Magazine Per Lei

L'amore ai tempi della Sip

Creato il 27 aprile 2010 da Lindaluna
Chi ha meno di vent’anni probabilmente non sa neanche di cosa stia parlando.
Chi è sui trenta invece dovrebbe ricordare che un tempo la SIP, antenata della Telecom, era l’unico modo per comunicare con gli/le spasimanti, a meno che non si volesse ricorrere alle Poste Italiane. Ma in tal caso bisognava mettere in conto che nel frattempo l’interessato/a avrebbe anche potuto mettere su famiglia.
Sono certa che cellulari e Internet abbiano influito in maniera determinate sulle relazioni. Non so se in bene o in male, ma di certo hanno snellito le procedure. Ai tempi dei miei primi flirt era tutto più rocambolesco. E non farò la nostalgica dicendo “ma anche più romantico”, perché non lo era affatto. Qualcuno mi può segnalare qualcosa di più raggelante della voce cavernosa del padre del tuo fidanzatino che ti grugnisce al telefono “Umpf, chi lo vuole?”.
Adesso siamo abituati al fatto che al cellulare risponda il suo proprietario, ma un tempo era una roulette russa. Chi risponderà? La mamma esaurita, il fratellino stronzetto o la nonna rincoglionita? Fatto sta che quel deficiente non rispondeva mai.
Prima di comporre il numero ci voleva un esercizio yoga.
“Ok, su, con calma dai. 758127. Oh. Brava.”
Tuuu – tuuuu
“ Vedi. Sono solo sei innocui numeri, adesso ti risponde lui e vedrai che andr…..”
“PROOOOOOOONT’”
No! La nonna…
“CHI PARLA?”
“B-B-buonasera sono un’amica di Osvaldo, me lo può passare?”
“La rubrica dello smeraldo? No, no, non voglio niente.”
“OSVALDO! Suo nipote..”
“Lo smeraldo sulle ruote? E che robb’è?”
“SIGNORA MI PASSA OSVALDO!?!?!”
“Ah…Osvaldo! Un momento.”
“Osvaldinoooooooo! Vieni a telefono, bell’a nonna. Ci sta ‘na signorina scostumata che allucca com’ a che.”
Ma questo è niente. Il telefono fisso era un’inesauribile fonte di figuracce per ricevente e richiedente.
Un’estate la mia amica Giulia agganciò un tizio belloccio che si faceva chiamare Mito. Il suo vero nome nessuno glie lo chiedeva perché “Mito” gli stava a pennello. Era fortissimo in tutti gli sport, era simpatico e molto popolare. Ma la migliore delle sue specialità Giulia la scoprì a fine agosto: la fuga. Mito sparì senza lasciare nessun messaggio o recapito, ma lei si mise sulle sue tracce come un setter inglese e alla fine arrivò a scoprire cognome e residenza invernale, e quindi numero telefonico, del fuggitivo.
Giorno X, ora X, casa di Giulia. Scopo della missione: mandare Mito a fanculo così da ribaltare la posizione della mia amica da scaricata in scaricante.
Io fui convocata in qualità di supporto alle operazioni belliche.
“Ok. Ci siamo, sei pronta?”
“Sì. Vai.”
Giulia compose il numero sotto mia dettatura.
Mancava solo il tamburo per fare il rullo.
“AIUTOOOOO! SQUILLAAAA!!!!”
La cornetta volò in aria come una bomba.
“MA CHE FAI?!?!”
“Non ci riesco, chiama tu, poi me lo passi.”
“Ok. Ma stai calma.”
“Sì. Vai vai!”
Richiamo e mi risponde una voce femminile adulta. Certamente la madre.
“Pronto?”
“Buonasera signora, c’è Mito?”
“CHI?”
“M...Mito”
“Mi dispiace, ma qui non c’è nessuno che si chiama così, lei chi cerca?”
“Io..io cerco un ragazzo che ho conosciuto al mare…un ragazzo che fa surf..”
“Aaah..sì, mio figlio, un attimo. Filomeeeeeeenooooo! A telefonoooo!”
FILOMENO!!!!
“PRRRRRRRRRRRRRRR”
Prima che riuscissi a reprimerla, dalla mia bocca fuoriuscì la più clamorosa della risate a pernacchia, la peggiore di tutte, quelle che più si cerca di reprimerle, più esplodono senza ritegno, peggiorando irrimediabilmente la situazione.
Missione fallita: riagganciare.
Quando finalmente riuscii a riferire a Giulia il vero nome del suo Mito, la vidi afflosciarsi come un paracadute che tocca terra. Non so se per lo shock di essere stata con un Filomeno o per l’onta di essere stata mollata da un Filomeno. Forse entrambe. Ma insomma, Filo?! Se non vuoi divulgare un’informazione scomoda, li devi istruire un po’meglio i testimoni!
Una cosa del genere oggi, con i cellulari, non sarebbe accaduta. E non si sarebbero mai verificate le situazioni di seguito descritte in ordine crescente di imbarazzo, tutte realmente accadute. Non tutte a me, per fortuna.
Driiiiin
“Pronto?”
“Ciao cara! Sono Anna!”
Hi! Anna Russo! La stronza che mi ha soffiato il ragazzo!
“Che vuoi?”
Un attimo si silenzio un po’ imbarazzato.
“I…io volevo dirti che giovedì prossimo mi laureo, poi festeggio a casa mia. Avrei tanto piacere se venissi anche tu! Ci vediamo di rado ma io penso che dovremm…”
“Taglia corto, iena ridens. Tu mi stai invitando solo per farmi crepare di invidia. Sai quanto me ne frega di te e di quel demente obeso? Andate a morì ammazzati tutti e due.”
Sbam.
“Chi era al telefono?”
“Nessuno, mamma. Una cretina.”
“Ah! Vedi che stamattina ha chiamato la figlia di zia Iole. Ci teneva ad invitarti alla festa della sua laurea. Non ricordo mai come si chiama quella benedetta ragazza.”
“Per caso…Anna?”
“Anna, sì. Anna.”
Driiiiiin
“Pronto?”
“Ciao sono Virginia”
“Ciao Virginia come stai?”
“Male, male. Sto male. Nicola mi ha lasciato, è tornato da Rita. Quel disgraziato. Ma io sono certa che lo ha fatto solo perchè lo pressava troppo per gli alimenti. Tu capisci? Lui torna da lei, lei la smette di chiedergli soldi e lui è contento. Ma che uomo è? Ah, ma questa volta me la paga, eh. Me la PA-GA! Vado da Rita e le spiattello tutto. E tu non cercare di fermarmi eh!”
“No, però..”
“No! Non cercare di fermarmi perché io per ascoltare te tante volte, ho lasciato correre. Questa volta per favore non mi FER-MA-RE!”
“Non ti voglio fermare, Virginia, però ti passo mamma, perché forse è con lei che volevi parlare.”
Driiiiiiin
“Plonto chi è?”
“Ciao! Mi passi Francesco per favore?”
“Io tono Paolino.”
“Sì Paolino, ciao, mi passi Francesco?”
“Ho fatto la cacca.”
“Ah.”
“Tu la fai la cacca?”
“Eh, beh, certo…che carino... Mi passi il tuo fratellone?”
“No. La mia cacca puzza. La tua puzza?”
“Vabbè dai, chiamo dopo.”
“Checco sta qui”
“Bene! Me lo passi per favore?”
“Tu dici plima che fai la cacca che puzza.”
“Eh eh..Paolino Paolino.. passami Franceschino!”
“No. Fai la cacca che puzza. Dicilo!”
Scordatelo, dannato moccioso.
Dopo dieci minuti: “Plonto?”
Ma porca di quella…
“Paolino, tesoro, sono sempre io, mi passi Francesco?”
“Tu sei quella che fa la cacca che puzza?”
“No, sei tu quello. Passami Checchino per favore”
“Checchino mio. Tu blutta.”
“Io brutta? Perché? Ma come, io ti voglio così bene! Ti porto un ovetto Kinder?”
“No. Dicilo che fai la cacca puzza.”
“Piccolino… perché non mi passi Francesco e poi vai a vedere i cartoni?
“Cattoni blutti e puzzi come te. Checco mio, tu via.”
Piccolo bastardo cornutino, hai vinto.
“FACCIO LA CACCA CHE PUZZA, CONTENTO?”
“Non particolarmente. Ma immagino sia normale.”
“Francesco….”
E vogliamo fare un pietoso accenno a quei simulacri che ancora si possono osservare e fotografare in qualche angolo di strada? Le cabine telefoniche?
Quando la telefonata era veramente privata e non si poteva rischiare che tuo padre ti urlasse alle spalle “Attaccaaaa! Devo chiamare l’idraulicooo!”, allora si ammazzava il porcellino e si scendeva in strada con le tasche da cinque chili l’una.
Dopo aver ascoltato assurdi stralci di conversazioni altrui, arrivava il proprio turno per esibirsi nell’umiliante tentativo di tenere in piedi una relazione alimentando contemporaneamente quel mostro ingoiamonete. Nel bel mezzo della conversazione puntualmente arrivava l’autobus che restava bloccato dalla Fiat Uno in doppia fila. E giù con il clacson degno di una nave da crociera. Ovviamente il discorso restava in sospeso, ma il flusso di monete no.
“Scusa, mi stavi dicendo?”
“No, mi chiedevo se ti andava di bere qualcosa insieme per parlar…”
Peeeeeee! Peeeeeeee! Machicazzhalasciatstamachinquammiezzmannagg…
“Come dici?”
“Dicevo che magari potremmo parlarne di persona se tu mi dici a che ora…”
Peeeeeeee! "Escusatemaquilacabinaèdituttivoistatedatreoreiodevochiamareamiofigliochestaavercelli.."
“Sì, sì solo un attimo di pazienza, signora”
“Cosa? Ma con chi parli?”
“Con una signora che deve chiamare, senti allora ci vediamo stasera verso le nove al…”
“UEIOVADODIFRETTACHEMIOFIGLIOPOIESCEEQUANDOLOTROVOPIU’”
“Pronto!?! Non ho capito alle nove cosa?”
Peeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!
“Ci vediamo alle nove al bar…”
Tlak.
…del Corso. Fine delle monete, fine della storia.
Un porcellino scannato per niente.
Insomma, se esiste qualche nostalgico che rimpiange i tempi della Sip, i motivi sono due. O era single, o si chiama Paolino.

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