Magazine Psicologia
La pubblicazione del libro risale ormai al marzo 2012, per i tipi di Firera & Liuzzo Publisching e affronta -appunto- il tema delle crisi d'amore che portano alla separazione, al divorzio e alla possibilità che queste siano gestite attraverso un percorso di mediazione familiare che non neghi l'utopia che un nuovo amore (un amore diverso), possa sorgere dalle ceneri del precedente, non per una qualche beghina ideologia religiosa o antidivorzista, ma affinché, scegliendo la strada del "farsi del bene" anziché quella del "farsi del male", si possa aspirare al pieno e copioso accesso ad un benessere che veda presente e futuro, da coniugi o da divorziati, come risorsa generativa e non come pretesto distruttivo, per sé e, soprattutto, per gli eventuali figli coinvolti.
Dopo la pubblicazione del libro, con il medesimo intento, proseguo la mia riflessione in uno specifico blog (www.amoreciao.blogspot.com) dove, più o meno settimanalmente, raccolgo disquisizioni in questa direzione cercando di condividere questo sguardo e allargando il campo delle osservazioni non solo alla coppia, ma alla coppia nel contesto epocale in cui viviamo che, a mio avviso, può ugualmente dirsi “dell'amore alla fine dell'amore”, denunciando cioè come l'amore, almeno per come lo conosciamo e pratichiamo, è arrivato al suo capolinea e necessita quindi di una riconfigurazione che ci aiuti meglio a comprendere cosa è diventato e come poterne adeguatamente fruire.
Per farcene un pur breve quadro, nel limitato spazio di questo blog, dobbiamo anzitutto riflettere sul carattere di novità della famiglia contemporanea.
La tradizione e lo studio delle culture umane ci ha reso, infatti, dotti sul fatto che, pur esistendo in tutte le civiltà una qualche ritualizzazione che celebra l'unione tra due persone, questa nulla ha mai avuto a che fare con un desiderio omogeneo dei due partner, quello che i poeti chiamano “amore”.
Il fatto che ci si sposi, si faccia famiglia, per amore è parte di una visione assai recente che inizia culturalmente con il Romanticismo ma non si concretizza, nelle pratiche sociali di larga scala, prima degli anni Sessanta del secolo scorso -soprattutto nei paesi a sud dell'Europa. Prima di allora, e in una certa parte del mondo tutt'oggi, il matrimonio, o le sue trasformazioni, sono, anzitutto, mero strumento riproduttivo e conservativo del patrimonium, mentre il matrimonium attiene al femminile e riguarda la cura della prole.
Nelle società tradizionali, insomma, non c’è spazio per le scelte del singolo che sono sempre conseguenti alle necessità della famiglia, del gruppo, della società, per questo amore e matrimonio viaggiano su due binari diversi: al primo (laddove emerga come esigenza, e non è detto che emerga) non consegue necessariamente un progetto di vita comune, quanto il (fugace) spazio della passione; il secondo non definisce una relazione amorosa, quanto l'unione di due famiglie o gruppi parentali che, attraverso quell'unione, si garantiscono un qualche tipo di continuità e sopravvivenza.
Questa modalità di vivere la relazione di coppia è talmente lontana dal nostro modus operandi, da sembrare oggi retaggio di una cultura non solo liberticida ma finanche contraria alla natura umana, tanto che si fatica a credere fosse norma comunemente accettata e praticata.
La domanda che a questo punto sovviene, è questa: non è forse un po' paradossale, che, a differenza del passato, proprio oggi che amore e matrimonio sembrano coincidere, oggi che, insomma, ci sposiamo per amore, oggi il matrimonio non è mai stato così precario, tanto che le separazioni sembrano avviate a superare di gran lunga le unioni, mettendo anzitutto in discussione, al di là dei singulti amorosi, il sistema ben più fondante e socialmente regolante della famiglia cui l'amore era, non a caso, subordinato fino appunto alla seconda metà del Novecento?
I motivi per cui assistiamo a questo fenomeno del tutto inusitato (soprattutto se teniamo in conto che in ogni società da che l'uomo è sapiens le unioni, la famiglia, rappresentano un elemento fondante per il funzionamento delle comunità -buono o cattivo che sia, su questo ci sarebbe molto da discutere) di destabilizzazione e fragilità delle unioni sono complessi e molteplici.
Per prendere un capo dell'intricata matassa, si pensi ad esempio alle ricerche di stampo scientifico che si divertono a tradurre in freddi processi biochimici la misteriosa poesia della natura umana.
Questi scienziati pare abbiano individuato alcuni dei meccanismi che inducono l’amore, dimostrando che, quando ci innamoriamo e nelle fasi che succedono all'innamoramento, si scatenano nel nostro corpo tutta un serie di reazioni biochimiche che inducono sensazioni di euforia, attrazione, desiderio, passione e, poi, via via che la conoscenza dell'Altro si fa più profonda, tenerezza, calore, cura... Insomma una grande iniezione di sostanze psicotrope che stimolano il nostro cervello e ci spingono a volere determinate cose e a reagire in quel destinato modo che chiamiamo “amore”.
Ma, ahinoi, madre natura, ci informano queste ricerche, ci dà una spinta, non ci sorregge per sempre. Infatti, questa fantastica reazione pare destinata a durare ben poco: dai 35 ai 45 mesi (se ci pensate, un tempo base minimo per la cura di quel particolare cucciolo di uomo che per sopravvivere necessità, unico tra gli animali, di essere accudito per molto tempo), dopodiché il cervello, come un vero tossicodipendente, si assuefà e non reagisce più a quegli stimoli che un tempo lo facevano sballare.
E’ a questo punto che, se non entrano in campo altri elementi, può iniziare la crisi.
Quali erano un tempo questi elementi che entravano in azione: be', uno su tutti: la subordinazione del femminile (economica, culturale, sociale, sessuale) che vincolava quest'ultimo ad una costrizione in cui era chiamato, volente o nolente, a fare famiglia; quindi tutta la sequela di vincolanti norme morali e dettami sociali che anteponevano le esigenze della società a quelle degli individui, in primo luogo gli individui ancora una volta di sesso femminile. Tali elementi garantivano una sostanziale continuità alla vita non solo della famiglia ma dello stesso amore coniugale, per quanto non sempre fossero in grado di garantire il benessere individuale.
Poi, sono sopraggiunte alcune delle più grandi e irrinunciabili (è bene sottolinearlo per non essere fraintesi) rivoluzioni del secolo scorso a mettere in discussione l'amore così come lo conoscevamo e come ci è stato tramandato: l'emancipazione del femminile, la libertà sessuale (anche segnata da più sofisticati sistemi di contraccezione), la legge sul divorzio e, in un certo senso, anche la legge sull'interruzione di gravidanza; insomma, una serie di grandi cambiamenti che hanno inciso profondamente su quelle libertà individuali la cui limitazione garantiva una certa coesione sociale.
L’errore, ovviamente, non è da imputare alla bontà di questi cambiamenti, tutti da ascrivere tra le grandi conquiste della civiltà umana (conquiste per cui, tra l'altro, ancora molto c'è da lavorare), semmai l'errore sta nell'aver creduto che questi cambiamenti non dovessero essere supportati da adeguati percorsi educativi in grado di sopperire, con un salto individuale di consapevolezza, laddove veniva meno la coercizione -errore per altro assai comune a tante fenomenologie che attualmente ci interrogano e ci soverchiano dal loro versante negativo.
Così, nell'era dell'amore liquido, come Bauman definisce le relazioni di coppia del nostro tempo, alcune straordinarie rivoluzioni come -appunto- la libertà sessuale, l'emancipazione femminile, il divorzio, sembrano non essere riuscite a produrre, almeno su larga scala, la loro reale carica innovativa e evolutiva e, sempre più spesso, si palesano, invece, quali involuzioni che generano fenomeni di malessere sociale non solo incontrollato, ma, ancor prima e ancor peggio, insaputo.
Si tratta, dunque, di amori che necessitano di essere riaccompagnati a comprendere le loro reali potenzialità, amori che altrimenti rischierebbero di perdersi, afflitti non tanto dal classico: "Non ti amo più", ma dal complesso e post-moderno: "Non so più come amarti".
Anche per questo la coppia, quale nucleo portante della famiglia, il suo adeguato funzionamento al di là della dimensione genitoriale, è tenuto in gran conto nelle pratiche terapeutiche del centro LogoPaideia.
Massimo Silvano Galli
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