"Errare è umano" mi sto continuando a ripetere per giustificarmi del madornale errore di valutazione che ho commesso in un mio precedente post quando ho affossato Gillian Flynn e il suo libro. Col senno del poi però devo dire che questo miserunderstanding si è rivelato manna dal cieloperché mi ha permesso di guardare Gone Girl di David Fincher completamente vergine di notizie e spoiler ed è stata un’esperienza memorabile. Il merito ovviamente lo attribuisco all’intoccabile David Fincher che ha diretto magistralmente questa trasposizione cinematografica donandogli quel tocco in più che lui riesce sempre ad imprimere in ogni sua pellicola. Mi fa impazzire il suo modo di prendersi gioco di noi spettatori plasmando le nostre reazioni a suo piacimento. È il burattinaio perfetto di questo spettacolo in cui induce subdolamente noi spettatori a far interpretare agli attori un ruolo, per poi strapparci ogni convinzione e riniziare da capo questo inganno psicologico. Spiamo e giudichiamo un Ben Affleck alle prese con la sparizione della moglie Rosamund Pike, è il sospettato numero uno che in un batter di ciglia passa da ignobile fedifrago a povera vittima di un glaciale gioco di ruolo.
Due interpretazioni attoriali degne di nota di cui spicca senza dubbio la bravura di lei, a cui spero le venga presto reso merito, capace di passare da moglie succube di un marito violento ad algida manipolatrice di masse. Il suo biondissimo talento è capace di incantare lo spettatore che in 2 ore e mezza di film non si annoia mai nemmeno un secondo. Un thriller che è molto più di mera azione e suspense, un film capace di far riflettere su tematiche come il matrimonio e l’influenza dei media sulla società. Una rappresentazione estremamente accurata di un fenomeno che purtroppo in Italia recentemente ha riempito le cronache nere dei più meschini delitti efferati, guardando l'Amore bugiardo, infatti, non si può fare a meno di riflettere sul nostro rapporto con i casi di cronaca e i media che ce li propinano in tutte le salse. La Flynn, che ne ha curato la sceneggiatura, ci invita a renderci conto che spesso e volentieri la nostra opinione è frutto di una mera strategia di marketing e lo fa sovvertendo ogni classico clichè dell'uxoricidio cinematografico spalleggiata da un abile cineasta quale Fincher ha sempre dimostrato di essere. Un matrimonio artistico quello tra Fincher e la Flynn capace di distruggere la classica concezione di matrimonio inteso come donna vittima indiscussa di un marito misogino, trasformandolo, per una volta, in compassione per l’uomo. Vi è un costante palleggiarsi di ruoli tra i due protagonisti che volutamente confonde lo spettatore e rende fondamentale la presenza di un personaggio secondario, quale la sorella gemella del protagonista Nick Dunne, con la quale il pubblico si immedesima perché esprime a voce alta quelle domande e quelle sensazioni che sorgono nella mente dello spettatore man mano che si procede con la storia. Un lavoro minuzioso e analitico che cura ogni dettaglio, non lasciando nulla al caso, rende Fincher uno dei registi che maggiormente preferisco. Il suo mettersi al servizio della storia lo rende un artista sopraffino e capace di arrivare al pubblico, come ha già dimostrato ampiamente in passato con la sua splendida carriera a cui in qualche modo con questa pellicola rende omaggio imbibendo la trama e la caratterizzazione dei personaggi di quelle peculiarità che avevano resi unici e di culto le sue precedenti opere. Una forte figura femminile algida e di carattere che, oltre a rendere omaggio al più tradizionale cinema del brivido hitchcockiano, ricorda un altro personaggio femminile dalla forte personalità come Lisbeth Salander ha dimostrato di essere in "Uomini che odiano le donne", per non parlare del tema dell’indagine che ritroviamo anche in "Seven" e "Zodiac", quest’ultimo con cui condivide anche il coinvolgimento della massa e infine il gioco psicologico di cui ci ha resi protagonisti già in pellicole come "The game" e "Fight Club".
Citazioni e autocitazioni che rendono maggior pregio ad una pellicola già di per sé strutturata in maniera ottimale grazie al connubio tra il forte assetto narrativo e l’altrettanto eccellente apparato tecnico: montaggio ad hoc, fotografia pazzesca, un uso dei toni ampiamente in linea con la cupezza della narrazione, una colonna sonora capace di accompagnare magistralmente l’alternarsi dell’atmosfera thriller e quella della black comedy. Un film che mi ha davvero soddisfatto in pieno, una condanna alla filosofia dell’apparire in grado di scandagliare i nostri principi e le nostre più profonde convinzioni. Fincher, quindi, con l’estasi di piacere che mi ha regalato con questo film mi ha convinto di dare una seconda possibilità al libro, perciò, per espiare del tutto i miei errori di valutazione, se verrà candidato agli Oscar, incrocerò le dita per lui.
Andrete a vedere Amore bugiardo? Avete letto il libro? Cosa pensate di David Fincher? Fatemelo sapere con un commento!