L’Amore ai Tempi del Colera: il Coraggio dell’Attesa

Creato il 12 settembre 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Michela Tetto 12 settembre 2013

Ci sono sentimenti che non si possono controllare, forze che ci spingono verso l’altro, nonostante il suo disprezzo o, peggio ancora, la sua indifferenza. C’è chi, a lungo andare, decide di mollare perché alla domanda “ne vale veramente la pena?” non trova risposta, e chi, invece, continua imperterrito a sperare e a non cambiare per nulla al mondo l’oggetto dei suoi pensieri, del suo desiderio, del suo amore. Ecco, in breve, il messaggio de L’amore ai tempi del colera (titolo originale: El amor en los tiempos del cólera), romanzo di grande successo pubblicato nel 1985 dal Nobel per la letteratura Gabriel García Márquez, autore colombiano di fama mondiale. Il protagonista, Florentino Ariza, un uomo dal carattere malinconico, che si veste in maniera austera col suo solito completo in velluto nero, con gli occhiali da vista dalle lenti spesse, gli occhi spaventati e la bocca un po’ tremante, ci viene presentato come una figura debole, un inetto dalla sensibilità esagerata intenzionalmente dall’autore (ha, ad esempio, su di lui un effetto quasi devastante “la malattia dell’amore”), che tuttavia cova dentro di sé un’enorme forza d’animo dettata da quello stesso mal d’amore cui inizialmente sembrava dovesse soccombere. È però una figura che dona speranza. Il suo amore per Fermina Daza e il suo attendere il giorno in cui lei lo avrebbe ricambiato mi hanno spinto ad immaginarlo come un povero uomo fermo alla fermata dell’autobus, sotto il solo cocente dei paesi dell’America Latina. Stanco, ormai svigorito dal sole e dall’età, continua a rimanere lì immobile. Gli anni passano, ma che importa a lui di aspettare per «cinquantatre anni, sette mesi e undici giorni, notti comprese?». Per lui il gioco vale la candela, pur dovendo assistere allo sfiorire della bellezza di lei, anche se questo ha significato perdere dietro a un sogno gli anni migliori, inseguendo, in realtà, un’idea folle: attendere che il marito di lei passi a miglior vita per poterla riavere, sempre con la tremenda paura che la donna possa morire prima del consorte. Pazienza e devozione, due aspetti dell’amore che vengono quasi esasperati da Márquez, rendendoli vivi e tangibili in un personaggio “piccolo”. Solo la cugina di Fermina Daza, Hildebranda Sánchez, nel definire Florentino come un uomo «brutto e triste, ma tutto amore», riesce a comprenderne l’essenza. Quasi crudele invece è l’atteggiamento di Fermina, che si comporta come se Florentino nemmeno esistesse.

Eppure vale comunque la pena aspettare. È per lei che lui non si sposa, pur conducendo una vita sentimentale assai dubbia, tanto da essere considerato da molti omosessuale, ed è per lei che esce dalla sua inettitudine per tentare la scalata sociale all’interno della Compagnia Fluviale dei Caraibi, in modo da essere più degno del suo amore. Fermina, invece, figura inizialmente quasi ribelle, finisce per cedere alle esortazioni e ai divieti del padre, sposando lo scapolo più ambito della città. L’amore tra lei è il marito, se così possiamo chiamarlo, è diametralmente opposto a quello spiazzante, irrazionale e puro di Florentino: si tratta infatti di un sentimento quasi “costruito” basato per lo più sull’ammirazione e il rispetto che due coniugi possono provare l’uno verso l’altro dopo aver trascorso una vita insieme; si legge: «Né lui né lei potevano dire se questa servitù reciproca si fondasse sull’amore o sulla comodità, ma non se l’erano mai domandato con la mano sul cuore, perché entrambi preferivano da sempre ignorare la risposta». È una delle parti più riuscite dell’opera in cui la descrizione del placarsi della fiamma d’amore a scapito delle abitudini e dello stare “bene” è incredibilmente realistica. «Passavano il tempo in silenzio come due vecchi sposi scottati dalla vita, oltre le trappole della passione, oltre gli scherzi brutali delle illusioni e i miraggi delle disillusioni: oltre l’amore». In mezzo al colera, al fango, agli effluvi delle fogne a cielo aperto, agli afrori delle decomposizioni organiche cittadine, alle stitichezze e alle malsane abitudini dei personaggi sempre al limite, Márquez è riuscito a tratteggiare e descrivere, in maniera divina, l’amore nelle sue forme più vere: da quello più passionale a quello più romantico, da quello cinico a quello materno di Trànsito Ariza, madre del protagonista, passando infine per quello effimero e furtivo delle amanti di Florentino. La vicenda è ambientata tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900, in una cittadina del Caribe posta lungo il fiume Magdalena. Il romanzo è una ring composition, finisce infatti proprio nel punto in cui era iniziato, perché nulla per Florentino è mai cambiato, nemmeno il suo completo di velluto nero. Fino alla conclusione del libro quasi inconsapevolmente si fa il tifo per lui, per incoraggiarlo a resistere, a non demordere, perché prima o poi ce la farà. Dopotutto è un romanzo, e nei romanzi l’amore trionfa quasi sempre!


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