Per nessun motivo! Tanto meno – e qui scandì le parole ad una ad una – per una visita di cortesia”. Fece una piccola pausa e poi sibilò “E ora se ne vada!”L’ingegnere ebbe un motto di esitazione.  Era tentato di ribattere ma la paura di eccedere a causa della sua naturale avversione per i militari, lo convinse a desistere. Sostenne lo sguardo sprezzante dell’altro fino a quando ritenne che fosse abbastanza. Quindi gli girò le spalle, allontanandosi.

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